Repubblica di Moldova, 30 anni di indipendenza
Il 27 agosto 1991, dopo il fallimento del golpe neobolscevico a Mosca, il Parlamento di Chişinău, presidiato da centinaia di migliaia di manifestanti, votava la dichiarazione di indipendenza dall’agonizzante Unione sovietica della repubblica creata su territori romeni orientali annessi da Stalin nel 1940. Nello stesso giorno, la Romania era il primo Paese del mondo a riconoscere la statalità della Repubblica di Moldova, dimostrandosi successivamente il più energico e coerente sostenitore della sovranità, dell’integrità territoriale e dell’integrazione europea dello stato confinante. Già con la firma degli Accordi di associazione e libero scambio tra Chişinău e Bruxelles, i cittadini moldavi possono viaggiare senza visti nell’Unione Europea, e le loro aziende esportano sul mercato comunitario in condizioni vantaggiose.
Bogdan Matei, 27.08.2021, 10:19
Il 27 agosto 1991, dopo il fallimento del golpe neobolscevico a Mosca, il Parlamento di Chişinău, presidiato da centinaia di migliaia di manifestanti, votava la dichiarazione di indipendenza dall’agonizzante Unione sovietica della repubblica creata su territori romeni orientali annessi da Stalin nel 1940. Nello stesso giorno, la Romania era il primo Paese del mondo a riconoscere la statalità della Repubblica di Moldova, dimostrandosi successivamente il più energico e coerente sostenitore della sovranità, dell’integrità territoriale e dell’integrazione europea dello stato confinante. Già con la firma degli Accordi di associazione e libero scambio tra Chişinău e Bruxelles, i cittadini moldavi possono viaggiare senza visti nell’Unione Europea, e le loro aziende esportano sul mercato comunitario in condizioni vantaggiose.
Nettamente filo-occidentali, la presidente Maia Sandu e il Governo recentemente insediato, guidato da Natalia Gavriliţă e formato dal partito presidenziale Azione e Solidarietà, che ha stravinto le elezioni politiche anticipate svoltesi lo scorso mese, sono promotori fermi dell’integrazione europea. Però l’opposizione filorussa, capeggiata da ex capi dello stato – il socialista Igor Dodon e il comunista Vladimir Voronin – romenofobi e antioccidentali virulenti, vuole riportare la Moldova nell’orbita di Mosca. Ognuno sostenuto da fasce importanti dell’elettorato – la Sandu e la Gavriliţă da un lato, Voronin e Dodon dall’altra – sono rappresentativi per la rottura politica, geopolitica e di valori nella società.
Le cause sono dolorose e profonde. Al momento dell’annessione stalinista, centinaia di migliaia di etnici romeni si rifugiarono nel Paese che aveva visto i confini ristretti, altre decine di migliaia furono deportati in Siberia o Kazakistan, e al loro posto gli occupanti portarono dei coloni reclutati da tutti gli angoli dell’impero. D’altronde, l’ex ambasciatore della Moldova in Romania, Mihai Gribincea, ammoniva che la repubblica dei nostri giorni, molto più divisa sotto profilo politico, amministrativo, etnico, linguistico, religioso, non è più la provincia romena del periodo compreso tra le due guerre mondiali. La più grave conseguenza di mezzo secolo di occupazione è che, nonostante l’uscita della Moldova dall’Unione sovietica, come mentalità è l’Unione sovietica a non essere uscita dalla Moldova, ha concluso l’ambasciatore.
Lo scorso autunno, quando è stata eletta nella massima carica, Maia Sandu diventava non solo la prima donna presidente della Repubblica di Moldova, ma anche il capo dello stato più povero dell’Europa, come rilevato da tutte le classifiche specializzate. Insieme al suo Governo, ha assunto un’amministrazione macinata da corruzione e inzeppata dalla clientela politica dell’ex presidente Dodon. I più importanti alleati della nuova presidente rimangono i cittadini del proprio stato, l’Unione Europea e, come sempre, la Romania.