Alla riscoperta dell’antica cucina romena
Mona Petre ha lasciato il suo lavoro pubblicitario per avvicinarsi ai ritmi lenti e più propizi alla contemplazione della natura e alla cucina tradizionale romena.
Christine Leșcu, 06.12.2021, 19:26
Dopo tanti anni trascorsi tra le mura di un’agenzia pubblicitaria, a ritmi di lavoro troppo frenetici, il bisogno di evasione si fa sempre più forte. Lo stesso è accaduto con Mona Petre otto anni fa, quando ha lasciato il suo lavoro pubblicitario per avvicinarsi ai ritmi lenti e più propizi alla contemplazione della natura e alla cucina tradizionale. Il risultato è stata la scoperta o la riscoperta delle proprietà alimentari della vegetazione spontanea che la gente di una volta usava comunemente in cucina. E le scoperte di Mona Petre sono state condivise per primo attraverso il blog e il progetto online Erbe dimenticate, e più recentemente con il libro pubblicato presso l’editrice Nemira e intitolato Erbe dimenticate. La nuova vecchia cucina. Ma tutto ha preso lo spunto dalla voglia di tornare a un’infanzia più lenta, ricorda Mona Petre.
Sono cresciuta in campagna – forse è molto da dire in campagna, insomma nella periferia di Bucarest, sulle rive del fiume Dambovita, quindi ricordo l’allora abbondante vegetazione della zona. Non posso necessariamente dire he ora sto comunicando delle cose che conosco dall’infanzia. Le informazioni su piante e funghi non venivano trasmesse allora come, purtroppo, neanche oggi, da una generazione all’altra. In generale, la flora spontanea è diventata un argomento di nostro interesse, forse anche perché i prodotti che acquistiamo oggi sono immediatamente disponibili nei negozi. Così il nostro rapporto con la natura è diventato più turistico, andiamo a scoprirla nei fine settimana in montagna o al mare o in campagna, ovunque possiamo. Ma il nostro rapporto con la natura in termini di cibo – parlo di gente di città – è piuttosto poco esplorato, spiega Mona Petre.
L’esplorazione della natura è stata accompagnata, nel suo caso, dall’approfondimento del passato attraverso lo studio dei libri di cucina storici e l’approfondimento delle conoscenze botaniche. A poco a poco, ha iniziato a inventare i suoi piatti, aggiungendo fantasia nelle antiche ricette. Mona Petre ci racconta anche come le ha trovate.
Ho raccolto informazioni su varie piante di cui sapevo molto poco. Poi abbiamo iniziato a indagare sulla storia locale, la storia romena di alcune piante che sono tornate nei negozi e nei supermercati. È stata una sorpresa scoprire che la maggior faceva parte della gastronomia locale prima di scomparire gradualmente per vari motivi. E qui mi riferisco ad asparagi, indivie e carciofi, per esempio, che sono scomparsi anche dalle edizioni successive del famoso libro di cucina di Sanda Marin. Sappiamo che pubblicò la prima edizione nel periodo tra le due guerre e poi le successive edizioni comuniste iniziarono gradualmente ad eliminare le ricette in cui usava questi ingredienti perché ormai non erano più disponibili sul mercato. Ho iniziato a raccogliere informazioni dai libri, andare in biblioteche e fare ricerche su Internet sulla gastronomia di altri paesi. È così che ho scoperto il concetto di ricerca del cibo, ossia l’attività di raccolta e utilizzo di cibo spontaneo o selvatico di un determinato territorio. Poi, leggendo molto su questo argomento e cercando esempi nella gastronomia dei varia angoli del mondo dove si utilizzano piante uguali o simili, ho iniziato a cucinare sempre di più. È vero che mi ha aiutato anche questo periodo di pandemia degli ultimi due anni, che in qualche modo mi ha spinto verso una vita domestica più isolata, e quindi ho passato molto tempo portando avanti questa passione e cucinando in una maniera sempre più esotica, conclude Mona Petre. In effetti, si tratta di un esotico locale, e Mona Petre è diventata la propria cavia con le ricette raccolte nel libro Erbe dimenticate. La nuova vecchia cucina.
Il volume non è solo un ricettario, ma anche una storia della gastronomia e una guida alla cucina sostenibile senza teflon, microonde o plastica, solo con vasi tradizionali come la ceramica o la ghisa. Quindi un invito alla cucina lenta, sana ed ecologica.