Brexit, scadenza rinviata
L’uscita dei britannici dal blocco comunitario era prevista per il 29 marzo, però la premier di Londra, Theresa May, aveva chiesto un rinvio al 30 giugno. Dopo circa sette ore di colloqui, i capi di stato e di governo dell’UE, riuniti a Bruxelles, hanno deciso all’unanimità di concedere al Regno Unito, non uno, ma due scenari di rinvio, ma nessuno fino alla fine di giugno, bensì entrambi scadenti prima delle europee. Più precisamente, secondo il primo scenario, se l’accordo di ritiro negoziato con l’Unione, già bocciato due volte dal Parlamento britannico, verrà tuttavia approvato la prossima settimana, il Consiglio Europeo è d’accordo con il rinvio della Brexit al 22 maggio. Nel secondo scenario, se l’accordo non superasse il voto dei parlamentari britannici, il Consiglio Europeo propone il rinvio al 12 aprile, data-chiave alla quale i britannici devono decidere in che direzione desiderano andare. In altre parole, fino a quella data, tutte le opzioni restano aperte: il Governo britannico ha la chance di organizzare elezioni europee, poi di chiedere, nuovamente, un rinvio della Brexit, decidere di ritirarsi senza accordo, oppure semplicemente sollecitare la revoca dell’art. 50, quindi rinunciare alla Brexit.
Roxana Vasile, 22.03.2019, 13:45
L’uscita dei britannici dal blocco comunitario era prevista per il 29 marzo, però la premier di Londra, Theresa May, aveva chiesto un rinvio al 30 giugno. Dopo circa sette ore di colloqui, i capi di stato e di governo dell’UE, riuniti a Bruxelles, hanno deciso all’unanimità di concedere al Regno Unito, non uno, ma due scenari di rinvio, ma nessuno fino alla fine di giugno, bensì entrambi scadenti prima delle europee. Più precisamente, secondo il primo scenario, se l’accordo di ritiro negoziato con l’Unione, già bocciato due volte dal Parlamento britannico, verrà tuttavia approvato la prossima settimana, il Consiglio Europeo è d’accordo con il rinvio della Brexit al 22 maggio. Nel secondo scenario, se l’accordo non superasse il voto dei parlamentari britannici, il Consiglio Europeo propone il rinvio al 12 aprile, data-chiave alla quale i britannici devono decidere in che direzione desiderano andare. In altre parole, fino a quella data, tutte le opzioni restano aperte: il Governo britannico ha la chance di organizzare elezioni europee, poi di chiedere, nuovamente, un rinvio della Brexit, decidere di ritirarsi senza accordo, oppure semplicemente sollecitare la revoca dell’art. 50, quindi rinunciare alla Brexit.
Dal punto di vista della Romania, rappresentata al vertice di Bruxelles dal presidente Klaus Iohannis, la separazione senza accordo crea svantaggi a tutti: “L’accordo è buono, abbiamo tutti partecipato alla redazione di questo accordo, è stato negoziato dalla nostra equipe ed è la migliore variante. Una cosiddetta “hard Brexit” è molto problematica, in primo luogo, certamente per la Gran Bretagna, ma non va bene neanche a noi, perché vogliamo costruire un buon rapporto per il futuro e allora è importante cominciare nel modo giusto.” Nel caso — affatto desiderato — in cui l’accordo con l’Unione venisse bocciato per la terza volta dal Parlamento britannico, Bruxelles — tramite la voce del presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker — assicura che i 27 Paesi membri hanno preparato misure per proteggere i cittadini e gli interessi del blocco comunitario. Più esattamente, sono state adottate 19 proposte legislative volte a far fronte a una Brexit dura, soprattutto per quanto riguarda i diritti degli europei, i trasporti aerei e stradali e il settore della pesca.
Per quanto riguarda invece la premier Theresa May, lei vede nella decisione di rinvio della Brexit un’opportunità per il Parlamento britannico di adottare, tuttavia, alla fine l’accordo sull’uscita dall’Unione per porre fine all’incertezza, una volta per sempre. Fonte di preoccupazione per la classe politica, la Brexit ha un notevole impatto anche sullo stato d’animo di milioni di britannici, persone comuni: quattro su dieci sentono rabbia, impotenza o preoccupazione. Secondo un sondaggio, solo il 9% delle persone intervistate vedono nella Brexit un motivo di speranza. Gli europei, invece, non cessano di domandarsi perché tutto questo sforzo.