Re Michele I
Re Michele I rientra nel club esclusivo della gente di cui si può affermare di aver cambiato la storia. E lo fece in un momento cruciale per il futuro del suo Paese.
Steliu Lambru, 11.10.2017, 15:05
Re Michele I rientra nel club esclusivo della gente di cui si può affermare di aver cambiato la storia. E lo fece in un momento cruciale per il futuro del suo Paese. Un momento in cui la crisi in cui il Paese stava sprofondando, una crisi di cui lui non era di nessuna maniera responsabile, minacciava con una sorte peggiore ancora. Michele I di Romania nacque il 25 ottobre del 1921 a Sinaia, residenza reale della Romania, come figlio del futuro re Carlo II e della consorte, la principessa Elena. E’ discendente dei più grandi casati reali e imperiali europei – britannico, russo e asburgico. Michele I salì al trono per la prima volta nel 1927, all’età di 6 anni, alla morte del nonno, Ferdinando I. Fu sovrano fino al 1930, sotto una reggenza affidata a tre persone. Nel 1930, il governo della Romania richiamò al trono suo padre, Carlo II, e Michele ridiventò principe ereditario.
La relazione col padre fu estremamente difficile. Michele era anche privo della presenza della madre, di cui il padre aveva divorziato, costringendola anche a lasciare il Paese. Michele ridiventò sovrano a settembre 1940, dopo che la Romania aveva perso dei territori, e la fiducia nei partiti politici era quasi inesistente. Il governo presieduto dal generale Ion Antonescu e formato dalla Guardia di ferro insediò in Romania un regime fascista. Re Michele I ebbe solo un ruolo secondario nella politica del governo, però godette dell’enorme fiducia della popolazione. Il 23 agosto del 1944, Michele I revocò dall’incarico e fece arrestare il maresciallo Antonescu, ricollocando la Romania nell’alleanza democratica. L’azione del 23 agosto 1944 consentì alla Romania, con i Trattati di pace firmati dopo la guerra, di recuperare il nord della Transilvania, uno dei territori perduti nel 1940.
Nel 1993, in un messaggio mandato in onda da Radio Romania, nel 49/o anniversario del 23 agosto 1944, Re Michele I ricordava le circostanze: L’atto del 23 agosto 1944 – indispensabile, benefico e salvatore per la Romania, era stato preparato molto tempo prima. Il 24 gennaio del 1942, in occasione del ricevimento dei Cavalieri dell’Ordine Ferdinando al Palazzo Reale, ho raggiunto un’intesa confidenziale con i capi dei partiti messi al bando – Iuliu Maniu, Dinu Bratianu e Titel Petrescu, leader devoti alla Corona, alla democrazia e alle alleanze tradizionali della Romania, che svolgevano in clandestinità un’azione ferma contro la dittatura e contro Hitler. L’obiettivo di questa intesa era quello di togliere la Romania dalla guerra oltre il fiume Dniester, per schierarla con le potenze occidentali alleate, nella cui vittoria ci si credeva. Di conseguenza, era necessario rimuovere la dittatura e firmare un armistizio militare per salvare il Paese minacciato da un disastro totale. Mi sono assunto la grave responsabilità di applicare il nostro piano, con rischi particolarmente alti, per evitare la decimazione integrale dell’esercito e l’occupazione del Paese. Al Palazzo disponevo di una guardia di 80 persone e due carri armati leggeri, forze derisorie rispetto alle capacità dei tedeschi, che avevano numerose truppe a Bucarest, aerei a Baneasa e carri armati pesanti. L’intero esercito, con tutti i suoi capi, l’unanimità e la dedizione del popolo romeno hanno reso possibile il nostro successo. Per me è stato decisivo l’appoggio dell’Onnipotente. Le successive sofferenze immeritate per il Paese, con l’occupazione militare e il saccheggio sistematico imposto dai sovietici non furono le conseguenze dell’armistizio, bensì l’intesa tra le grandi potenze alleate che decisero di lasciare la Romania sull’orbita dell’Unione sovietica, nonostante le promesse fatte e senza rendersi conto delle conseguenze drammatiche per noi.
Purtroppo, dopo il 23 agosto del 1944, i romeni ebbero il re accanto a loro solo per tre anni ancora. Il 30 dicembre 1947, il sovrano fu costretto dal governo comunista illegittimo ad abdicare e andare in esilio. Tornò nel Paese dopo il 1989, però trovò una Romania completamente diversa.