Gli aumenti salariali e il periodo elettorale
Roxana Vasile, 04.11.2016, 16:55
Se nei
primi anni dopo la Rivoluzione anti-comunista, esse consistevano di olio,
farina, secchi o grembiuli, gradualmente al loro posto sono apparse iniziative
legislative volte ad attirare voti. Nella prima parte di questa settimana, le
Commissioni riunite di Budget e Lavoro della Camera dei Deputati hanno
approvato l’aumento degli stipendi nel settore istruzione del 15%, dal 1
gennaio 2017, e sempre del 15%, ma dal 1 dicembre prossimo, degli stipendi nel
settore sanitario. E’ stato inoltre deciso che gli incrementi per il personale
amministrativo del settore sanitario siano stabiliti in funzione degli stipendi
del 2016 e non di quelli del 2009, come adesso. Anche i salari dei dipendenti
delle casse di assicurazione sanitaria sono stati aumentati del 25%.
La
plenaria della Camera deciderà lunedì in merito a queste proposte. Nel
contesto, il ministro del Lavoro, Dragoş Pîslaru, ha ammonito che gli aumenti
salariali potrebbero danneggiare l’economia del Paese. Secondo il ministro,
tramite un decreto governativo, sono stati già previsti aumenti salariali, in
media del 15%, per i dipendenti dei settori sanitario e istruzione, cui si
aggiungerebbero altri 15 punti percentuali. Però, dal suo punto di vista, gli
aumenti salariali andrebbero fatti gradualmente fino al 2021.
Dragoş
Pîslaru: In ciascun Paese normale, la massa salariale per il personale non
deve superare una certa percentuale del budget, perché nel momento in cui
vengono fatti investimenti negli stipendi, non si investe più
nell’infrastruttura. Quando si ignora qualsiasi avvertenza, bisogna anche
assumersi il sospetto – stavolta giustificato, secondo me – che si tratti di
un’elemosina elettorale. Noi abbiamo presentato già l’estate scorsa un piano:
l’aumento dell’intera massa salariale nel settore pubblico entro il 2021, del
30% in media.
Se
l’iniziativa passerà nella forma desiderata dal Parlamento, il Governo
attaccherà alla Corte Costituzionale la legge sulla retribuzione, come
annunciato anche dal vice primo ministro Costin Borc, il ministro
dell’Economia. Stando all’Esecutivo, l’impatto sul bilancio delle leggi a
carattere elettorale votate negli ultimi mesi ammonta a 9 miliardi di lei (pari
a 2 miliardi di euro). Ciò significa un aumento del deficit, oppure, in
alternativa, un calo dei fondi stanziati agli investimenti. D’altra parte,
aumenteranno gli squilibri tra le varie categorie di pubblici dipendenti.
Dal
punto di vista economico, la Romania ha adesso una buona situazione. Che senso
avrebbe distruggerla solo per guadagnare, all’ultimo momento, qualche voto in
più? Un nuovo aumento degli stipendi dei medici e dei professori rischia di far
tornare la Romania all’anno elettorale 2008, quando il Parlamento, con una mano
ha offerto qualcosa ai romeni, ma poi, sullo sfondo della crisi economica, con
l’altra si è ripreso il doppio. (traduzione di Gabriela Petre)