L’ONU chiede il ritiro dell’esercito russo dalla Moldova
Come anticipato dagli analisti, l’Assemblea Generale dell’ONU ha adottato il progetto di risoluzione inoltrato dalla Moldova, la quale chiede il ritiro delle truppe russe dalla regione separatista pro-russa Transnistria. Co-autori del progetto sono stati 10 Paesi, tra cui la Romania e l’Ucraina, confinanti con la Moldova, i tre stati baltici, essi stessi sottoposti a mezzo secolo di occupazione sovietica, e membri importanti dell’Unione Europea e della NATO, come la Gran Bretagna e la Polonia. Difensore costante dell’indipendenza e dell’integrità dello stato confinante, Bucarest ha salutato subito l’adozione della risoluzione, con 64 voti favorevoli, solo 15 contrari e 83 astensioni.
Bogdan Matei, 25.06.2018, 14:49
Come anticipato dagli analisti, l’Assemblea Generale dell’ONU ha adottato il progetto di risoluzione inoltrato dalla Moldova, la quale chiede il ritiro delle truppe russe dalla regione separatista pro-russa Transnistria. Co-autori del progetto sono stati 10 Paesi, tra cui la Romania e l’Ucraina, confinanti con la Moldova, i tre stati baltici, essi stessi sottoposti a mezzo secolo di occupazione sovietica, e membri importanti dell’Unione Europea e della NATO, come la Gran Bretagna e la Polonia. Difensore costante dell’indipendenza e dell’integrità dello stato confinante, Bucarest ha salutato subito l’adozione della risoluzione, con 64 voti favorevoli, solo 15 contrari e 83 astensioni.
Gli Stati Uniti, la Germania, la Francia, il Canada, la Turchia o il Giappone si annoverano tra i protagonisti internazionali rilevanti che hanno votato per il ritiro dei russi. Voti contrari hanno espresso alleati fedeli di Mosca, come l’Armenia o la Bielorussia, oppure i regimi dittatoriali della Corea del Nord, Siria o Cuba. Hanno votato contro, ovviamente, pure la Federazione Russa, mentre il regime della Transnistria e il presidente filorusso di Chişinău, Igor Dodon, non hanno nascosto la loro irritazione per l’adozione della risoluzione.
A nome del governo pro-occidentale della Moldova, l’ex primo ministro e capo della diplomazia, l’attuale vicepremier Iurie Leancă afferma che l’adozione della risoluzione ha rappresentato un successo politico: “Comprendiamo tutti che un’eventuale risoluzione votata nell’ambito dell’Assemblea Generale ha un carattere simbolico, ma il simbolismo nei rapporti tra Paesi significa moltissimo. Anche se non ci aspettiamo dopo questo momento a certe mosse nella rispettiva zona, l’inizio del ritiro delle munizioni e di chi le sorveglia è tuttavia un obiettivo molto importante.”
La Transnistria è uscita, de facto, dal controllo delle autorità centrali nel 1992, dopo un conflitto armato conclusosi con centinaia di morti e l’intervento delle truppe russe a sostegno dei separatisti. Indipendente da meno di un anno, la Moldova non aveva allora un esercito, cosicché ha mandato contro gli auto blindi russi contingenti di poliziotti e distaccamenti di volontari. Con l’indipendenza proclamata unilateralmente e non riconosciuta nemmeno da Mosca, la Transnistria è definita spesso un paradiso della criminalità alle porte dell’Europa, una piattaforma per il traffico di armi, droga o persone.
Nel 1999, al vertice OSCE di Istanbul, la Russia, allora presieduta dal presidente Boris Yeltsin, si era impegnata a ritirare le truppe e gli arsenali. Cinque anni dopo il processo è stato fermato definitivamente, mentre oggi le autorità di Chişinău stimano che nell’est ribelle della repubblica si trovano ancora illegalmente tra 1.500 e 1.700 militari russi e circa 21 mila tonnellate di munizione. Fatto che ha portato alla triste battuta secondo la quale la Moldova è il più lungo stato del mondo, perché da due decenni se ne stanno ritirando i russi e non hanno ancora finito.