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Confini: gli eurodeputati chiedono la ripresa della libera circolazione

La riapertura dei confini, anche se la pandemia non è finita, è necessaria, considerano gli eurodeputati che hanno votato, a larga maggioranza, venerdì, una risoluzione in cui questa posizione è espressa chiaramente. “Un ritorno rapido e coordinato a un’Area Schengen pienamente funzionale è di fondamentale importanza per garantire la libertà di circolazione, una delle principali realizzazioni dell’integrazione europea, e la ripresa economica dell’Unione dopo la pandemia”, si legge nel documento europeo. Gli eurodeputati respingono qualsiasi azione bilaterale non coordinata degli stati membri dell’Unione e sottolineano il principio della non discriminazione nella riapertura dei confini. Si chiede, allo stesso tempo, l’organizzazione urgente di un dibattito su un piano di ripresa per l’Area Schengen, comprese misure per situazioni impreviste nell’eventualità di una possibile seconda ondata della pandemia.

Confini: gli eurodeputati chiedono la ripresa della libera circolazione
Confini: gli eurodeputati chiedono la ripresa della libera circolazione

, 22.06.2020, 12:06

La riapertura dei confini, anche se la pandemia non è finita, è necessaria, considerano gli eurodeputati che hanno votato, a larga maggioranza, venerdì, una risoluzione in cui questa posizione è espressa chiaramente. “Un ritorno rapido e coordinato a un’Area Schengen pienamente funzionale è di fondamentale importanza per garantire la libertà di circolazione, una delle principali realizzazioni dell’integrazione europea, e la ripresa economica dell’Unione dopo la pandemia”, si legge nel documento europeo. Gli eurodeputati respingono qualsiasi azione bilaterale non coordinata degli stati membri dell’Unione e sottolineano il principio della non discriminazione nella riapertura dei confini. Si chiede, allo stesso tempo, l’organizzazione urgente di un dibattito su un piano di ripresa per l’Area Schengen, comprese misure per situazioni impreviste nell’eventualità di una possibile seconda ondata della pandemia.



L’iniziativa arriva dopo che i Paesi dell’Unione hanno cominciato a eliminare i controlli e le restrizioni di viaggio applicate alle frontiere per contenere il diffondersi della pandemia di COVID-19. Sebbene l’eliminazione delle restrizioni ai confini sia una buona notizia, il modo in cui è stata realizzata è improprio, sono del parere gli eurodeputati. Loro affermano che senza il ritorno a un’Area Schengen pienamente funzionale manca una pietra basilare fondamentale per la ripresa e ricordano che la fiducia reciproca e la solidarietà sono i principali valori dell’Unione Europea.



Per Bucarest, Sofia e Zagabria la risoluzione menzionata ha una posta in gioco ancora maggiore in quanto gli eurodeputati sollecitano al Consiglio dell’UE e agli stati membri di prendere le misure necessarie per accettare la Bulgaria, la Romania e la Croazia nell’Area Schengen. La sollecitazione degli eurodeputati si aggiunge a quella simile della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento Europeo ed è in linea con la dichiarazione del commissario europeo per gli affari interni Ylva Johansson, che ha proposto di recente l’adesione dei tre Paesi all’Area Schengen, come “misura di aggiornamento e consolidamento di questo spazio”.



Aspiranti a questo statuto da molto tempo, la Romania e la Bulgaria sarebbero dovute diventare membri Schengen già dal marzo 2011. Il Parlamento Europeo ha dato luce verde in tal senso da molto tempo, e questa posizione è stata riaffermata più volte lungo il tempo, persino da parte dei vertici delle Commissione Europea e del Legislativo europeo. L’ammissione effettiva è stata bloccata, però, da Paesi, come Olanda, ad esempio, che ha condizionato l’accettazione della Romania dal Meccanismo di Cooperazione e Verifica sulla Giustizia, anche se i criteri dell’acquis Schengen erano stati raggiunti. La Croazia, invece, il più giovane membro dell’Unione, ha ricevuto luce verde per l’adesione all’Area Schengen da parte della Commissione Europea lo scorso ottobre. La decisione finale richiede un voto all’unanimità di tutti gli stati comunitari del Consiglio Giustizia e Affari Interni.

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