Stalin e lo stalinismo
Il 5 marzo 1953 morì Josif Vissarionovič Stalin, il più sanguinoso criminale della storia, come caratterizzato non dagli avversari, ma dalle innumerevoli prove degli omicidi commessi dal suo regime.
Steliu Lambru, 01.04.2013, 18:03
Il 5 marzo 1953 morì Josif Vissarionovič Stalin, il più sanguinoso criminale della storia, come caratterizzato non dagli avversari, ma dalle innumerevoli prove degli omicidi commessi dal suo regime. A 60 anni dalla sua morte si possono dire su di lui solo parole attinenti alla memoria attiva. Sebbene sia parte della storia dell’Unione Sovietica, per l’impatto globale che lui rappresentò nel periodo 1945 – 1991, Stalin è anche parte della storia di molte nazioni e, purtroppo, anche di quella dei romeni.
Stalinismo è il nome dato dal pensiero politico alla tirannide: la più orrenda forma di governo politico in cui i principali elementi furono la volontà di un unico uomo e il terrore. Lo stalinismo portò le pratiche tiranniche all’apogeo, approvate però anche da individui e società, il che ha significato l’accecamento di fronte all’ideologia. Liviu Rotman, docente presso la Scuola Nazionale di Studi Politici e Amministrativi di Bucarest, è del parere che l’attaccamento degli altri all’ideologia e alla persona del conduttore, cioè alla sua incarnazione, sia la spiegazione della comparsa e della sopravvivenza dello stalinismo.
“Nella definizione del tipo di regime comunista ci sono più approcci. C’era l’approccio ai tempi di Stalin, quando era considerato la più alta forma dell’ideologia comunista e della sua purezza. Si parlava di scrittori, storici, attori, pittori stalinisti, attivisti di partito stalinisti e tale attributo era un pregio, un omaggio. In generale, significava che loro erano i comunisti più decisi, duri e pieni di energia. Stalin stesso si era assunto questo pseudonimo, perché stal in russo vuol dire acciaio. L’idea che voleva imporre era che la sua politica fosse dura come l’acciaio, ma giusta e orientata verso l’adempimento agli ideali comunisti”, spiega Liviu Rotman.
La percezione popolare dello stalinismo può essere però ingannevole. Per quanto sia autoritario, un tiranno deve essere credibile di fronte a coloro che lo sostengono. In altre parole, è necessario che il suo pensiero politico sembri logico a chi lo ascolta. Lo storico Cristian Vasile dell’Istituto di Storia Nicolae Iorga di Bucarest spiega in che cosa consisteva il pensiero politico di Stalin.
“Erik Van Ree, specialista nel sistema politico sovietico, ha pubblicato un libro molto importante, “Il pensiero politico di Stalin”. Il libro è importante perché Erik Van Ree ha avuto l’opportunità di studiare negli archivi russi un certo tipo di fonte storica, le numerosissime note scritte da Stalin stesso sui libri della propria biblioteca. Questa fonte di informazioni è eccellente, Erik Van Ree l’ha sfruttata molto bene, ed ha modificato in un certo modo la percezione su Stalin e sullo stalinismo, soprattutto per quanto riguarda le fonti di ispirazione del suo pensiero politico. Van Ree pensa che si possa parlare di un pensiero, di una coerenza forte di Stalin. Cosa scopre Van Ree? C’è stata una grande discussione nella storiografia occidentale sulla fonte delle idee di Stalin: la tradizione autocratica russa, da Ivan il Terribile a Pietro il Grande come modernizzatore, che Stalin avrebbe preso come modello, oppure il marxismo occidentale, il movimento rivoluzionario dell’Occidente. Van Ree ha scoperto che la principale fonte di ispirazione di Stalin sembra essere stata la tradizione rivoluzionaria occidentale, la tradizione giacobina. Ed ha trovato persino note scritte da Stalin in tal senso, evidentemente passate per il filtro del pensiero leninista”, spiega lo storico.
Molte opinioni espresse dopo il crollo del comunismo hanno attribuito la colpa del disastro all’incapacità dei leader sovietici di implementare gli scritti di Marx. Liviu Rotman ha voluto sottolineare la natura essenzialmente stalinista del regime comunista e l’impossibilità del suo funzionamento in condizioni diverse da quelle create tramite la tirannide.
“Secondo me, Stalin, con il terrore e il suo sistema politico, ha significato forse il comunismo più puro. In generale, quando si è tentato di uscire dai cliché stalinisti, già dai tempi di Krusciov, il comunismo ha cominciato a scricchiolare, a non poter più adempiere ai suoi scopi. Proprio per questo, i sovietici tentarono di tornare allo stalinismo nel periodo di Brejnev il quale, senza annunciarlo pubblicamente, tentò di tornare alle pratiche staliniste. Nei Paesi-satellite, tra cui anche la Romania, questa immagine di Stalin è criticata, le sue statue scompaiono. Ma ciò era solo una facciata, la continuità del comunismo chiedeva il mantenimento tacito dello stalinismo, in un modo o in un altro, a seconda del contesto nei vari Paesi. Lo dico perché allorquando ci furono opinioni negative nei confronti di Stalin, si riferivano a Stalin stesso. Come se il comunismo, poststalinista o ante stalinista, fosse più umano, più vicino alla natura umana e all’andamento normale della storia”, afferma Liviu Rotman.
Stalin e lo stalinismo hanno costituito modelli non solo per le società con un deficit di democrazia. Nel mondo democratico ci sono state simpatie per il suo modo di dirigere, il che dimostra che la democrazia non è un fatto naturale che funziona senza sincope. Ci sono stati degli Stalin, più piccoli e più grandi, che hanno imitato molto bene l’originale. Ma la verità, che non è solo un concetto filosofico, ma anche uno storico, si è imposta, come sempre. (trad. Gabriela Petre)