Bilancio DIICOT
Considerata da gran parte dell’opinione pubblica romena la sorella minore e più riservata della famosa DNA, la Direzione di Investigazione dei Reati di Criminalità Organizzata e Terrorismo (DIICOT) ha un’ampia gamma di competenze, dal contrasto del narcotraffico al monitoraggio dell’estremismo. Martedì, nella seduta in cui è stata analizzata l’attività dell’anno scorso, i procuratori antimafia hanno annunciato che, in base alle requisitorie inoltrate da loro, 3.210 incolpati sono stati condannati in via definitiva dai vari tribunali.
Bogdan Matei, 07.02.2018, 12:00
Una parte significativa dei gruppi di criminalità organizzata è rappresentata da quelli specializzate in traffico di esseri umani e di minori, in generale con lo scopo dello sfruttamento sessuale in Paesi dell’Europa Occidentale. Non sono da ignorare, ammonisce la DIICOT, i gruppi che hanno come principale obiettivo reati contro il patrimonio, il traffico di migranti o il contrabbando di tabacchi. L’anno scorso, i procuratori hanno catturato, in tutto, più di due tonnellate di droga, quasi tre volte di meno rispetto al 2016. La Romania è rimasta, soprattutto, un Paese di transito, essendo situata sulla cosiddetta “rotta balcanica” di trasporto di eroina, cocaina ed ecstasy. La droga più frequentemente trafficata in Romania è la cannabis, portata via terra, soprattutto dalla Spagna e dall’Olanda.
A differenza della maggior parte degli stati dell’Europa Occidentale, la Romania non si è confrontata nel 2017 con una minaccia terroristica concreta e consistente, lo rileva il bilancio della DIICOT. Il capo della procura antimafia, Daniel Horodniceanu, afferma, però, che la radicalizzazione islamica rappresenta in questo momento uno dei principali rischi, in Romania, come dappertutto in Europa. Anche se non è ancora diventata un fenomeno, la radicalizzazione si è amplificata negli ultimi anni, soprattutto tra i residenti provenienti da zone che si confrontano con ciò che i procuratori definiscono problematica terroristica attiva, nonché tra i cittadini romeni convertiti all’Islam.
Specialista nelle questioni del Medio Oriente, il docente universitario Ştefan Popescu ha affermato, in un’intervista a Radio Romania: Non credo che la conversione dei romeni all’Islam e la loro radicalizzazione siano più diffuse che in Paesi come la Francia o l’Italia. Quelle sono, diciamo, le zone predilette. Da noi penso sia un fenomeno minore, ma tuttavia va tenuto sotto controllo. Di recente, ho notato che, quando certe rotte migratorie sono state chiuse, la Romania ha cominciato ad essere considerata parte di una rotta d’entrata in Europa. Sono arrivate imbarcazioni con rifugiati provenienti addirittura dall’Afghanistan, dalla Siria, che sono zone di conflitto.”
Considerato anche tutto questo, il procuratore capo della DIICOT, Daniel Horodniceanu, sostiene la necessità di un aggiornamento della legislazione interna sulla prevenzione e il contrasto del terrorismo.