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Mozione di sfiducia a Bucarest

Insediato a gennaio, criticato con veemenza dalla stampa e dall’opposizione di destra, contestato incessantemente in piazza dalla società civile, il Governo PSD-ALDE presieduto dalla socialdemocratica Viorica Dăncilă è stato sottoposto oggi al primo grande esame nel Parlamento. Sono stati registrati 166 voti favorevoli e 4 contrari, nel contesto in cui, per poter passare la mozione aveva bisogno di 233 voti. I parlamentari del potere non hanno votato. Intitolata “La destituzione del Governo Dragnea-Dăncilă, un’emergenza nazionale!”, la mozione di sfiducia firmata da 152 deputati e senatori PNL, USR e PMP ha accusato il Governo, in primo luogo, del grave deterioramento del clima macroeconomico.

Mozione di sfiducia a Bucarest
Mozione di sfiducia a Bucarest

, 27.06.2018, 15:28

Insediato a gennaio, criticato con veemenza dalla stampa e dall’opposizione di destra, contestato incessantemente in piazza dalla società civile, il Governo PSD-ALDE presieduto dalla socialdemocratica Viorica Dăncilă è stato sottoposto oggi al primo grande esame nel Parlamento. Sono stati registrati 166 voti favorevoli e 4 contrari, nel contesto in cui, per poter passare la mozione aveva bisogno di 233 voti. I parlamentari del potere non hanno votato. Intitolata “La destituzione del Governo Dragnea-Dăncilă, un’emergenza nazionale!”, la mozione di sfiducia firmata da 152 deputati e senatori PNL, USR e PMP ha accusato il Governo, in primo luogo, del grave deterioramento del clima macroeconomico.



L’aumento dell’indice ROBOR, in funzione del quale vengono stabilite le quote degli interessi bancari, l’aumento galoppante dell’inflazione, il deprezzamento della moneta nazionale, il leu, in rapporto all’euro, il caos creato dalle modifiche apportate al Codice Fiscale, la mancanza di investimenti nell’infrastruttura sono state le principali accuse menzionate nella requisitoria redatta dall’Opposizione. Nel documento, la destra ha inoltre sostenuto che il Governo è solo apparentemente presieduto dalla Dăncilă, la quale sarebbe, infatti, una marionetta ubbidiente in mano al capo del PSD, Liviu Dragnea, che ricopre anche l’incarico di presidente della Camera dei Deputati e che vorrebbe sottomettere la Giustizia e le istituzioni dello stato.



L’aritmetica parlamentare è stata sfavorevole a chi ha inoltrato la mozione. Il PSD e l’ALDE hanno insieme 249 parlamentari, mentre il numero dei deputati e dei senatori del PNL, dell’USR e del PMP è di soli 154. L’UDMR, che non fa parte della coalizione governativa, ma è legata alla maggioranza tramite un protocollo di collaborazione parlamentare, ha soltanto 30 deputati e senatori. Del Legislativo fanno parte pure 17 deputati delle minoranze nazionali che, per tradizione, votano per il Potere, e 15 parlamentari non affiliati, la maggior parte ostili a Dragnea. Quest’ultimo, di conseguenza, ha avuto ragione ad affermare con convinzione, la settimana scorsa, che la mozione di sfiducia non passerà. Gli analisti gli davano ragione e ricordavano, non senza ironia, che Dragnea stesso è l’unico capace di rovesciare un Governo dominato dal PSD. Come è d’altronde successo un anno fa, quando, diventato indesiderato per l’uomo forte della coalizione, il premier socialdemocratico Sorin Grindeanu è stato destituito tramite una mozione di sfiducia inoltrata e votata dal proprio partito — una prima nei quasi tre decenni di democrazia romena post-comunista. Mentre all’inizio di quest’anno, il successore di Grindeanu, Mihai Tudose, è stato convinto, in poche ore, durante una seduta del partito, a rassegnare le dimissioni senza ulteriori commenti.



Dal canto suo, la stampa aveva anticipato che il Governo Dăncilă sarebbe rimasto in carica. Però ha sottolineato che, indifferentemente dagli esiti della mozione, permangono ancora i problemi di immagine e di credibilità della maggioranza controllata da Dragnea. Soprattutto perché, la settimana scorsa, quest’ultimo è stato condannato dall’Alta Corte di Cassazione e Giustizia, tramite una sentenza che non è definitiva, a tre anni e sei mesi di carcere con esecuzione per reati di corruzione. Dopo che, nel 2016, aveva ricevuto una condanna definitiva a due anni con sospensione per tentativo di broglio elettorale.

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