Romania, Polonia e i fondi europei
La Romania e la Polonia sono contrarie al condizionamento dei fondi europei dalla situazione dello stato di diritto e dall’indipendenza della Giustizia — lo hanno dichiarato congiuntamente, a Bucarest, i ministri degli Esteri dei due Paesi. Teodor Meleşcanu e Jacek Czaputowicz hanno risposto ad una domanda relativa ai messaggi trasmessi da Bruxelles, stando ai quali lo stanziamento di fondi comunitari ad alcuni stati potrebbe essere influito da modifiche nel campo della Giustizia. Ciò nel contesto in cui entrambi i Paesi sono nel mirino dell’Unione a causa dei cambiamenti che intendono operare in questo campo.
Roxana Vasile, 02.02.2018, 12:42
La Romania e la Polonia sono contrarie al condizionamento dei fondi europei dalla situazione dello stato di diritto e dall’indipendenza della Giustizia — lo hanno dichiarato congiuntamente, a Bucarest, i ministri degli Esteri dei due Paesi. Teodor Meleşcanu e Jacek Czaputowicz hanno risposto ad una domanda relativa ai messaggi trasmessi da Bruxelles, stando ai quali lo stanziamento di fondi comunitari ad alcuni stati potrebbe essere influito da modifiche nel campo della Giustizia. Ciò nel contesto in cui entrambi i Paesi sono nel mirino dell’Unione a causa dei cambiamenti che intendono operare in questo campo.
I fondi non rappresentano un favore, al budget dell’UE contribuiscono, a seconda delle loro forze, ma con somme non indifferenti, sia la Romania che la Polonia — ha detto il ministro Meleşcanu: “Dal mio punto di vista sarebbe una grave trasgressione non solo dei provvedimenti dei Trattati, ma anche dei principi fondamentali dell’UE, il cui obiettivo principale è la solidarietà e la garanzia della convergenza tra le economie degli stati membri. Evidentemente, la politica dei fondi di coesione, la politica agricola comune sono degli strumenti volti ad aumentare la convergenza tra le economie dei Paesi più sviluppati dell’UE e i nostri Paesi. Non si tratta di alcun’opera di beneficenza.”
Il docente universitario Iulian Chifu, presidente del Centro per la Prevenzione dei Conflitti, commenta questa posizione e aggiunge: “Si tratta di due mezze risposte. Il ministro degli Esteri romeno ha ragione quando parla dell’obiettivo dei rispettivi fondi, che sono destinati agli stati meno sviluppati e con una capacità e una competitività più basse, appunto per aiutarli a svilupparsi e a raggiungere il livello medio europeo e il livello degli stati importanti dell’Europa. D’altra parte, l’inosservanza dei criteri dello stato di diritto, dell’indipendenza della giustizia e del contrasto della corruzione solleva dei punti di domanda per quanto riguarda l’utilità di questi fondi.”
Nel caso della Polonia, i segnali di Bruxelles sono molto più duri rispetto a quelli trasmessi, attualmente, alla Romania! La trasgressione dello stato di diritto e dell’indipendenza della giustizia potrebbe generare un’eventuale attivazione dell’articolo 7 del Trattato UE, che presuppone la sospensione del diritto di voto di Varsavia nel Consiglio Europeo. Il ministro Teodor Meleşcanu ha presentato la posizione di Bucarest anche in questo caso: “Il nostro interesse e il nostro desiderio è che sia evitato l’arrivo ad un voto che non sarebbe di alcun aiuto a nessuno e creerebbe solo problemi dai quali nessuno avrà da guadagnare.”
Stando al capo della diplomazia polacca, il suo Paese ha ricevuto segnali da altri stati, come l’Ungheria, che non voteranno per l’attivazione dell’articolo 7. E, se sarà del parere che non sono trattati come si deve dalle istituzioni dell’UE, Jacek Czaputowicz ha sottolineato che la Polonia difenderà anche altri stati della regione, accennando così alla Romania. Nessuno a Bucarest pensa che si arrivi però in una situazione del genere!