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Appello per il rilancio dello sport romeno

Dal punto di vista del palmares sportivo, lanno di punta per la Romania è stato il 1984, quando, allOlimpiade di Los Angeles, boicottata dal resto del lager sovietico, si è piazzata al secondo posto nel mondo nella classifica per medaglie, dopo gli USA. Tre anni dopo, Steaua Bucarest era la prima squadra di calcio dietro la Cortina di Ferro a vincere la Coppa dei Campioni dEuropa. Negli anni ‘60-‘70, i giocatori romeni di pallamano sono stati campioni mondiali ben quattro volte. Il romeno Ilie Năstase è stato il primo leader mondiale del tennis maschile. La romena Nadia Comăneci ha ottenuto il primo voto di dieci nella storia della ginnastica mondiale. Sono solo una parte delle grandi vittorie dello sport romeno e tutte risalgono agli ultimi decenni del regime comunista. È una realtà spesso notata dagli storici che lo sport e la politica sono in simbiosi soltanto sotto regimi dittatoriali. Da Berlino a Mosca e da Pechino allAvana, le medaglie olimpiche hanno servito da propaganda a regimi criminali.

Appello per il rilancio dello sport romeno
Appello per il rilancio dello sport romeno

, 13.02.2020, 13:27

Dal punto di vista del palmares sportivo, lanno di punta per la Romania è stato il 1984, quando, allOlimpiade di Los Angeles, boicottata dal resto del lager sovietico, si è piazzata al secondo posto nel mondo nella classifica per medaglie, dopo gli USA. Tre anni dopo, Steaua Bucarest era la prima squadra di calcio dietro la Cortina di Ferro a vincere la Coppa dei Campioni dEuropa. Negli anni ‘60-‘70, i giocatori romeni di pallamano sono stati campioni mondiali ben quattro volte. Il romeno Ilie Năstase è stato il primo leader mondiale del tennis maschile. La romena Nadia Comăneci ha ottenuto il primo voto di dieci nella storia della ginnastica mondiale. Sono solo una parte delle grandi vittorie dello sport romeno e tutte risalgono agli ultimi decenni del regime comunista. È una realtà spesso notata dagli storici che lo sport e la politica sono in simbiosi soltanto sotto regimi dittatoriali. Da Berlino a Mosca e da Pechino allAvana, le medaglie olimpiche hanno servito da propaganda a regimi criminali.



Oggi, lo sport romeno è diventato una Cenerentola. Allultima Olimpiade, di Rio de Janeiro, la Romania ha vinto solo quattro medaglie. La nazionale di calcio non ha più partecipato ad un torneo finale mondiale da oltre due decenni. La squadra maschile di pallamano non conta più nelle competizioni importanti. La famosa scuola romena di ginnastica di una volta forma solo ginnasti mediocri. Su questo sfondo, è apparso, mercoledì, lappello lanciato da alcuni grandi campioni al finanziamento adeguato di questo settore. La ex numero uno mondiale del tennis femminile Simona Halep, la ginnasta Nadia Comăneci, il tennista Ilie Năstase, latleta Gabriela Szabo, la nuotatrice Camelia Potec o il judoka Alina Dumitru sostengono lo stanziamento di almeno l1% del PIL allo sport.



Tutti questi campioni si sono presentati al Senato di Bucarest, su invito di due politici socialdemocratici (allopposizione) che hanno anche avviato un disegno di legge tramite cui la famosa base sportiva di una volta le Arene BNR, sita nel cuore di Bucarest, torni ad essere di proprietà dello stato. I commentatori salutano lappello lanciato dagli atleti, ma accusano fermamente la posta in gioco politica della loro iniziativa. A differenza delle dittature, nella democrazia non funzionano le gerarchie piramidali e le medaglie non possono essere un dovere imposto dal partito. Tutta la classe politica la pensa nello stesso modo, ma un unico premier, allora nazional-liberale, ha avuto la franchezza di dichiarare, più di un decennio fa, che lo sport non è una priorità per la sua squadra esecutiva. Le somme stanziate dal budget dello stato sono state su misura, cioè sempre più basse. Un particolare importante è che, eccezione fatta per le grandi campionesse Gabriela Szabo ed Elisabeta Lipă, nei tre decenni post-comunisti, la carica di ministro dello Sport è stata ricoperta soprattutto da politici quasi anonimi che volevano fare i ministri.

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