L’esorcizzazione dei crimini del passato comunista
Bogdan Matei, 31.03.2016, 15:32
L’ex comandante del campo di lavori forzati di Periprava, l’ottuagenario
Ion Ficior, è stato condannato mercoledì a 20 anni di carcere. I magistrati
della Corte d’Appello di Bucarest lo hanno trovato colpevole di crimini contro
l’umanità.
Nei cinque anni in cui ha diretto il campo, dal 1958 al 1963, ha
introdotto e coordinato un regime di detenzione repressivo, abusivo, inumano e
discrezionale nei confronti dei detenuti politici, che ha provocato la morte di
almeno 103 persone. Secondo la requisitoria, i prigionieri di Periprava non
beneficiavano di assistenza medica e di farmaci, di cibo e di riscaldamento e
venivano sottoposti a numerose pene, torturati fisicamente e psichicamente.
I procuratori rilevano inoltre che il regime imposto dal centro
detentivo nel periodo in cui è stato condotto da Ficior, non assicurava in
alcun modo le condizioni minime di sopravvivenza a lungo termine delle persone
le cui sentenze superavano dieci anni.
Ora, oltre alla condanna a 20 anni di carcere, il tribunale ha deciso
anche la rimozione dei gradi militari all’ex comandante del lager, il quale ha
incassato per decine di anni una pensione molto alta, come colonnello, ma anche
il suo obbligo di pagare, assieme allo stato romeno, la somma di 310.000 euro
come danni morali alle otto parti civili nel processo – gli ex detenuti oppure
i loro discendenti.
Ficior è il secondo di una serie di qualche decina di boia comunisti,
ancora in vita e identificati dagli inquirenti, che la Giustizia manda dietro
le sbarre. Lo scorso mese abbiamo avuto una clamorosa prima giudiziaria quando
l’ex comandante del penitenziario di Râmnicu Sărat, Alexandru Vişinescu, è
stato condannato in via definitiva dall’Alta Corte a 20 anni di carcere, sempre
per crimini contro l’umanità, in seguito agli abusi criminali commessi oltre 50
anni fa.
In modo emblematico, il processo Vişinescu ha portato come testimoni
dell’accusa, ex detenuti politici, superstiti degli orrori concentrazionari,
emaciati dagli anni passati in carcere, dalle malattie e dai traumi, e, nella
gabbia degli imputati, un nonagenario ancora forte fisicamente, che ha provato
a testare sui giornalisti un talento che ha praticato lungo tutta la sua
vita, quello di tirare pugni.
La condanna di simili personaggi, che la stampa non esita a chiamare
fantasmi del comunismo, ha piuttosto un valore di riparazione morale. Stando
agli storici, nel periodo compreso tra il 1944 e il 1989, la dittatura
comunista, fatta insediare dall’esercito sovietico di occupazione e perpetuata
tramite i sanguinosi abusi della polizia politica, la Securitate, ha mandato in
carcere più di seicento mila romeni, tra studenti o contadini, preti ortodossi
o greco-cattolici, politici democratici e nazionalisti, industriali o ufficiali
sostenitori della monarchia.
Per tutte queste vittime, la giustizia arriva troppo tardi. Ma, per la
società romena di oggi, la condanna dei crimini del comunismo resta un dovere
elementare. (traduzione di Gabriela Petre)