Premi per i romeni del mondo
Statistiche concordanti attestano la presenza all’estero di circa tre milioni di cittadini romeni. Sono, in maggioranza schiacciante, cosparsi nell’Occidente, dall’Italia e Spagna fino agli Stati Uniti e Canada. Sono partiti negli ultimi due decenni dopo che, con il crollo della dittatura comunista, la Romania ha aperto i confini, fino allora ermetici, e i partner occidentali hanno consentito loro l’accesso sul mercato del lavoro. A differenza di italiani o irlandesi, i romeni non hanno una tradizione storica della migrazione e la loro diaspora, una recente, è rimasta molto legata al paese di origine, tramite parenti, amici, proprietà.
Bogdan Matei, 08.12.2015, 12:38
Oltre a questa, esistono però, con una vecchiezza millennaria, le comunità storiche romene attorno alle attuali frontiere. A loro si è rivolto lunedì sera il Galà dei premi di eccellenza organizzato a Bucarest dall’Istituto Culturale Romeno. Sono stati, per l’occasione, ricompensati intellettuali di marchio, artisti e giovani giornalisti impegnati attivamente nella promozione dei valori romeni in Moldova (a maggioranza romenofona) e Ucraina – di territori romeni annessi nel 1940, in seguito a un ultimatum, dall’ex URSS, ma anche da Serbia, Bulgaria, Ungheria, Albania e Macedonia. Molti partecipanti al Galà hanno chiesto alle autorità romene sostegno per le loro comunità, confrontate con un duro processo di snazionalizzazione.
Geograficamente la più lontana delle comunità rappresentate, gli aromeni, latinofoni della Penisola Balcanica che parlano un dialetto della lingua romena, ribadiscono l’importanza del sostegno che ricevono da Bucarest. Io vedo piuttosto il messaggio portato da questo premio, proprio quello di sostegno, di sostegno continuo da parte della nostra madrepatria e per questo vi ringrazio ancora una volta, ha detto Ilia Gjoka, rappresentante della Lega degli Aromeni di Albania.
Dalle confinanti Serbia e Bulgaria, i leader delle comunità romene, che contano centinaia di migliaia di anime, hanno denunciato di nuovo il pericolo dell’assimilazione, in assenza di un sistema di insegnamento e di un servizio confessionale in lingua materna. 40 anni fa, i villaggi erano al 100% romeni, afferma Victor Nisu, decano di età di un’associazione culturale di Bulgaria, che deplora la mancanza delle scuole.
E il prete Boian Alexandrovici, militante costante per la conservazione dell’identità culturale, linguistica e religiosa dei romeni della Valle del Timoc (est della Serbia) denuncia il fatto che non sono riconosciuti come minoranza. Noi facciamo tutto quello che possiamo, e voi, i nostri fratelli del paese, della Romania, della madrepatria, dovete sostenerci, poichè se ora, in questi ultimi momenti dell’assimilazione, non saremo sostenuti, allora ci perderemo, ha detto il prete.
Nel suo messaggio ai partecipanti al Galà, il presidente dell’ICR, Radu Boroianu, li chiama più di un gruppo di gente, più di una comunità distinta. Siete, afferma lui, una parte della Romania, una parte del popolo romeno.