Crisi politica a Bucarest
L’ostinazione del premier Sorin Grindeanu a non rassegnare le dimissioni, sollecitate insistemente dal suo partito, il PSD (il principale partito al potere), e forzate, in teoria, dalle dimissioni di tutti i ministri, ha aperto la strada ad una nuova prima veramente bizzarra nella storia post-comunista della Romania. Giovedì, il Comitato Esecutivo Nazionale del PSD ha deciso di inoltrare una mozione di sfiducia contro il proprio Governo, insediato dopo la grande vittoria del partito alle politiche dello scorso dicembre, quando ha ottenuto quasi il 45% dei voti. In più, affinché tutto sia completo nel caso di Grindeanu, il Comitato Esecutivo Nazionale ha deciso di punire il suo atteggiamento ribelle, escludendolo dal partito, come d’altronde era prevedibile.
Florentin Căpitănescu, 15.06.2017, 18:35
L’ostinazione del premier Sorin Grindeanu a non rassegnare le dimissioni, sollecitate insistemente dal suo partito, il PSD (il principale partito al potere), e forzate, in teoria, dalle dimissioni di tutti i ministri, ha aperto la strada ad una nuova prima veramente bizzarra nella storia post-comunista della Romania. Giovedì, il Comitato Esecutivo Nazionale del PSD ha deciso di inoltrare una mozione di sfiducia contro il proprio Governo, insediato dopo la grande vittoria del partito alle politiche dello scorso dicembre, quando ha ottenuto quasi il 45% dei voti. In più, affinché tutto sia completo nel caso di Grindeanu, il Comitato Esecutivo Nazionale ha deciso di punire il suo atteggiamento ribelle, escludendolo dal partito, come d’altronde era prevedibile.
Il giorno prima, la coalizione PSD – ALDE aveva ritirato il sostegno politico al suo Governo, però, dato che Grindeanu è rimasto fermo sulla propria posizione, il suo partito d’origine si è visto costretto ad andare avanti con le decisioni prese giovedì. I leader della coalizione, il socialdemocratico Liviu Dragnea, presidente della Camera dei Deputati, e il liberal-democratico Călin Popescu Tăriceanu, presidente del Senato, hanno affermato che il cambiamento dell’esecutivo si imponeva a causa degli arretrati registrati nell’applicazione del programma di governo.
La mancanza di efficacia è un argomento smentito fermamente dal premier, per il quale i soli sei mesi trascorsi dall’insediamento del suo esecutivo hanno rappresentato un periodo troppo breve per l’applicazione di ampie riforme. Inoltre, Grindeanu, imposto proprio da Dragnea come premier, accusa che il rapporto in cui è stata valutata la sua attività, redatto all’interno del partito, è privo di oggettività e non gli è stato nemmeno accessibile, come non è stato neanche per i ministri.
Per gli analisti, lo sbarco di Grindeanu è il grande desiderio di Dragnea, il quale è scontento, da un parte, che il premier si sia trasformato da un esecutivo docile, come lasciava capire all’inizio del mandato, in un personaggio che spera di ottenere un’autonomia che a lui da fastidio. D’altra parte, l’Esecutivo Grindeanu non è riuscito ad imporre una legislazione penale che renda la vita più facile a Dragnea, in pericolo incombente dopo che è stato condannato in via definitiva a due anni di carcere con sospensione, mentre in un altro dossier la sua situazione è altrettanto complicata.
D’altra parte, il presidente Klaus Iohannis sollecita alla coalizione al governo PSD-ALDE di trovare urgentemente una soluzione alla crisi politica per evitare il rischio di destabilizzare il Paese. L’Amministrazione Presidenziale ha precisato che è l’obbligo dei partiti componenti di trovare una soluzione. Dopo essersi dato la zappa sui piedi, resta da vedere come gestirà il PSD la situazione e se l’opoposizione di destra, assente in generale, cercherà di approfittare di un momento al quale, fino a qualche tempo fa, non osava nemmeno sperare. (tr. G.P.)