Covid-19: Romania, dibattiti al Parlamento sulla certificazione verde
7 milioni di romeni hanno completato finora il ciclo vaccinale anti-Covid. Sono pochi rispetto alla media negli stati dell’UE e rispetto all’obiettivo iniziale delle autorità, probabilmente dimenticato nel frattempo, di avere 10 milioni di romeni vaccinati entro il 1° settembre scorso. Il ritmo lento di vaccinazione e l’allentamento delle misure restrittive troppo presto durante l’estate scorsa hanno esposto la Romania a una quarta ondata devastante, con migliaia di contagi e centinaia di decessi ogni giorno. Quando si rischiava di perdere il controllo della situazione, le autorità hanno introdotto di nuovo misure restrittive, rivolte soprattutto alle persone non vaccinate.
La paura di ammalarsi, ma soprattutto l’impossibilità di andare nei grandi centri commerciali o al ristorante, dove l’accesso è permesso solo in base al certificato verde, ha determinato più romeni scettici al vaccino di recarsi nei centri vaccinali e la campagna d’immunizzazione è ripartita. Alla sua dinamizzazione ha contribuito anche l’inoltro al Parlamento di una legge sulle norme di uso del certificato verde sul posto di lavoro, sul modello di alcuni stati come Italia, Francia o Grecia, che lo hanno imposto ad alcune categorie di dipendenti oppure addirittura a tutti i dipendenti, pubblici e privati, come nella formula radicale adottata nella Penisola.
A Bucarest, il ddl è stato bocciato dal Senato e l’effetto non è tardato: la campagna vaccinale è di nuovo rallentata. I politici si sono allora impegnati ad adottare la legge alla Camera dei Deputati, decisionale in questo caso, in una forma epurata da ogni possibili discriminazioni, invocate dall’opposizione socialdemocratica e da quella ultranazionalista quando questi partiti hanno votato contro la legge al Senato. Alla Camera si va per le lunghe e gli emendamenti al ddl che introduce l’obbligo del certificato verde sul posto di lavoro si stendono su quasi 40 pagine.
Il presidente della Commissione per la Salute, l’ex ministro liberale della Salute, Nelu Tătaru, ha ammesso che il ritardo dell’applicazione della legge intacca il tasso di vaccinazione. Mentre i PSD vorrebbe inserire un periodo di grazia di due mesi per i dipendenti non vaccinati e tamponi gratuiti per il personale in tutto questo periodo, il PNL chiede che la scadenza sia limitata a 30 giorni. I liberali considerano inaccettabile, d’altra parte, la proposta dell’AUR legata all’accettazione dei test sugli anticorpi, invocando la loro irrilevanza scientifica. Il PNL ha inoltre proposto che i dipendenti che rifiutano di vaccinarsi e si ammalano di COVID-19 paghino di propria tasca le spese di un loro eventuale ricovero ospedaliero.
Il socialdemocratico Alexandru Rafila, rappresentante della Romania all’OMS, ha risposto, però, che la misura ritarderebbe ancora di più la decisione delle persone contagiate di andare all’ospedale, mentre dovrebbero essere incoraggiate a farlo quanto prima, già dai primi sintomi. L’USR ha chiesto che siano accelerati i dibattiti ed estesi i provvedimenti ai parlamentari e alle persone che ricoprono cariche pubbliche. Con una percentuale più bassa di popolazione vaccinata, ma comunque più alta di quella della Romania, l’Austria ha imposto la quarantena ai non vaccinati. Anche se confrontati già con ciò che gli specialisti considerano la quinta ondata della pandemia, gli stati occidentali in cui il tasso dei vaccinati ha superato l’80%, come Francia, Olanda o Gran Bretagna, registrano un numero molto basso di decessi.
Ştefan Stoica, 17.11.2021, 15:04
7 milioni di romeni hanno completato finora il ciclo vaccinale anti-Covid. Sono pochi rispetto alla media negli stati dell’UE e rispetto all’obiettivo iniziale delle autorità, probabilmente dimenticato nel frattempo, di avere 10 milioni di romeni vaccinati entro il 1° settembre scorso. Il ritmo lento di vaccinazione e l’allentamento delle misure restrittive troppo presto durante l’estate scorsa hanno esposto la Romania a una quarta ondata devastante, con migliaia di contagi e centinaia di decessi ogni giorno. Quando si rischiava di perdere il controllo della situazione, le autorità hanno introdotto di nuovo misure restrittive, rivolte soprattutto alle persone non vaccinate.
La paura di ammalarsi, ma soprattutto l’impossibilità di andare nei grandi centri commerciali o al ristorante, dove l’accesso è permesso solo in base al certificato verde, ha determinato più romeni scettici al vaccino di recarsi nei centri vaccinali e la campagna d’immunizzazione è ripartita. Alla sua dinamizzazione ha contribuito anche l’inoltro al Parlamento di una legge sulle norme di uso del certificato verde sul posto di lavoro, sul modello di alcuni stati come Italia, Francia o Grecia, che lo hanno imposto ad alcune categorie di dipendenti oppure addirittura a tutti i dipendenti, pubblici e privati, come nella formula radicale adottata nella Penisola.
A Bucarest, il ddl è stato bocciato dal Senato e l’effetto non è tardato: la campagna vaccinale è di nuovo rallentata. I politici si sono allora impegnati ad adottare la legge alla Camera dei Deputati, decisionale in questo caso, in una forma epurata da ogni possibili discriminazioni, invocate dall’opposizione socialdemocratica e da quella ultranazionalista quando questi partiti hanno votato contro la legge al Senato. Alla Camera si va per le lunghe e gli emendamenti al ddl che introduce l’obbligo del certificato verde sul posto di lavoro si stendono su quasi 40 pagine.
Il presidente della Commissione per la Salute, l’ex ministro liberale della Salute, Nelu Tătaru, ha ammesso che il ritardo dell’applicazione della legge intacca il tasso di vaccinazione. Mentre i PSD vorrebbe inserire un periodo di grazia di due mesi per i dipendenti non vaccinati e tamponi gratuiti per il personale in tutto questo periodo, il PNL chiede che la scadenza sia limitata a 30 giorni. I liberali considerano inaccettabile, d’altra parte, la proposta dell’AUR legata all’accettazione dei test sugli anticorpi, invocando la loro irrilevanza scientifica. Il PNL ha inoltre proposto che i dipendenti che rifiutano di vaccinarsi e si ammalano di COVID-19 paghino di propria tasca le spese di un loro eventuale ricovero ospedaliero.
Il socialdemocratico Alexandru Rafila, rappresentante della Romania all’OMS, ha risposto, però, che la misura ritarderebbe ancora di più la decisione delle persone contagiate di andare all’ospedale, mentre dovrebbero essere incoraggiate a farlo quanto prima, già dai primi sintomi. L’USR ha chiesto che siano accelerati i dibattiti ed estesi i provvedimenti ai parlamentari e alle persone che ricoprono cariche pubbliche. Con una percentuale più bassa di popolazione vaccinata, ma comunque più alta di quella della Romania, l’Austria ha imposto la quarantena ai non vaccinati. Anche se confrontati già con ciò che gli specialisti considerano la quinta ondata della pandemia, gli stati occidentali in cui il tasso dei vaccinati ha superato l’80%, come Francia, Olanda o Gran Bretagna, registrano un numero molto basso di decessi.