Il fascicolo della Rivoluzione del 1989
Il presidente romeno, Klaus Iohannis, ha approvato le richieste di avvio delle inchieste penali nei confronti dell’ex capo di stato Ion Iliescu, dell’ex premier Petre Roman e dell’ex vicepremier Gelu Voican Voiculescu, nel “Fascicolo della Rivoluzione”. I tre possono essere ora indagati dai procuratori e rinviati a giudizio per reati contro l’umanità, che sarebbero stati commessi nel periodo 22-31 dicembre 1989, quando ricoprivano incarichi nel Consiglio del Fronte della Salvezza Nazionale, organo che deteneva allora il potere esecutivo e legislativo.
Ştefan Stoica, 16.04.2018, 11:52
Alla fine dell’anno scorso, la Procura Generale annunciava che erano state scoperte nuove prove atte a chiarire gli avvenimenti di quasi tre decenni fa. Secondo i procuratori, c’è stata veramente una diversione che si è manifestata in maniera complessa a più livelli e che è stata la principale causa dei numerosi decessi, ferite e danni provocati. L’istruzione probatoria ha rilevato i meccanismi delle costanti disinformazioni, con conseguenze estremamente gravi, lanciate tramite la televisione e la radiodiffusione pubblica — all’epoca, controllate strettamente dal potere comunista — nonché tramite i mezzi militari di comunicazione, contribuendo così all’insediamento della nota psicosi terroristica. In più, affermano i procuratori, viene tracciata anche la modalità tramite cui è stata trasmessa una serie di ordini militari diversivi, con conseguenze particolarmente gravi.
Ion Iliescu è stato, dal 22 dicembre 1989, presidente del Consiglio del Fronte della Salvezza Nazionale, organo che ha esercitato de facto il potere esecutivo e legislativo dopo all’arresto della coppia dittatoriale. Il CFSN ha agito come se fosse stato un Governo fino al 27 dicembre 1989, quando il presidente del Consiglio ha ricevuto il ruolo di capo di stato, mentre i poteri legislativi del consiglio sono stati separati da quelli esecutivi. Petre Roman è stato ufficialmente nominato primo-ministro, mentre Gelu Voican Voiculescu è diventato vice primo-ministro del Governo romeno. L’ultimo mantiene il silenzio dopo l’annuncio presidenziale legato all’approvazione dell’avvio dell’inchiesta penale. I primi due, invece, si dichiarano indignati, soprattutto Petre Roman, il quale sostiene di essere stato lui stesso in pericolo di perdere la vita durante le proteste anti Ceauşescu avvenute a Bucarest.
L’ex presidente Ion Iliescu lamenta, dal canto suo, ciò che ha definito una giustizia-spettacolo e un tentativo di trovare un “capro espiatorio”. Egli ritiene che lo scopo dei fascicoli non abbia più alcun nesso con la scoperta della verità su quelli avvenimenti, di cui nessuno avrebbe mai avuto un’immagine complessiva nemmeno all’epoca. Il bilancio ufficiale della Rivoluzione indica più di 1000 morti e circa 3000 feriti, la maggior parte dopo il crollo del regime oppressivo di Ceauşescu. Nella zona centrale ed est-europea, la Romania è l’unico Paese in cui il passaggio dalla dittatura comunista alla democrazia è avvenuto con spargimento di sangue. Questi crimini non possono essere prescritti e individuare i colpevoli, anche con tre decenni di ritardo, aiuterebbe alla riabilitazione della giustizia romena.