Inchiesta parlamentare sulle elezioni presidenziali del 2009
Nel 2009, l’imprevedibile presidente in carica della Romania, Traian Băsescu, ha vinto in modo sorprendente il secondo turno delle presidenziali superando il numero di voti ottenuti dal favorito Mircea Geoană, allora leader del PSD. La differenza, estremamente ridotta, di qualche decina di migliaia di voti, il numero alto di seggi elettorali speciali in cui hanno votato moltissimi romeni e le segnalazioni sullo svolgimento sospetto del processo di voto in alcuni seggi elettorali all’estero hanno alimentato i sospetti che il secondo turno del più importante scrutinio elettorale non sia stato proprio corretto. Tuttavia, non c’è stata alcuna prova in merito, le elezioni sono state convalidate e Traian Băsescu è rimasto in carica per altri cinque anni.
Ştefan Stoica, 12.05.2017, 13:11
Ciò che sembrava ormai materia dei libri di storia o dei corsi di politologia, è tornato d’un tratto in prima pagina quando sono state rese pubbliche le testimonianze del giornalista e consulente politico Dan Andronic, uno degli ex collaboratori di Băsescu. Andronic ha affermato che persone con incarichi direttivi presso istituzioni importanti dello stato, come il capo della DNA, Codruţa Kovesi, allora procuratore generale, il capo dell’intelligence di allora, George Cristian Maior, oppure l’ex primo vice direttore del SRI, Florian Coldea, si siano incontrate la sera del secondo turno di scrutinio, fatto che ha determinato anche la supposizione che siano stati coinvolti nella modifica degli esiti finali del voto.
In seguito a queste dichiarazioni, la Procura Generale ha avviato il perseguimento penale in rem, cioè sui fatti, non nei confronti di certe persone, nel dossier sulle presidenziali del 2009, per reati di abuso d’ufficio e falsificazione dei documenti e delle evidenze elettorali. Non è bastato, perché la maggioranza PSD — ALDE, dalla quale vengono reclutati i più accaniti nemici dell’ex presidente, si è mobilitata ed è riuscita ad imporre la creazione di una commissione parlamentare di inchiesta sulle elezioni del 2009.
Sono riusciti a farlo nonostante l’opposizione del PNL e dell’USR. Il presidente ad interim dei liberali, Raluca Turcan, sospetta i socialdemocratici di non voler altro che portare al Parlamento, per essere ascoltata, il capo della DNA, Codruţa Kovesi, non desiderata dal principale partito al potere. Il socialdemocratico Eugen Nicolicea smentisce però le accuse: “Non solo non esiste alcun riferimento specifico all’inchiesta nei confronti dei procuratori o dei magistrati in generale, ma abbiamo l’articolo 3, in cui si dice che non costituiscono oggetto della commissione parlamentare neanche gli elementi legati ai reati precisati dalla Procura Generale”.
Anche l’USR ha votato contro la creazione della commissione, affermando che la sua attività si sovrappone a quella della procura. Il deputato USR Ion Stelian: “Non possiamo ignorare il fatto che la Procura presso l’Alta Corte di Cassazione e Giustizia ha avviato un’indagine giudiziaria che riguarda proprio i fatti che costituirebbero l’oggetto di questa indagine parlamentare”.
Non è chiaro cosa potesse provare l’indagine parlamentare. Nel suo stile inconfondibile, il senatore Traian Băsescu ha minacciato amichevolmente i colleghi parlamentari che, se in seguito all’indagine decidono che Mircea Geoană avrebbe vinto le elezioni presidenziali, allora lui si candiderà un’altra volta. Uno scenario da incubo, sicuramente anche per il PSD e — perché no? -, guardando retrospettivamente al secondo mandato e alle sue azioni attuali, uno scenario da incubo anche per la Romania. (tr. G.P.)