Lavoro: dialogo Governo – sindacati – padronati
All’incontro del Consiglio Nazionale Tripartito, che riunisce i rappresentanti del Governo, dei sindacati e dei padronati, non è stato raggiunto un accordo sull’introduzione di una moratoria sulla legislazione del lavoro, proposta dall’esecutivo.
Leyla Cheamil, 10.10.2013, 13:29
Gradita dalla confederazioni padronali, la proposta è stata bocciata dai sindacati, i quali non lo ritengono possibile in mancanza di un cambiamento della legislazione in materia di mercato del lavoro.
I sindacati ritengono che le modifiche dovrebbero interessare la questione della rappresentatività dei partner sociali nella struttura dei contratti collettivi di lavoro. Inoltre, i sindacati considerano che andrebbe reintrodotto il contratto collettivo di lavoro a livello nazionale, in grado di proteggere in maniera efficace gli interessi dei dipendenti.
Inoltre, andrebbero cambiati anche i provvedimenti che limitano il diritto al conflitto di lavoro, sostengono i sindacati, sollecitando anche una crescita graduale dello stipendio minimo.
“Abbiamo inoltrato al Governo una bozza di accordo sociale che prevede una crescita graduale del salario minimo, affinchè nel 2016 il rapporto tra quello minimo e quello medio sia del 50%”, ha dichiarato il leader del sindacato Cartel Alfa, Bogdan Hossu.
Da parte loro, i padronati ritengono necessaria la crescita del salario minimo, ma non sanno se sono in grado di applicare un simile aumento.
“Dobbiamo esaminare all’interno delle nostre confederazioni in che misura ci possiamo permettere una crescita del salario minimo. Allo stesso tempo, esso va aumentato, per farla finita con i pagamenti in nero”, ha dichiarato il vicepresidente dell’Alleanza delle Confederazioni Padronali, Dan Matei Agathon.
D’altra parte, le otto confederazioni padronali rappresentative a livello nazionale non gradiscono la reintroduzione del contratto collettivo di lavoro a livello nazionale, invocando il fatto che un simile documento non esiste nella maggior parte dei Paesi UE, quindi la Romania ne sarebbe svantaggiata. Attualmente, un contratto collettivo di lavoro nazionale esiste solo in Belgio.