Le raccomandazioni del FMI per la Romania
Daniela Budu, 12.05.2016, 18:47
Il Fmi ha annunciato, nel suo più recente
rapporto, tre pericoli per l’economia romena: la continuazione delle riduzioni
fiscali, il rallentamento delle riforme strutturali e la legge sulla dazione in
pagamento. Quest’ultima potrebbe persino mettere in pericolo la stabilità finanziaria
e protrebbe rendere più difficile l’accesso della popolazione ai crediti. Il
FMI apprezza, d’altra parte, la lotta alla corruzione in Romania e raccomanda
alle autorità di non cedere alle pressioni sociali in questo anno elettorale.
Gli esperti del Fondo confermano il miglioramento
delle previsioni di crescita economica, ma segnalano che le circostanze favorevoli
in cui la Romania prende prestiti dall’estero non possono essere mantenute in
assenza delle riforme. Inoltre, i progressi registrati nel processo di
assorbimento dei fondi europei ha contribuito all’incremento degli
inbvestimenti, cosicchè il fondo stima un avanzo economico del 4,2% quest’anno e del 3,6% nel 2017. Gli analisti segnalano
però che il FMI ha pochi mezzi per costringere in qualche modo le autorità
romene, in assenza di un accordo di assistenza finanziaria.
Il capo della missione del FMI per la Romania,
Reza Baqir, afferma che il principale messaggio che il fondo vuole trasmettere
alle autorità romene è quello che le attuali condizioni buone di finanziamento,
di cui gode sia lo stato, che il settore privato, rappresentano il risultato
dei progressi precedenti nell’implementazione delle riforme e che, in seguito
ad un rallentamento o all’inversione di questi progressi, il Paese rischia di perdersi
la buona volontà di cui gode da parte degli investitori. L’analista economico
Constantin Rudnitchi è del parere che queste raccomandazioni sono difficili da
imporre in assenza di un programma formale e nel contesto dell’anno elettorale.
Constantin Rudnitchi:
Questo tipo di collaborazione mette sempre in
risalto i problemi che l’economia ha oppure potrebbe avere. Ciò che credo però
sia il punto di debolezza di questo tipo di collaborazione con il FMI è che, in
realtà, in quanto non esiste un accordo vero e proprio e una sorveglianza
post-programma, non ci sono le leve concrete per portare avanti le riforme nell’amministrazione,
dalla zona della fiscalità, dalla zona dei salari, dalla zona degli indicatori macroeconomici
e degli indicatori fiscali. Il Governo, almeno nel suo programma, si è prefisso
di continuare tutte queste riforme rimaste in sospeso dopo la conclusione dell’accordo
– certo, con una maggiore o minore velocità, con una minore o maggiore
determinazione e a seconda anche degli interessi elettorali di quest’anno.
Su piano esterno, il FMI ammonisce che un
deterioramento della percezione sul rischio associato ai mercati emergenti
potrebbe determinare ritiri di capitale, il deprezzamento della moneta
nazionale e una crescita sostanziosa del debito con l’estero rispetto al PIL. (traduzione di Adina Vasile)