La situazione della manodopera in Romania
In costante aumento da parecchi anni, l’economia romena assorbe facilmente manodopera. A ottobre, il tasso di disoccupazione è ammontato a solo il 2,98%, in calo rispetto allo stesso mese del 2018, ma anche rispetto a settembre di quest’anno. Il numero totale dei disoccupati era inferiore a 260 mila, la maggior parte nell’ambiente rurale, persone che hanno superato i 40 anni, non hanno studi universitari oppure con un’istruzione precaria. A Bucarest, la maggiore e la più dinamica città dal punto di vista economico, il tasso di disoccupazione è calato all’1,29%, cioè a poco più di 15 mila persone. D’altra parte, più della metà delle compagnie romene intendono aumentare, l’anno prossimo, il numero dei propri dipendenti con una media dell’11%.
Bogdan Matei, 03.12.2019, 14:04
Secondo l’ultimo barometro realizzato dalla PriceWaterhouseCoopers, quotata come la maggiore compagnia di servizi professionali, di consulenza e audit del mondo, il 91% delle compagnie IT romene intendono aumentare il numero di dipendenti, con una media del 20%. Ai seguenti posti si piazzano l’industria e il settore automobilistico e del retail, dove metà delle compagnie ha bisogno del 6,4% in più. Hanno accennato ad aumenti di personale anche il 40% delle compagnie operanti nel settore servizi finanziari e il 30% delle compagnie del settore farmaceutico.
Il direttore della PriceWaterhouseCoopers Romania, Ionuţ Simion, è del parere che nell’economia ci sia bisogno di un 1 milione di dipendenti in più, nei prossimi 5 anni, per ottenere una crescita media del 3,5% all’anno. Il contesto è difficile, afferma lui, perché negli ultimi anni la manodopera è diventata più difficile da trovare, limitando il potenziale di sviluppo dell’economia. Per correggere la situazione, sia il governo che le compagnie dovrebbero impegnarsi in programmi istruttivi che sviluppino le competenze dei dipendenti, soprattutto quelle digitali — aggiungono inoltre gli esperti.
Tutti sembrano concordare che non esistono soluzioni infallibili alla crisi della manodopera. Sempre più voci accusano i numerosi beneficiari “abbonati” ai servizi di assistenza sociale, che semplicemente rifiutano di lavorare. Però si tratta, nella maggior parte, di persone non qualificate, cosicché la loro entrata sul mercato del lavoro non risolverebbe gran che. Inoltre, dal Canada fino in Australia, milioni di romeni in età attiva vivono e lavorano all’estero, la maggior parte nell’ovest dell’Europa. La forza di attrazione del Paese d’origine resta solo sentimentale, perché, dal punto di vista pragmatico, pochi di loro sono disposti ora a tornarci. Sono scoraggiati a causa dell’amministrazione inefficace, dei politici ostili alla diaspora e, soprattutto, degli stipendi molto inferiori a quelli dell’Occidente.
I padronati romeni annunciano di aver preso in considerazione l’aumento, a cominciare dall’anno prossimo, dello stipendio minimo, ed hanno previsto nei budget l’impatto di questa misura. La proposta di aumento inoltrata dal Governo è inferiore a 20 euro, mentre i sindacati affermano che sia necessario almeno il doppio di tale cifra.