L’ex capo della DIICOT, condannato in via definitiva
Alina Bica sembra il modello perfetto del detto romeno secondo il quale il ladro dice sempre che sono gli altri a rubare. L’ex capo della Direzione di Investigazione dei Reati di Criminalità Organizzata e Terrorismo è stato condannato, martedì, in via definitiva, a quattro anni di carcere con esecuzione in un fascicolo in cui i procuratori anticorruzione l’hanno accusata di aver favorito il delinquente. Nel 2013, ha fatto pressioni affinché un controverso imprenditore che era nel mirino della giustizia – Ovidiu Tender — ricevesse una condanna con sospensione.
Roxana Vasile, 27.06.2018, 14:49
Alina Bica sembra il modello perfetto del detto romeno secondo il quale il ladro dice sempre che sono gli altri a rubare. L’ex capo della Direzione di Investigazione dei Reati di Criminalità Organizzata e Terrorismo è stato condannato, martedì, in via definitiva, a quattro anni di carcere con esecuzione in un fascicolo in cui i procuratori anticorruzione l’hanno accusata di aver favorito il delinquente. Nel 2013, ha fatto pressioni affinché un controverso imprenditore che era nel mirino della giustizia – Ovidiu Tender — ricevesse una condanna con sospensione.
Dai quattro anni di pena, sarà però detratto il periodo in cui Alina Bica si è trovata in custodia cautelare, ovvero dal gennaio al giugno 2015. La stessa Bica, protagonista in altri due fascicoli, è stata invece assolta in quello relativo alle tangenti ricevute per archiviare la causa in cui era implicato un altro imprenditore. Almeno nel prossimo periodo, Alina Bica non sarà costretta a prepararsi i bagagli per presentarsi al penitenziario, per il semplice motivo che è fuori Paese. Già dal dicembre scorso, i suoi avvocati avevano annunciato che non si sarebbe potuta presentare al processo, dato che la loro cliente — sostenevano all’epoca — aveva subito un incidente in Spagna. Successivamente, si è saputo che l’ex capo della Direzione Antimafia sarebbe sano e salvo nella lontana e soleggiata Costa Rica, dove ha sollecitato lo statuto di rifugiato politico. Alina Bica è stata un modello anche per la sua amica, Elena Udrea, la quale ha ricoperto successivamente le cariche di consigliere presidenziale, capo della Cancelleria Presidenziale, ministro del Turismo e ministro dello Sviluppo regionale.
Considerata molto vicina all’ex presidente di destra della Romania, Traian Băsescu, al quale deve la sua ascensione politica, Elena Udrea è stata anche lei condannata in via definitiva dall’Alta Corte di Cassazione e Giustizia di Bucarest a sei anni di carcere con esecuzione e al pagamento di danni pari a tre milioni di euro nel fascicolo noto come il “Galà Bute”. In questo caso, i procuratori la accusano di uso illegale di fondi pubblici per il finanziamento di un galà di pugilato cui ha partecipato l’ex campione mondiale Lucian Bute. Trovata colpevole di tangenti e abuso d’ufficio, Elena Udrea continua a perorare la propria innocenza, sempre dalla Costa Rica, dove, incinta, aspira pure lei come l’amica Alina Bica allo statuto di rifugiato politico.
Della serie di politici o imprenditori che hanno litigato con la giustizia, scappando all’estero per sfuggire alle pene, non dobbiamo dimenticare il pittoresco Radu Mazăre, ex sindaco di Costanza, città sita sul litorale del Mar Nero, il quale accusato di corruzione ha scelto come rifugio il Madagascar. La piccola isola nell’Oceano Indiano è una passione più vecchia di Mazăre, il quale non solo vi ha avviato un affare, ma ha anche chiesto la protezione delle autorità della zona, lamentandosi che in Romania è perseguitato politicamente. Condannato in via definitiva a sette anni di carcere con esecuzione della pena, il magnate Puiu Popoviciu si è rifugiato a Londra, mentre il politico e imprenditore Sebastian Ghiţă, indagato in più fascicoli, sembra essersi innamorato della vita a Belgrado.