Epidemie nella storia dei Principati Romeni, testimonianze documentarie
La fine di ottobre e l'inizio di novembre hanno segnato anche al Museo Nazionale di Storia della Romania il 190/o anniversario dell'Archivio Nazionale del Paese.
Ion Puican, 10.11.2021, 19:01
La fine di ottobre e l’inizio di novembre hanno segnato anche al Museo Nazionale di Storia della Romania il 190/o anniversario dell’Archivio Nazionale del Paese. L’impegno congiunto delle due istituzioni ha proposto al pubblico una mostra con un tema scottante e attuale in ugual misura: Epidemie nella storia dei Principati Romeni, testimonianze documentarie. Ce la presenta Cristina Paiușan, ricercatrice scientifica presso il Museo Nazionale di Storia della Romania.
Nel 190/o anniversario, i colleghi dell’Archivio Nazionale di Romania ci hanno proposto la mostra Epidemie nella storia dei Principati Romeni che, secondo me, ha un messaggio di speranza. I documenti risalenti ai secoli XVII-XX indicano che i Principati e i romeni che vivevano in Valacchia e Moldavia sono riusciti a superare le epidemie all’epoca. Pensate che si trattava di peste e colera, le più terribili epidemie sul nostro continente, e la Valacchia e la Moldavia sono state per tantissime volte colpite più o meno da queste malattie con un altissimo tasso di mortalità. Dicevo che la mostra porta un messaggio di speranza. Attorno al 1650, anno al quale risale il primo documento relativo all’epidemia di peste, venne istituita la quarantena, le case dei malati erano pulite e sanificate, mentre le persone affette venivano isolate e curate con le terapie seicentesche. Tutti questi documenti conservati dall’Archivio Nazionale fanno parte del nostro patrimonio nazionale. In questo momento difficile che stiamo attraversando, dobbiamo ricordare che i nostri antenati si sono confrontati per secoli con simili epidemie. All’epoca il termine pandemia non esisteva. Per centinaia di anni, quando scoppiavano la peste o la colera, nei Principati Romeni, nelle città di Brăila e Galați, veniva istituita la quarantena per le persone in arrivo dal sud del Danubio, dall’Impero Ottomano. Cosa significava la quarantena all’epoca? Significava disinfettare tutte le grosse quantità di merci trasportate sul Danubio e un isolamento dei viaggiatori per un periodo compreso tra i 5 e i 14 giorni, entro i quali si riteneva che la malattia si sviluppasse. Sfortunatamente per loro, la storia ci indica che erano costretti a passare i giorni di isolamento sulla nave oppure in uno spazio messo a disposizione nei porti della Valacchia e della Moldavia, proprio per evitare il diffondersi delle epidemie, spiega Cristina Paiușan, che ha fatto riferimento anche all’ultima grande epidemia di colera avvenuta all’inizio del Novecento.
L’ultima epidemia di colera, meno conosciuta, fu attraversata dai romeni durante la seconda Guerra Balcanica, vale a dire nel 1913, quando l’esercito romeno intervenne nel conflitto. Fu una campagna leggera, quasi una passeggiata come dicevano i soldati, fino al giorno in cui apparvero i primi casi di colera. In quel momento, le cose si complicarono, poichè le decine di migliaia di persone partite per il sud del Danubio potevano rientrare solo dopo accertamenti dettagliati e quarantena, in quanto la colera era un grande pericolo. Sono passati solo cent’anni da questa epidemia che ha fatto più vittime della guerra in sè. La seconda Guerra Balcanica non fu segnata da tanti combattimenti, anzi. Un ruolo particolarmente importante fu svolto dal responsabile della campagna contro la colera, il medico Ioan Cantacuzino. Anche il medico Victor Babeș ebbe un notevolissimo ruolo in quel periodo, di particolare rilevanza perchè furono somministrati 900.000 vaccini, conclude Cristina Paiușan, ricercatrice scientifica presso il Museo Nazionale di Storia della Romania.