Eva Heyman
I bambini di Romania si meritano pienamente un posto d'onore nel Centenario celebrato nel 2018. Hanno patito sul fronte, nei campi di concentramento o in carcere, accanto a genitori, fratelli, parenti, amici e connazionali.
Steliu Lambru, 10.10.2018, 12:53
I bambini di Romania si meritano pienamente un posto d’onore nel Centenario celebrato nel 2018. Hanno patito sul fronte, nei campi di concentramento o in carcere, accanto a genitori, fratelli, parenti, amici e connazionali sia direttamente che indirettamente, con la perdita dei loro cari. Ogni anno, il 9 ottobre, la Romania commemora la Giornata Nazionale dell’Olocausto, dedicata alle vittime di Auschwitz e degli altri campi di concentramento della seconda Guerra Mondiale. Il 9 ottobre fu la data alla quale cominciava la deportazione degli ebrei della Bucovina in Transnistria, sotto il regime di Ion Antonescu, alleato della Germania nazista. E uno dei nomi da evocare per ricordare gli orrori di quel periodo è quello di Eva Heyman.
Soprannominata anche Anne Frank della Transilvania o della città di Oradea, la giovane Eva Heyman fu una dell’1,5 milioni di bambini ebrei morti durante la Shoah. Lasciò un diario dal quale la posterità ha appreso come avvertiva la realtà un’adolescente 13enne, come spiegava il proprio mondo circostante, un mondo della disumanizzazione, dell’odio e del genocidio. Lo storico Marius Popescu del Centro per lo Studio della Storia degli Ebrei di Romania ha analizzato il diario di Eva Heyman e spiega come venne creato il ghetto di Oradea, città dalla quale proveniva anche Nyszli Miklos, autore delle celebri Memorie di un medico deportato ad Auschwitz.
Eva Heyman era una ragazza di origine ebrea di Oradea, città che contava una numerosa popolazione ebraica. Come dimensioni, il ghetto di Oradea era il secondo in Ungheria, dopo quello di Budapest. Per di più, era anche molto restrittivo, come d’altronde tutti i ghetti del nord della Transilvania. Lì i gendarmi ungheresi fecero il compito con un eccesso di zelo fuori del comune, che stupì persino i boia nazisti. E faccio riferimento alla velocità con la quale gli ebrei furono trasferiti dal nord della Transilvania. Lungo un paio di settimane, la popolazione ebraica venne deportata e delle città transilvane una volta abitate da moltissimi ebrei, purtroppo ne rimase solo la storia, spiega Marius Popescu.
Eva Heyman cominciò a scrivere il diario un 13 febbraio, nel suo 13/o compleanno. Sin dalle prime pagine traspare la preoccupazione della ragazza, aggiunge Marius Popescu.
Presumibilmente, quando sfogliamo il diario di un ragazzo o di un adolescente, dovremmo leggere cose ben diverse. Ebbene, questo diario altro non fa che rilevare una situazione assolutamente tragica della popolazione ebraica in quei tempi. Sfogliando il diario, viene fuori la fortissima inquietudine di Eva quando venne sequestrata la farmacia del nonno, in seguito ad una legge particolarmente restrittiva che, tra l’altro, consentiva agli ebrei di uscire di casa solo in certe fasce orarie. Una volta confiscata la farmacia, crollava anche la stabilità della casa. Eva descriveva nel diario come un cittadino di etnia ungherese era venuto a impossessarsi senza alcun rimorso della farmacia del nonno. Non dobbiamo dimenticare che il 30 agosto 1940 il nord della Transilvania fu ceduto all’Ungheria. Eva racconta nel diario come ha visto dei romeni espulsi dalle autorità ungheresi. Racconta ugualmente di aver visto facce nuove per la strada, la città era cambiata, moltissima gente era venuta dall’Ungheria. Uno dei motivi invocati per la confisca della farmacia del nonno di Eva, era la sua amicizia con i romeni. Era ritenuto un ebreo che non sosteneva gli ungheresi. Ovviamente, era una cosa assurda, aggiunge Marius Popescu.
Però il grande shock avvenne quando Marta, l’amica di Eva, sparì insieme alla famiglia. Un sentimento ancora più forte della confisca della farmacia del nonno era quello legato all’amicizia con la coetanea Marta, insieme alla quale passava il tempo libero. Come tutti i bambini, andavano in giro in bicicletta, si compravano un gelato che si mangiavano a casa di Marta o di Eva. Tutto andò bene fino al 1941, l’anno in cui le autorità ungheresi espulsero tutti gli ebrei che non potevano dimostrare la cittadinanza. Il padre di Marta proveniva dalla Bucovina, lei era nata a Oradea, perchè sua madre era di questa città. Cosicchè il padre di Marta fu deportato. Nel 1941, gli ebrei raccolti dalle autorità ungheresi furono portati a Kamjanec-Podilskyj e uccisi. Marta e sua madre non si disdissero dal padre e dal marito che non aveva la cittadinanza ungherese, e lo seguirono nel campo di concentramento, dove furono a loro volta uccise. Dal punto di vista psicologico, è questo il momento-chiave del diario, quando il mondo di Eva cambia radicalmente. Non è che prima il mondo fosse stato più felice, però l’immagine in cui l’amica venne portata via dai gendarmi proprio dalla casa di Eva, deportata e uccisa a Kamjanec-Podilskyj, fu il momento che segnò l’inizio del calvario della sua anima. Non esiste pagina del diario in cui Marta non sia evocata nei pensieri e nel suo tormento interiore. Purtroppo, tre anni dopo, pure lei fece la stessa fine, però nel campo di Auschwitz-Birkenau, aggiunge Marius Popescu.
Alle tragedie che circondavano Eva si aggiungeva anche un dolore personale, familiare. La situazione in famiglia era abbastanza agitata. Sua madre, divorziata dal padre, aveva risposato Bela Zsolt, scrittore e giornalista di sinistra. A quei tempi, essere ebreo e, in contemporanea, avere un orientamento di sinistra, era una cosa indesirabile. La madre di Eva e zio Bela, come lo chiamava Eva, non passavano troppo tempo a casa, si nascondevano sempre. Eva Heyman fu allevata soprattutto dai nonni materni. Sfogliando il diario, notiamo un atteggiamento a volte abbastanza freddo di Eva nei confronti di sua madre, spiega ancora Marius Popescu del Centro per lo Studio della Storia degli Ebrei di Romania.
Ho compiuto 13 anni. Sono nata un venerdì 13. Così iniziava Eva il suo diario il 13 febbraio 1944. Il 17 ottobre dello stesso anno, all’età di 13 anni e mezzo, malata di tifo, Eva Heyman fu mandata nella camera a gas.