Il documentario “Chiese in legno della Romania” in giro per il mondo
Le chiese in legno della Romania, questa volta quelle meno conosciute al grande pubblico, sono protagoniste di un documentario di eccezione, con la regia del romeno Kiki Vasilescu, che è stato presentato, ad aprile, a Roma.
Adina Vasile, 29.04.2016, 18:26
Testimonianza di un tempo in cui le costruzioni in legno si facevano con la tecnica tradizionale, dellincastro senza chiodi, le chiese in legno della Romania, questa volta quelle meno conosciute al grande pubblico, sono protagoniste di un documentario di eccezione, con la regia del romeno Kiki Vasilescu e la cui produzione è firmata da Cristina Iordache. Chiamato appunto “Chiese in legno della Romania”, il documentario presenta la storia dei luoghi di culto risalenti ai secoli XVIII-XIXesimo e delle tecniche costruttive degli edifici in legno quasi dimenticate oggi, ma anche le comunità in cui essi continuano a svolgere la loro funzione.
Il progetto è una produzione “East Movies” ed è stato co-finanziato dallAmministrazione del Fondo Nazionale Culturale della Romania e sostenuto dal Museo del Contadino Romeno, dalla Fondazione Pro-Patrimonio e dallOrdine degli Architetti della Romania. Lambizione dei produttori è di mettere sulla mappa turistica del Paese questi edifici unici dal punto di vista architettonico e storico. Il documentario fa man mano il giro del mondo, grazie alla sua presentazione in diversi Paesi. Per primo, ha fatto tappa, lo scorso 8 aprile, a Roma, alla Biblioteca Vaccheria Nardi.
Ciò che rende inedito questo documentario è luso delle riprese aeree con droni, da oltre 500 metri di altezza, che cercano di cogliere le differenze di stile architettonico e di tipo di legno usato negli edifici di culto di varie regioni storiche romene. Il regista Kiki Vasilescu ha raccontato a RRI che è stata una vera sfida riprendere queste chiese, perchè si trattava di oggetti statici che andavano resi dinamici con gli angoli giusti di ripresa aerea. Il documentario ambisce a illustrare qualcosa di tipicamente romeno in uno stile moderno, come ha raccontato a RRI il regista Kiki Vasilescu.
“Pensando a tutti i documentari realizzati finora su temi simili e constatando che erano troppo statici, abbiamo cercato di trovare una tecnica di ripresa che fosse attraente soprattutto per la giovane generazione, e abbiamo ricorso a movimenti spettacolari della telecamera con laiuto dei droni, puntando sul collocamento di questi monumenti architettonici nel loro contesto naturale e rurale. Con le riprese dallalto abbiamo cercato di far vedere il territorio, le vicinanze, di illustrare attraverso le immagini ciò che raccontano gli specialisti. Ad esempio, che le case contadine sono ispirate allarchitettura delle chiese. Il documentario punta più sullimmagine e sulla musica che sui discorsi degli specialisti”, ha precisato Kiki Vasilescu.
Abbiamo chiesto al regista Kiki Vasilescu quali chiese lhanno colpito di più tra quelle presentate nel suo documentario. “Sono state due: la Chiesa di Deleni, piccolissima, in provincia di Mures, di 18-20 metri quadri allinterno, che sorge in una zona coperta di foreste, in cima ad una montagna, dove ci si sente molto vicini al cielo, perchè si crea un legame speciale tra luomo e la divinità. Laltra è la Chiesa di Leleasca, in provincia di Olt, impressionante per le sue dimensioni. È una cattedrale in legno, risalente al 17esimo secolo, e che ti dà limpressione di comunicazione con il passato e di vivissima religiosità. Abbiamo ripreso soprattutto sulla Valle dellOlt e sulla Valle del Mures, nel sud e nel centro della Romania, perchè abbiamo voluto dedicare il documentario a chiese in legno meno conosciute della Romania, non a a quelle già note, patrimonio dellUnesco, che sorgono in Maramures. Il Museo del Contadino romeno e lOrdine degli Architetti della Romania, che attraverso la Fondazione ProPatrimonio restaurano chiese di gran valore architettonico, ci hanno raccomandato 12 chiese importanti per la storia dellarchitettura e per la storia della Romania. Una di esse è quella in cui scoppiò, nel 1784, la rivolta capeggiata da Horia, Closca e Crisan, di Curechiu, in provincia di Hunedoara, con un campanile impressionante”, ha detto il regista.
Le immagini delle chiese e dei paesaggi in cui sorgono si alternano alle testimonianze delle persone che hanno un legame diretto con queste costruzioni, tra i sacerdoti che celebrano le funzioni religiose, architetti, ma anche abitanti del posto. Le chiese in legno protagoniste del documentario sono realizzate totalmente ad incastro senza lutilizzo di chiodi. In Oltenia, le chiese si trovano ai margini della comunità, anzichè al centro, e intorno sorgono altre costruzioni in legno in cui si svolgono cerimonie religiose dedicate a vari santi, una peculiarità di questa zona. Le chiese dei Carpazi Occidentali sono, invece, contraddistinte dal fatto che fuori, davanti allingresso, si trovano seggiole in legno, il luogo dove si radunavano i vecchi e i giovani per il giudizio. Le chiese di ciascuna zona hanno una loro storia, al di là della tecnica di costruzione. Le chiese dellOlt, ad esempio, non sono state spostate, mentre quelle della Transilvania sono state smontate per essere riassemblate altrove, seguendo le comunità che si erano riunite intorno ad esse. Il documentario mira ad offrire una testimonianza sullesistenza di queste chiese, di cui alcune rischiano di scomparire. Cinque delle chiese proposte al regista dagli specialisti del Museo Nazionale del Contadino Romeno non sono state più trovate perchè scomparse nel frattempo.
Unaltra sfida è stata per i realizzatori la colonna sonora, per cui è stato scelto il fusion, che abbina il jazz alle musiche tradizionali religiose romene, rendendo più dinamica latmosfera. Essa è firmata dallamericano Brian Katona e dallitaliano Pasquale Mollo. “Mi sono documentato sugli strumenti musicali romeni adoperati nelle messe religiose, ho studiato le gamme tipiche dellEuropa Orientale che si sarebbero addette allo stile di questo filmato e ho composto alcuni temi per le varie aree dinteresse del documentario: il legno, la natura e lunicità”, ha dichiarato il compositore americano Brian Katona.
Kiki Vasilescu ci ha parlato anche della collaborazione con il compositore Pasquale Mollo. “Nel momento in cui abbiamo avviato il progetto, lavoravamo già col compositore americano Brian Katona, ma abbiamo cercato di trovare qualcuno che offrisse uno spirito più latino, più vicino al nostro modo di sentire, e abbiamo organizzato un piccolo concorso sui siti specializzati di Hollywood. E Pasquale Mollo ci ha offerto interpretazioni del folclore romeno e della musica religiosa romena molto interessanti, moderne, rendendo il documentario molto dinamico anche dal punto di vista della musica. Un altro elemento di novità sono le animazioni realizzate da unartista britannica, con laiuto delle quali siamo riusciti a presentare dettagli architettonici che altrimenti sarebbero stati difficili da mettere in risalto”, ha precisato il regista Kiki Vasilescu.
Il documentario “Chiese in legno della Romania” è stato selezionato per partecipare, tra il 28 aprile e il 5 maggio, al South East European Film Festival di Los Angeles, dove si contende i titoli di “Miglior documentario” e “Migliore immagine di un documentario”, la partecipazione al festival essendo sostenuta dallIstituto di Cultura romeno di New York. Della sua presentazione a Roma e delle prossime tappe ci ha parlato sempre il regista Kiki Vasilescu.
“Il documentario è stato presentato per la prima volta allestero, l8 aprile, a Roma, dove è stato accolto con molto entusiasmo dal pubblico italiano, impressionato dagli aspetti antropologici illustrati. E siamo stati invitati a ripresentarlo in Italia a settembre-ottobre. Le prossime soste saranno nel successivo periodo, Los Angeles, al Festival del Cinema del Sud-Est Europa, poi Grecia, verso la fine dellestate, e ulteriormente Bielorussia, Polonia, Francia, Spagna e Gran Bretagna. Sarà un periplo europeo abbastanza denso”, ha concluso il regista.