Protesta e contestazione
Centinaia di migliaia di persone scendono in strada ogni sera, a Bucarest, nelle grandi città del Paese e della diaspora, a protestare pacificamente, ma in maniera veemente, contro il Governo che, sordo alle proteste, ha deciso di mantenere il decreto governativo d’urgenza sulla modifica dei Codici penali e il disegno di legge sulla concessione della grazia collettiva.
Bogdan Matei, 03.02.2017, 13:30
Centinaia di migliaia di persone scendono in strada ogni sera, a Bucarest, nelle grandi città del Paese e della diaspora, a protestare pacificamente, ma in maniera veemente, contro il Governo che, sordo alle proteste, ha deciso di mantenere il decreto governativo d’urgenza sulla modifica dei Codici penali e il disegno di legge sulla concessione della grazia collettiva.
Giovedì, il presidente Klaus Iohannis ha segnalato alla Corte Costituzionale il conflitto giuridico costituzionale fra il Governo da una parte, e il sistema giudiziario e il Parlamento dall’altra, per quanto riguarda il decreto governativo d’urgenza sulla modifica dei Codici Penali. Il presidente sostiene che il Governo, che non ha esitato a chiamare imprudente, abbia agito in maniera illegale nel rilasciare il documento, perché l’urgenza della misura è ingiustificata. Egli ha chiesto, nuovamente, al premier socialdemocratico Sorin Grindeanu di abrogare il decreto governativo ed ha convocato i politici a consultazioni. Klaus Iohannis: “Dovrò invitare la gente a Cotroceni di modo che possiamo individuare una soluzione a questa crisi perché altrimenti le cose si aggravano e la strada può protestare, i romeni dicono le loro scontentezze, ma le soluzioni non possono arrivare dalla strada, le soluzioni devono darle i politici e certamente la prossima settimana li inviterò a presentarmi le soluzioni.”
Sempre giovedì, Grindeanu e i membri del suo governo si sono presentati davanti ai leader PSD della capitale e del Paese per ottenere un voto di fiducia per la continuazione del programma di governo. Il leader del partito e il capo della sinistra, Liviu Dragnea, ha ripetuto che i socialdemocratici hanno vinto le elezioni dell’11 dicembre tramite il voto legittimo dei cittadini: “Continuiamo ad essere decisi ad esercitare sia il potere esecutivo, governativo, che il potere legislativo concesso dai cittadini, in maniera legittima e costituzionale. E siamo del parere che qualsiasi tentativo di minare l’attività del governo sia un tentativo di destabilizzare l’ordine di diritto in Romania tramite mezzi più o meno legali.”
Però, lungi dall’essere monolitici, sia il Governo, che il partito hanno già registrato le prime fessure. A solo un mese dall’investitura, il ministro dell’Ambiente d’Affari, Florin Jianu, si è dimesso, precisando che, per poter ancora guardare suo figlio negli occhi, non vuole partecipare al rilascio di un decreto governativo che praticamente potrebbe rendere innocenti decine di politici accusati di corruzione. L’ex deputata Aurelia Cristea, il segretario di stato Ciprian Necula e il consigliere locale di Reşiţa Valentin Lupşa hanno rassegnato le dimissioni dal partito. Inoltre il vicepresidente del PSD e sindaco di Iaşi (la maggiore città nel nord-est del Paese), Mihai Chirica, ha chiesto il ritiro del decreto governativo e le dimissioni del suo autore, il sempre più impopolare ministro della Giustizia, Florin Iordache. (tr. G.P.)