La Romania e i criteri di adesione alla zona euro
L’euro è, di fatti, una moneta nazionale in Romania, però è improbabile che lo diventi presto anche per legge. La Banca Centrale di Bucarest mantiene, da qualche anno, un tasso di cambio di circa 5 lei per un euro, il che rende più facili i calcoli che si fanno i cittadini e gli esponenti politici con potere decisionale. I grandi progetti di infrastruttura presentati dalle autorità hanno costi stimati in euro. Per le abitazioni e i terreni vengono richiesti prezzi calcolati in euro, anche se, dal notaio, le transazioni immobiliari si concludono nella moneta nazionale, il leu. Quando scrive dei posti di lavoro ben retribuiti che i governanti di diversi colori politici offrono alla clientela di partito, la stampa prende come punto di riferimento la moneta unica europea. Secondo le requisitorie dei procuratori anticorruzione, la maggior parte dei dignitari corrotti ricevono tangenti sempre un euro. La numerosa diaspora romena dell’ovest del continente, che ammonta a milioni, manda euro ai parenti rimasti nel Paese. Tuttavia, la Romania non adempie, al momento, a nessuno dei quattro criteri necessari per passare alla moneta unica europea.
In conformità con il famoso trattato di Maastrict, firmato nel 1992, questi criteri sono la stabilità dei prezzi, finanze pubbliche solide e sostenibili, la stabilità del tasso di cambio e la convergenza dei tassi d’interesse a lungo termine. Inoltre, secondo il cosiddetto rapporto di convergenza, che la Commissione Europea ha pubblicato ieri, fra tutti e 27 gli stati membri dell’Unione, la Romania è l’unica che è oggetto di una procedura di infrazione per disavanzi eccessivi. Bulgaria, Rep. Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia e Svezia, neanch’esse parte della zona euro, hanno tutte qualificativi migliori da parte dell’Esecutivo comunitario di Bruxelles. Ammessa nell’Unione solo nel 2013, sei anni dopo la Romania, la Croazia potrebbe aderire alla zona euro già dal 1 gennaio 2023, se l’Eurogruppo e il Consiglio Europeo appoggiassero la decisione della Commissione Europea in tal senso.
Il paradosso notato dagli analisti è che nel 2016 la Romania riuniva tre dei quattro criteri. Le mancava solo il criterio relativo al tasso di cambio, e una condizione supplementare imposta dalla Commissione Europea, che è la compatibilità legislativa. In altre parole, le politiche economiche dei governi successivi, di sinistra o di destra, monocolori o di coalizione, non hanno fatto altro che degradare la compatibilità della Romania con i requisiti della zona euro. E’ vero che per l’economia e la società sono stati anni di grande confusione, a causa delle restrizioni imposte dall’epidemia di COVID-19, e le incertezze permangono ancora dopo che l’esercito russo ha invaso l’Ucraina, confinante con la Romania. Negli ultimi mesi, i prezzi sono esplosi, gli interessi aumentano costantemente, le finanze pubbliche sono lungi dall’essere forti e sostenibili e il Paese prende prestiti in un ritmo che la stampa definisce vertiginoso.
Bogdan Matei, 02.06.2022, 14:16
L’euro è, di fatti, una moneta nazionale in Romania, però è improbabile che lo diventi presto anche per legge. La Banca Centrale di Bucarest mantiene, da qualche anno, un tasso di cambio di circa 5 lei per un euro, il che rende più facili i calcoli che si fanno i cittadini e gli esponenti politici con potere decisionale. I grandi progetti di infrastruttura presentati dalle autorità hanno costi stimati in euro. Per le abitazioni e i terreni vengono richiesti prezzi calcolati in euro, anche se, dal notaio, le transazioni immobiliari si concludono nella moneta nazionale, il leu. Quando scrive dei posti di lavoro ben retribuiti che i governanti di diversi colori politici offrono alla clientela di partito, la stampa prende come punto di riferimento la moneta unica europea. Secondo le requisitorie dei procuratori anticorruzione, la maggior parte dei dignitari corrotti ricevono tangenti sempre un euro. La numerosa diaspora romena dell’ovest del continente, che ammonta a milioni, manda euro ai parenti rimasti nel Paese. Tuttavia, la Romania non adempie, al momento, a nessuno dei quattro criteri necessari per passare alla moneta unica europea.
In conformità con il famoso trattato di Maastrict, firmato nel 1992, questi criteri sono la stabilità dei prezzi, finanze pubbliche solide e sostenibili, la stabilità del tasso di cambio e la convergenza dei tassi d’interesse a lungo termine. Inoltre, secondo il cosiddetto rapporto di convergenza, che la Commissione Europea ha pubblicato ieri, fra tutti e 27 gli stati membri dell’Unione, la Romania è l’unica che è oggetto di una procedura di infrazione per disavanzi eccessivi. Bulgaria, Rep. Ceca, Croazia, Ungheria, Polonia e Svezia, neanch’esse parte della zona euro, hanno tutte qualificativi migliori da parte dell’Esecutivo comunitario di Bruxelles. Ammessa nell’Unione solo nel 2013, sei anni dopo la Romania, la Croazia potrebbe aderire alla zona euro già dal 1 gennaio 2023, se l’Eurogruppo e il Consiglio Europeo appoggiassero la decisione della Commissione Europea in tal senso.
Il paradosso notato dagli analisti è che nel 2016 la Romania riuniva tre dei quattro criteri. Le mancava solo il criterio relativo al tasso di cambio, e una condizione supplementare imposta dalla Commissione Europea, che è la compatibilità legislativa. In altre parole, le politiche economiche dei governi successivi, di sinistra o di destra, monocolori o di coalizione, non hanno fatto altro che degradare la compatibilità della Romania con i requisiti della zona euro. E’ vero che per l’economia e la società sono stati anni di grande confusione, a causa delle restrizioni imposte dall’epidemia di COVID-19, e le incertezze permangono ancora dopo che l’esercito russo ha invaso l’Ucraina, confinante con la Romania. Negli ultimi mesi, i prezzi sono esplosi, gli interessi aumentano costantemente, le finanze pubbliche sono lungi dall’essere forti e sostenibili e il Paese prende prestiti in un ritmo che la stampa definisce vertiginoso.