Covid-19: la vaccinazione tra fiducia e diffidenza
La maggior parte dei romeni è consapevole del pericolo rappresentato dal coronavirus e circa la metà della popolazione è del parere che la pandemia durerà almeno due-tre anni. Lo rileva uno studio eseguito dall’Istituto per la Ricerca sulla Qualità della Vita dell’Accademia Romena. Il sociologo Iulian Stănescu, ricercatore scientifico presso l’Istituto, ha parlato a Radio Romania, del calo di solidarietà e di fiducia tra i romeni durante la pandemia: “In situazioni di crisi sociali, come nel caso di questa pandemia, ma ovviamente ci possono essere anche situazioni di guerra oppure attacchi terroristici o crisi di altro tipo, in alcune società si verifica un aumento del livello di coesione, in altre, purtroppo, appare un calo. La società romena fa parte della seconda categoria e possiamo dire che, a oltre un anno e tre mesi dall’inizio della pandemia, il tessuto sociale si risente, l’organismo sociale della Romania è stremato. In altre parole, possiamo dire che la nostra è una società meno resiliente. Resilienza vuol dire la capacità di una collettività, persino di una società, di resistere, di assorbire più facilmente gli shock o le crisi sociali”.
Daniela Budu, 18.06.2021, 12:56
La maggior parte dei romeni è consapevole del pericolo rappresentato dal coronavirus e circa la metà della popolazione è del parere che la pandemia durerà almeno due-tre anni. Lo rileva uno studio eseguito dall’Istituto per la Ricerca sulla Qualità della Vita dell’Accademia Romena. Il sociologo Iulian Stănescu, ricercatore scientifico presso l’Istituto, ha parlato a Radio Romania, del calo di solidarietà e di fiducia tra i romeni durante la pandemia: “In situazioni di crisi sociali, come nel caso di questa pandemia, ma ovviamente ci possono essere anche situazioni di guerra oppure attacchi terroristici o crisi di altro tipo, in alcune società si verifica un aumento del livello di coesione, in altre, purtroppo, appare un calo. La società romena fa parte della seconda categoria e possiamo dire che, a oltre un anno e tre mesi dall’inizio della pandemia, il tessuto sociale si risente, l’organismo sociale della Romania è stremato. In altre parole, possiamo dire che la nostra è una società meno resiliente. Resilienza vuol dire la capacità di una collettività, persino di una società, di resistere, di assorbire più facilmente gli shock o le crisi sociali”.
Più della metà dei romeni (il 56%) raccomanderebbe a una persona cara di vaccinarsi contro il nuovo coronavirus e i più favorevoli alla vaccinazione sono gli anziani e le persone con studi universitari. Ci sono però anche più di 2 milioni di persone di tutte le categorie sociali che si oppongono alla vaccinazione e raccomanderebbero ai loro cari di non vaccinarsi. La reticenza oppure l’opposizione alla vaccinazione sono attribuite dalle persone intervistate alla mancanza di informazione, alla strumentalizzazione o alla disinformazione, ma anche alla paura di reazioni avverse, compresa la morte, alla sfiducia nell’efficacia dei vaccini e persino alla convinzione che il nuovo coronavirus non esiste. La percentuale dei negazionisti ammonta a 6, ovvero a oltre 800.000 persone, un gruppo ridotto come percentuale, ma abbastanza numeroso e attivo da far sentire la propria presenza — notano gli autori dello studio.
In un momento in cui l’immunizzazione è a quote minime, le autorità sottolineano l’importanza della vaccinazione completa per prevenire il contagio da SARS-CoV-2 e preparano campagne d’immunizzazione più ampie negli ambienti rurali, dove l’intento a vaccinarsi è più basso. Stando al coordinatore della campagna vaccinale, Valeriu Gheorghiţă, quasi il 50% dei centri vaccinali esistenti nel Paese sono al momento utilizzati a meno della metà della capacità. Perciò, in alcuni centri l’attività cesserà temporaneamente, mentre in altri l’orario di apertura sarà più breve. In più, in seguito al calo progressivo del numero di persone vaccinate anti-COVID, diminuirà anche la quantità di dosi fornite a Bucarest. Finora è stato utilizzato circa il 60% dei quasi 15 milioni di dosi consegnate in Romania.