Moldova: conflitti congelati
La Moldova (repubblica ex sovietica, a maggioranza romenofona) non ha tempo per godere dei frutti del suo iter europeo. A meno di tre mesi dalla firma, al vertice europeo di Vilnius, degli Accordi di Associazione e Libero Scambio con l’Ue, il governo di Chisinau è sottoposto ad una serie di pressioni simultanee volte a vanificare i suoi sforzi. In Gagauzia, le autorità locali preparano per il 2 febbraio un referendum con una doppia posta in gioco. Da una parte, la consultazione popolare riguarda l’adesione della Moldova all’Unione doganale Russia-Bielorussia-Kazakistan, presunta alternativa all’Ue. D’altra parte, prepara lo stacco della Gagauzia — zona a maggioranza turcofona, di fede ortodossa — dal territorio della Moldova, qualora Chisinau perdesse la sua indipendenza, in seguito ad una strettamente ipotetica unione alla Romania.
Bogdan Matei, 16.01.2014, 13:14
La Moldova (repubblica ex sovietica, a maggioranza romenofona) non ha tempo per godere dei frutti del suo iter europeo. A meno di tre mesi dalla firma, al vertice europeo di Vilnius, degli Accordi di Associazione e Libero Scambio con l’Ue, il governo di Chisinau è sottoposto ad una serie di pressioni simultanee volte a vanificare i suoi sforzi. In Gagauzia, le autorità locali preparano per il 2 febbraio un referendum con una doppia posta in gioco. Da una parte, la consultazione popolare riguarda l’adesione della Moldova all’Unione doganale Russia-Bielorussia-Kazakistan, presunta alternativa all’Ue. D’altra parte, prepara lo stacco della Gagauzia — zona a maggioranza turcofona, di fede ortodossa — dal territorio della Moldova, qualora Chisinau perdesse la sua indipendenza, in seguito ad una strettamente ipotetica unione alla Romania.
“Questo referendum illegale non ha nulla in comune con i problemi dei cittadini e può rendere tesa la situazione nella repubblica”, ha ammonito il premier moldavo Iurie Leanca, ricordando che il referendum viola sia la Costituzione, che altre leggi. La preparazione della consultazione popolare era stata, del resto, sospesa da un tribunale, e la procura generale aveva deciso l’avvio del perseguimento penale nei confronti degli organizzatori. Invece, la punta di lancia dell’opposizione filo-russa di Chisinau, il Partito dei Comunisti, non esita a istigare alla violazione della legge. I comunisti chiedono ai gagauzi di partecipare al referendum e dire si’.
Sempre a Chisinau, l’ambasciatore russo annuncia che la Gagauzia godrà di un’attenzione speciale da parte di Mosca. In concomitanza con questa guerra dei comunicati, nell’est della Moldova, i leader separatisti annunciano l’applicazione della legislazione russa sul territorio dell’altra regione filo-russa, Transnistria, al fine dichiarato di facilitare la sua integrazione nella Federazione Russa. La Transnistria è uscita de facto, dal controllo della Moldova, nel 1992, dopo una breve guerra con un bilancio di centinaia di morti, conclusasi con l’intervento delle truppe russe da parte dei separatisti. Quasi simultaneamente, senza ricorrere ad una ribellione armata, ma sempre sotto la protezione di Mosca, la Gagauzia ha ricevuto una larga autonomia da parte di Chisinau. Quasi un quarto di secolo è passato senza che questi conflitti congelati siano risolti. Le diverse formule proposte dall’Osce oppure il formato dei negoziati in cui, oltre a Chisinau e ai separatisti, sono state cooptate la Russia, l’Ucraina, l’Ue e gli Stati Uniti, si sono dimostrate inefficienti. Stando agli analisti, le due regioni separatiste sono gli assi nella manica cui Mosca non rinuncerà mai. La loro utilità strategica è stata validata sia negli anni ’90, quando hanno reso ineffettiva l’appena proclamata indipendenza da parte di Chisinau, che adesso, quando intralciano il suo iter europeo e il distacco dal passato sovietico.