Le elezioni in Moldova
La più costante ed energica sostenitrice della sovranità, dell’integrità territoriale e delle aspirazioni europee dello stato confinante, la Romania ha accolto con prudenza il risultato delle elezioni politiche svoltesi domenica in Moldova. Il Ministero degli Esteri di Bucarest considera che si siano svolte, in generale, rispettando i provvedimenti legali e gli standard democratici. Adesso, precisa il MAE, è molto importante che le tappe che succedono lo scrutinio si svolgano in maniera responsabile, nel rispetto dei principi democratici, necessari per la stabilità e per il mantenimento di una prospettiva europea. Perché solo quest’ultima — sottolinea la diplomazia romena — è in grado di portare risposte durevoli alle aspettative legittime di prosperità dei cittadini moldavi.
Bogdan Matei, 26.02.2019, 14:31
La più costante ed energica sostenitrice della sovranità, dell’integrità territoriale e delle aspirazioni europee dello stato confinante, la Romania ha accolto con prudenza il risultato delle elezioni politiche svoltesi domenica in Moldova. Il Ministero degli Esteri di Bucarest considera che si siano svolte, in generale, rispettando i provvedimenti legali e gli standard democratici. Adesso, precisa il MAE, è molto importante che le tappe che succedono lo scrutinio si svolgano in maniera responsabile, nel rispetto dei principi democratici, necessari per la stabilità e per il mantenimento di una prospettiva europea. Perché solo quest’ultima — sottolinea la diplomazia romena — è in grado di portare risposte durevoli alle aspettative legittime di prosperità dei cittadini moldavi.
La valutazione dell’opposizione di destra di Bucarest è, invece, molto più severa. Il deputato PNL Matei Dobrovie afferma che le elezioni non siano state né libere, né corrette e tanto meno democratiche. Egli condanna il fatto che agli elettori della diaspora è stato vietato di votare con la carta d’identità, come alle precedenti elezioni, e accusa che decine di migliaia di persone della regione separatista pro-russa Transnistria, uscita dal controllo di Chişinău nel 1992, siano state pagate per venire in modo organizzato ai seggi elettorali sulla riva destra del Dniester.
Anche l’opposizione pro-europea di Chişinău definisce le elezioni le più non democratiche nella storia della repubblica. Al di là delle dispute, restano le cifre. Come indicavano i sondaggi sugli intenti di voto, i vincitori sono i socialisti filorussi del presidente Igor Dodon, che si sono aggiudicati 35 sui 101 seggi di deputati. Il principale partito del governo pro-occidentale, il Partito Democratico, di centro-sinistra, del controverso oligarca Vladimir Plahotniuc, avrà 30 deputati, mentre il blocco ACUM, un’alleanza della destra pro-europea, 26. Sette seggi spettano al partito populista del sindaco russofono di Orhei (città nel centro della repubblica), Ilan Shor, condannato in prima istanza a sette anni e mezzo per aver defraudato un miliardo di dollari dal sistema bancario della repubblica. Diventano deputati anche tre candidati indipendenti. Non entrano più nel parlamento l’ex partito unico comunista dell’epoca sovietica e, per la prima volta, le formazioni che si assumono esplicitamente l’ideale della riunificazione con la Romania, come lo hanno fatto dopo l’indipendenza i democristiani e, ulteriormente, i liberali.
Il presidente Dodon ha ammonito che chiederà elezioni anticipate se, dopo questo scrutinio senza un vincitore distaccato, i partiti non riuscissero a formare una coalizione governativa. Considerato all’unanimità l’uomo forte della politica di Chişinău, Plahotniuc si è detto disposto a negoziare con chiunque e a lasciare da parte le differenze dottrinarie. Gli analisti tendono a credere che dimostrerà nuovamente la sua abilità di crearsi una maggioranza, affiancando al PD se non partiti, almeno deputati disposti ad abbandonare il partito sotto la cui sigla sono stati eletti.