La nuova cucina romena
In un'epoca in cui si scoprono o riscoprono gastronomie esotiche o poco conosciute e si inventano abbinamenti culinari di tipo fusion, la Romania non può fare a meno di lasciarsi assorbire da questa tendenza.
Christine Leșcu, 18.01.2024, 10:01
In un’epoca in cui si scoprono o riscoprono gastronomie esotiche o poco conosciute e si inventano abbinamenti culinari di tipo fusion, la Romania non può fare a meno di lasciarsi assorbire da questa tendenza. Tanto più che anche la cucina locale è sulla cresta dell’onda. I romeni hanno riscoperto le loro tradizioni culinarie dopo la caduta del comunismo, e il risultato dopo 30 anni emerge dal libro Che c’è di nuovo nella nuova cucina romena scritto da Adriana Sohodoleanu. Dottore di ricerca in sociologia e pubblicista, l’autrice ha trascorso cinque anni studiando il cambiamento del panorama culinario nel nostro Paese e intervistando molti chef famosi. E’ venuta fuori una tesi di dottorato, ora trasformata in un libro per il grande pubblico e scritto con grande gioia, come testimonia l’autrice Adriana Sohodoleanu.
Fondamentalmente, è una tappa del mio percorso, perché mi ha sempre interessato il cibo, all’inizio più per la storia che per il gusto, perché ero molto, molto piccola. Avevo appena imparato a leggere ed ero affascinata dalle storie sudamericane con vari ingredienti molto esotici. Il cibo che mi dava mia madre allora non mi sembrava fantastico. Col tempo ho cominciato a prestare attenzione anche al gusto, e a scoprire non solo gusti, ma anche significati. Se guardiamo attentamente ciò che mettiamo nel piatto e ciò che abbiamo in tavola, spesso riflettono praticamente le nostre paure e i nostri piaceri, ma anche ciò che sta accadendo nella società in un determinato momento. Il cibo è uno specchio della comunità, della società, spiega Adriana Sohodoleanu.
Cosa ha scoperto studiando il fenomeno gastronomico della recente Romania: un recupero delle ricette tradizionali o, al contrario, un’apertura verso cucine sempre più esotiche? La cucina è osmotica, molto permissiva e comporta tanto gioco. Ma d’altro canto, parliamo anche di un recupero dei gusti proibiti. A 30 anni dal cambiamento del regime, abbiamo ancora un grande appetito per il nuovo, per il cosmopolita o per l’esotico molto lontano. Ma la mia gioia viene dal fatto che già da parecchi anni è stato scoperto anche ciò che era l’esotico vicino, familiare ai nostri nonni e che si trova nelle pentole e nelle padelle che abbiamo perduto. Sono ingredienti antichi, sono ingredienti che hanno avuto uno stigma, come l’ortica o l’aglio orsino, usati dai nostri antenati e che ora gli chef stanno riscoprendo, comprendendone le potenzialità. Danno una nuova vita e un nuovo significato a piatti che magari ti vergognavi anche di dire che stavi mangiando perché ti collocavano in un ambito magari conservatore, budget ridotto o meno attraente. Oggi invece va bene, è di moda mangiare la zacusca, fare il pane con lievito madre, fare il cozonac (panettone) e mangiare i piatti che mangiavi a casa dei nonni e dei genitori. La nuova cucina romena fa qualcosa di più perché si appoggia esclusivamente su ingredienti e pratiche locali romene, ma non li riproduce così come li abbiamo colti durante l’infanzia. Si spinge un po’ oltre con una visione personale e molto contemporanea che mira piuttosto a dimostrare che la cucina romena ha anche un altro volto. Oppure può essere diversa, risponde la nostra ospite.
In conclusione, come descriverebbe Adriana Sohodoleanu la nuova cucina romena sperimentata dai maestri culinari da lei studiati? Non direi che stiano portando un ricettario straniero nella nostra cucina, ma piuttosto una nuova ventata con il fatto che due o tre ricette diverse possono essere combinate in un piatto, il che porta ad un piccolo déjà vu: è come se quello che assaggi ti sia familiare, ma allo stesso tempo è completamente nuovo, senza essere scioccante. Lo senti come tuo, come se ti appartenesse. La nuova cucina romena è di nicchia e prima di assaggiarla richiede un po’ di conoscenza, anche un po’ di lettura per comprendere la visione dello chef. Serve una storia anche per capire cosa succede in quel piatto, per capire che tutto quello che succede in questi ristoranti ha un messaggio. E il messaggio è un discorso identitario. Si tratta infatti dell’essere romeni, della gioia e dell’orgoglio di provenire da queste parti, di dimostrare che le nostre tradizioni culinarie possono sedersi ad un tavolo simile a quelli dei ristoranti sofisticati di Parigi, Londra o New York, il che per me è un grande successo, conclude Adriana Sohodoleanu, l’autrice del libro Che c’è di nuovo nella nuova cucina romena.