Moldova: opzione europea alle elezioni
Associate già dal 2009 nell’Alleanza per l’Integrazione Europea, le componenti dell’attuale coalizione governativa — i partiti Liberale Democratico, Democratico e Liberale, si sono aggiudicate complessivamente 55 dei 101 seggi del Parlamento unicamerale di Chisinau, e hanno già annunciato la decisione di continuare nella stessa formula.
Bogdan Matei, 02.12.2014, 12:03
Associate già dal 2009 nell’Alleanza per l’Integrazione Europea, le componenti dell’attuale coalizione governativa — i partiti Liberale Democratico, Democratico e Liberale, si sono aggiudicate complessivamente 55 dei 101 seggi del Parlamento unicamerale di Chisinau, e hanno già annunciato la decisione di continuare nella stessa formula.
I leader del Partito Liberale Democratico, l’ex premier Vlad Filat, del Partito Democratico, l’ex presidente del Parlamento, Marian Lupu, e del Partito Liberale, l’ex capo dello stato ad interim, Mihai Ghimpu, sembrano concordare che, secondo l’espressione di quest’ultimo, i loro partiti sono condannati a governare insieme.
Finora non tutto è andato perfettamente nel trio filo-occidentale. Filat e Ghimpu si sono accusati reciprocamente di corruzione e incompetenza. I liberali vogliono non solo l’ingresso nell’UE, ma anche nella NATO, e mantengono viva l’idea della riunificazione con la Romania. Invece, i democratici sono sostenitori incurabili della neutralità militare prevista dalla Costituzione, e della cosiddetta statalità moldava.
Però il desiderio di togliere la repubblica dall’area grigia, della periferia dell’ex impero sovietico, e di connetterla alla scala dei valori europei — democrazia, stato di diritto, prosperità — è più forte delle vertenze puntuali. Mica semplici, spesso dolorose, le riforme promosse dai partiti filoeuropei sono state ricompesate da Bruxelles con la firma degli accordi di associazione e libero scambio. Il governo presieduto dal liberale-democratico Iurie Leanca auspica che la Moldova ottenga lo statuto di candidato entro il 2017 e diventare membro a pieno titolo dell’UE nel 2020.
Nello schieramento degli sconfitti, l’opposizione filorussa di sinistra, socialista e comunista, continua a chiedere l’abbandono del percorso europeo e si assume, in questo modo, la perpetuazione del vassallaggio nei confronti di Mosca. Votati dagli elettori reclutati dalle comunità alogene e tra i nostalgici dell’Unione Sovietica, i socialisti hanno annunciato, tramite il loro leader, Igor Dodon, che insisteranno sulla denuncia dell’accordo di associazione con l’UE.
A Washington, il Dipartimento di Stato ha definito le elezioni in Moldova come “un riferimento importante sulla strada della democrazia” e ha esortato i leader di Chisinau di formare “quanto presto un governo”, con il quale gli Stati Uniti si dichiarano pronti a collaborare.
A Bucarest, il presidente uscente Traian Basescu, quello eletto Klaus Iohannis, e il premier Victor Ponta hanno superato tutte le dispute interne e, quasi all’unisono, hanno salutato la vittoria dei partiti filoeuropei. In Romania, avvocato costante, a nome della comunanza di lingua, cultura, storia e destino, dell’integrazione europea dello stato confinante, l’esito dello scrutinio è definito come la migliore notizia che poteva essere ricevuta a Bucarest.