La Romania, di nuovo senza premier
A dicembre 2016, sotto la direzione di Liviu Dragnea, il PSD ha stravinto le elezioni politiche, con circa il 45% dei voti, diventando il principale partito della coalizione governativa formata assieme all’ALDE. La prima opzione per la carica di premier, Sevil Shhaideh, avrebbe potuto essere la prima donna capo del governo a Bucarest se il presidente Klaus Iohannis non avesse rifiutato di nominarla. Sposata con un siriano vicino al regime dittatoriale di Damasco, Sevil Shhaideh è stata percepita allora come una vulnerabilità per la sicurezza nazionale.
Bogdan Matei, 16.01.2018, 13:52
A dicembre 2016, sotto la direzione di Liviu Dragnea, il PSD ha stravinto le elezioni politiche, con circa il 45% dei voti, diventando il principale partito della coalizione governativa formata assieme all’ALDE. La prima opzione per la carica di premier, Sevil Shhaideh, avrebbe potuto essere la prima donna capo del governo a Bucarest se il presidente Klaus Iohannis non avesse rifiutato di nominarla. Sposata con un siriano vicino al regime dittatoriale di Damasco, Sevil Shhaideh è stata percepita allora come una vulnerabilità per la sicurezza nazionale.
Perciò, è diventato premier l’allora presidente del Consiglio Provinciale di Timiş (ovest), Sorin Grindeanu, già ministro, membro del PSD da due decenni, che aveva riscosso un grande successo vincendo le elezioni amministrative in una città che era stata, tradizionalmente, una roccaforte della destra. L’estate scorsa, le tensioni tra lui e Dragnea si sono acutizzate e il rifiuto del premier di rassegnare le dimissioni è stato così fermo, che il PSD ha deciso di ricorrere ad un gesto senza precedenti nella democrazia romena post-comunista: quello di rovesciare il proprio governo, tramite mozione di sfiducia. A capo dell’Esecutivo è stato designato il deputato PSD di Brăila (sud-est), Mihai Tudose, pure lui socialdemocratico da anni e ritenuto un soldato devoto del partito.
Lunedì, però, il Comitato Esecutivo del PSD si è riunito d’urgenza, su richiesta del presidente del partito, Liviu Dragnea, ed ha deciso di ritirare il sostegno politico al premier, il quale ha annunciato subito le sue dimissioni. Mihai Tudose: “Il partito ha deciso che c’è bisogno di un altro governo, con un tipo di approccio diverso. C’è sempre posto per il meglio. Forse anch’io ho la mia colpa. Il partito ha deciso così, mi assumo quello che ho detto all’inizio, a nominarmi è stato il Comitato Esecutivo e lo stesso Comitato Esecutivo ha deciso che c’è posto per il meglio.” Le tensioni erano scoppiate già la scorsa settimana, quando il premier aveva sostenuto la necessità di un rimpasto governativo, metodo tramite cui, stando alla stampa, avrebbe voluto eliminare dalla sua equipe i ministri fedeli a Dragnea. In più, sullo sfondo di uno scandalo di pedofilia nella Polizia romena, Tudose aveva chiesto le dimissioni del ministro dell’Interno, Carmen Dan, anche lei considerata una delle ministre protette da Liviu Dragnea. Rassegnato, il leader del partito ha ammesso: “Sembra che non sia molto bravo a scegliere, e non solo per quanto riguarda le proposte di premier. Non farò più alcuna proposta, l’ho già detto: voterò la proposta che risulterà in seguito ai dibattiti. Ho già detto ai colleghi che resteremo qui, nel Comitato Esecutivo Nazionale fino a quando ne uscirà la fumata bianca.”
Dall’opposizione, il PNL, il più importante partito parlamentare di destra, sostiene che la nuova crisi dimostra l’incapacità dei socialdemocratici di governare e chiede elezioni anticipate. Il presidente Iohannis convocherà nuovamente per consultazioni i partiti politici per designare un nuovo premier e non è obbligato a nominare il candidato di un certo partito. L’anno scorso, d’altronde, poco dopo la caduta del governo Grindeanu, il capo dello stato ammoniva che, nell’eventualità che nemmeno il Governo Tudose resistesse, penserebbe seriamente se affidare o meno sempre al PSD la formazione di un nuovo Governo.