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Il Governo, tra mozione e ordinanze

A tre mesi dalla sua investitura, il Governo nazionale-liberale presieduto da Ludovic Orban deve superare oggi il test di una mozione di sfiducia inoltrata dal PSD e dall’UDMR. Il capo ad interim dei socialdemocratici, Marcel Ciolacu, si dichiara convinto che la mozione sarà adottata dai senatori e dai deputati. Sono necessari almeno 233 voti favorevoli, cioè metà più uno sul numero totale dei parlamentari. Il testo della mozione è stato firmato però solo da 208 parlamentari del PSD dell’UDMR. Con la mozione intitolata “Il Governo Orban/PNL — la privatizzazione della democrazia romena”, loro accusano il Governo di trasgressione dei principi democratici, per aver posto la fiducia sull’elezione dei sindaci in due turni di scrutinio, pochi mesi prima delle elezioni amministrative. La squadra di Orban dovrebbe essere rimossa subito, perché ha trasgredito le decisioni della Corte Costituzionale e le raccomandazioni delle istituzioni europee, per ragioni politiche e non nell’interesse dei cittadini — accusa ancora la sinistra.

Il Governo, tra mozione e ordinanze
Il Governo, tra mozione e ordinanze

, 05.02.2020, 13:44

A tre mesi dalla sua investitura, il Governo nazionale-liberale presieduto da Ludovic Orban deve superare oggi il test di una mozione di sfiducia inoltrata dal PSD e dall’UDMR. Il capo ad interim dei socialdemocratici, Marcel Ciolacu, si dichiara convinto che la mozione sarà adottata dai senatori e dai deputati. Sono necessari almeno 233 voti favorevoli, cioè metà più uno sul numero totale dei parlamentari. Il testo della mozione è stato firmato però solo da 208 parlamentari del PSD dell’UDMR. Con la mozione intitolata “Il Governo Orban/PNL — la privatizzazione della democrazia romena”, loro accusano il Governo di trasgressione dei principi democratici, per aver posto la fiducia sull’elezione dei sindaci in due turni di scrutinio, pochi mesi prima delle elezioni amministrative. La squadra di Orban dovrebbe essere rimossa subito, perché ha trasgredito le decisioni della Corte Costituzionale e le raccomandazioni delle istituzioni europee, per ragioni politiche e non nell’interesse dei cittadini — accusa ancora la sinistra.



Sostenuti dai loro partner dell’USR o del PMP, i liberali insistono che il ritorno all’elezione dei sindaci in due turni offre loro un più di legittimità e di rappresentatività ed è desiderato dall’80% dei romeni. Il premier Ludovic Orban afferma che la mozione di sfiducia non passerà perché, secondo le sue stime, non esiste un numero sufficiente di senatori e deputati disposti a sostenere l’iniziativa. Il Governo è preparato, però, anche per lo scenario di una sconfitta al voto di oggi. Perciò, la notte scorsa, ha adottato una serie di ordinanze d’urgenza, che un governo sfiduciato, con prerogative ristrette, non potrebbe più promuovere. Una di queste introduce nuove regole per eventuali elezioni politiche anticipate, restringe il periodo di convocazione dello scrutinio da 90 a 45 giorni, regola il voto su liste supplementari a livello nazionale e il voto per tre giorni all’estero.



Il numero dei parlamentari che rappresenteranno i sempre più numerosi romeni all’estero è raddoppiato, arrivando a 12. I commentatori affermano che, con quest’iniziativa, la destra, già favorita nei sondaggi sugli intenti di voto alle politiche, aumenti molto le sue chance. Perché la diaspora è costantemente ostile nei confronti del PSD, soprattutto dopo che, a causa dell’organizzazione difettosa, i governi di sinistra l’hanno impedita a votare in condizioni normali negli anni passati.



Il crollo del Governo Orban sarebbe anche un primo passo verso l’organizzazione di elezioni politiche anticipate, come desiderano il PNL e l’USR, ma anche il presidente Klaus Iohannis, nel contesto in cui lo scrutinio normale è previsto in autunno. Affinché fossero indette elezioni anticipate, il Parlamento dovrebbe bocciare due proposte di premier designato. Gli analisti sono del parere che un reset del Legislativo sia necessario, perché l’attuale configurazione in cui il PSD ha circa il 40% dei seggi, mentre il PNL solo il 22%, non riflette più le opzioni dell’elettorato.

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