Charlottenburg, il villaggio tondo come una mela
Nel Settecento, la colonizzazione del Banato, regione storica dellovest della Romania, fu unazione di ampia portata, sistematica e programmata nei minimi dettagli dallamministrazione austriaca.
România Internațional, 04.02.2014, 10:55
Nel Settecento, la colonizzazione del Banato, regione storica dell’ovest della Romania, fu un’azione di ampia portata, sistematica e programmata nei minimi dettagli dall’amministrazione austriaca. All’epoca, il Banato, come la Transilvania, facevano parte dell’Impero Asburgico. Villaggi, città e strade furono disegnati in una simmetria che rispecchiava l’architettura e l’urbanistica dell’epoca.
Sito a soli 50 km da Timisoara, capoluogo della provincia di Timis, Charlottenburg è l’unico villaggio rotondo della Romania. Fu fondato attorno al 1770 da 30 famiglie di svevi, giunti dalla regione Baden-Wurttenberg, dalla Lorena e dal Tirolo, durante il regno dell’Imperatrice Maria Teresa. Gli storici dicono che queste famiglie si erano portate nei bagagli il piano del villaggio rotondo…
“Al centro del villaggio c’è una fontana coperta, con ottima acqua. Attorno c’è una piantagione di gelsi, dietro ai quali si trovano le case, che hanno nel cortile la stalla e la tettoia. Segue il giardino in cui c’è della vite. Tutte le case hanno la stessa altezza e la stessa distanza tra di esse, con un bellissimo stile simmetrico; al pari dei quattro ingressi nel villaggio, con la stessa distanza l’uno dall’altro.” Così veniva descritto Charlottenburg, il 5 marzo del 1779, da Johann Kaspar Steube, autore delle “Lettere dal Banato”.
La storia del villaggio non è molto diversa da quella dell’intera zona. A seconda dell’occupazione del Banato, cambiarono anche i proprietari del villaggio, ungheresi o austriaci, fino al 1921, quando la riforma agraria diede ai contadini le terre in proprietà, con la Grande Unione del 1918, alla fine della prima Guerra mondiale. All’inizio del Novecento, nelle vicinanze di Charlottenburg fu fondato un parco di caccia, dove furono portati dalla Serbia dei daini, e dalla Boemia dei cervi.
All’inizio, vi venivano a caccia il fondatore del parco, il conte Siegfried von Wimpffen e i suoi ospiti, e più tardi i membri della corte reale romena, nel dopoguerra i soldati russi e i leader comunisti, e infine, i cacciatori dilettanti giunti da tutta l’Europa, in cerca di lupi, lepri, cinghiali, otarde e quaglie.
La comunità è rimasta relativamente chiusa fino al dopoguerra. Molti uomini non tornarono più dal fronte. Nel 1945, 43 furono condannati ai lavori forzati e deportati nell’Unione sovietica. Il villaggio fu anche costretto alla collettivizzazione comunista. Le terre furono nazionalizzate e tutti i contadini furono obbligati a lavorare nelle cooperative agricole di produzione del regime.
Sul sito sarlota.de, Erhard Berwanger, abitante del posto, evoca l’atmosfera di Charlottenburg negli anni ‘60: “La preghiera, tenuta a fine ottobre, mi è rimasta in memoria come la più importante festa del villaggio. Allora si radunavano tutti i parenti, si abbatteva il gallo, che veniva cucinato e servito con salsa di rafano. I giardini delle case, grazie alla topografia del villaggio, erano abbastanza grandi e permettevano in gran misura l’auto approvvigionamento. Ma non ci fu per niente una vita idilliaca. Ci si lavorava sodo, con delle pause solo per le domeniche e le feste religiose, Con la nazionalizzazione delle terre, i contadini furono colpiti duramente. Il periodo più bello era quando le accace e i tigli erano in fiore e il profumo avvolgeva il villaggio. O d’estate, durante la fienagione. Al tramonto si sentivano dal parco di caccia i ruggiti dei cervi. In autunno, i giardini erano invasi dai cinghiali, per cui si dovevano custodire attentamente le colture. Ricordo che mentre si faceva la guardia, mio zio Philipp raccontava della sua deportazione in Russia, della lunga strada del ritorno e della peregrinazione di due anni dalla Germania, verso casa.”
Oggi a Charlottenburg vive un unico tedesco. Ce lo ha confermato Mircea Sârbu, segretario al Comune di Bogda, che include anche Charlottenburg. Gli abbiamo chiesto cosa è successo con la comunità sveva del villaggio rotondo.
“Dopo il 1990, sono rimaste solo 5-6 famiglie di etnia tedesca, cosicchè oggi nel villaggio ce nè uno solo. Non ha voluto partire per la Germania, data la sua età avanzata. Le case vendute dagli svevi sono state comprate da gente di Timisoara, che le hanno riallestite e vi abitano d’estate, o nei fine settimana. C’è un agriturismo solo nel villaggio vicino, ad Altringen”, spiega Mircea Sârbu.
Charlottenburg è l’unico villaggio costruito a forma di cerchio in Romania, per cui è stato dichiarato monumento storico dal Ministero della Cultura, ci ha detto Mircea Sârbu.
“La località ha uno statuto speciale, ai sensi della legge. Per ogni attività economica, per ogni costruzione, ci vuole l’avviso del Ministero della Cultura. Siccome è unico in Romania, anche noi, come autorità locali, lo proteggiamo per conservare la sua l’originalità. A quanti hanno chiesto autorizzazioni per costruire vari edifici, abbiamo spiegato che serve assolutamente l’approvazione degli specialisti, per non ledere l’aspetto storico della località”, aggiunge Mircea Sârbu.
Oggi il villaggio somiglia più a una mela. Nel mezzo ci sono la chiesa e la scuola, nuclei simbolici di una comunità dalla quale è rimasto solo un cerchio quasi perfetto di case. I 199 abitanti mantengono vivo il villaggio, mentre chi vi giunge dalla città lo visita solo per riposo e svago. A 2 km, c’è una piccola stazione ferroviaria.