Quanti rifugiati può accogliere la Romania?
1.785 rifugiati in sei centri di accoglienza. E’ il numero di persone che può ricevere la Romania, solidale con gli stati dell’UE prese d’assalto dalle decine di migliaia di migranti dal Medio Oriente o dal Nord Africa. Stando al presidente Klaus Iohannis, in Romania non esiste alcun tipo di pressione dell’ondata di immigrati, per cui Bucarest tratterà la questione con responsabilità e calma. Il capo dello stato ha convocato per il 17 settembre il Consiglio Supremo di Difesa, in cui presenterà il suo punto di vista in merito al mantenimento delle quote volontarie di immigrati. Questo, nel contesto in cui la stampa britannica, citata da quella romena, informava, la scorsa settimana, che, Bruxelles vorrebbe che la Romania ricevesse non quasi 2 mila, ma addirittura 7 mila rifugiati. Il fenomeno è importante per la Romania quale membro solidale dell’UE — ha ribadito Klaus Iohannis — però, senza avere reazioni isteriche e tanto meno xenofobe o scioviniste, Bucarest deve sostenere le quote volontarie, non quelle vincolanti di rifugiati. Complicato, in Romania, non è trasformare ad esempio una vecchia caserma in centro di accoglienza, bensì inserire gli immigrati nella società. Una posizione simile a quella del capo dello stato assume anche il premier social-democratico Victor Ponta, stando al quale la Romania non può accogliere più rifugiati di quanto lo consente la sua capacità di alloggio.
Roxana Vasile, 08.09.2015, 16:53
1.785 rifugiati in sei centri di accoglienza. E’ il numero di persone che può ricevere la Romania, solidale con gli stati dell’UE prese d’assalto dalle decine di migliaia di migranti dal Medio Oriente o dal Nord Africa. Stando al presidente Klaus Iohannis, in Romania non esiste alcun tipo di pressione dell’ondata di immigrati, per cui Bucarest tratterà la questione con responsabilità e calma. Il capo dello stato ha convocato per il 17 settembre il Consiglio Supremo di Difesa, in cui presenterà il suo punto di vista in merito al mantenimento delle quote volontarie di immigrati. Questo, nel contesto in cui la stampa britannica, citata da quella romena, informava, la scorsa settimana, che, Bruxelles vorrebbe che la Romania ricevesse non quasi 2 mila, ma addirittura 7 mila rifugiati. Il fenomeno è importante per la Romania quale membro solidale dell’UE — ha ribadito Klaus Iohannis — però, senza avere reazioni isteriche e tanto meno xenofobe o scioviniste, Bucarest deve sostenere le quote volontarie, non quelle vincolanti di rifugiati. Complicato, in Romania, non è trasformare ad esempio una vecchia caserma in centro di accoglienza, bensì inserire gli immigrati nella società. Una posizione simile a quella del capo dello stato assume anche il premier social-democratico Victor Ponta, stando al quale la Romania non può accogliere più rifugiati di quanto lo consente la sua capacità di alloggio.
La Romania deve essere un Paese europeo ed solidale con quello che succede in Europa. Solidarietà vuol dire diritti e obblighi, cioè se abbiamo gli stessi obblighi come gli altri Paesi, dobbiamo avere anche gli stessi diritti ed ecco che ora si nota l’ingiustizia commessa nei confronti della Romania per quanto riguarda l’adesione a Schengen. Proprio i Paesi che ora ci chiedono di essere solidali nella questione dei rifugiati sono quelli che hanno determinato il rinvio della nostra adesione all’area Schengen.”
Il rinvio dell’accettazione della Romania nello spazio europeo di libera circolazione, anche se il nostro Paese adempie da molto tempo ai criteri tecnici necessari per l’adesione, si dimostra ora un vantaggio — sostiene però il presidente Iohannis. Nessuno può entrare in Romania semplicemente, tramite reti non sorvegliate. Leader europei e politici importanti soprattutto dell’Europa Occidentale chiedono, nel contesto della crisi degli immigrati, una nuova analisi sull’opportunità dell’area Schengen, sul suo modo di funzionamento. C’è bisogno di particolare attenzione in questi colloqui, motivo per cui le autorità romene hanno inserito nell’agenda del Consiglio Supremo di Difesa del 17 settembre anche un’analisi dello stato del dossier romeno. Nel frattempo, al ministero degli Esteri si parla della necessità di individuare soluzioni per controbilanciare non gli effetti, ma le cause dell’esodo dai Paesi di origine dei rifugiati. La discussione sulle quote non è sicuramente il fondo della questione. (traduzione di Gabriela Petre)