Ricordi su Brancusi
Ritenuto padre della scultura moderna, Constantin Brancusi è forse lartista romeno più conosciuto nel mondo e il suo nome compare nelle più importanti classifiche degli autori e delle opere di tutti i tempi.
Steliu Lambru, 30.03.2014, 13:54
Ritenuto padre della scultura moderna, Constantin Brancusi è forse l’artista romeno più conosciuto nel mondo e il suo nome compare nelle più importanti classifiche degli autori e delle opere di tutti i tempi. Però Brancusi non amava la celebrità, anzi, era austero, preoccupato della propria arte e abbastanza riservato nei confronti della gente e nei rapporti con i media. E’ uno dei motivi per cui non esistono interviste registrate e anche i filmati sono pochissimi.
Ma Brancusi è vissuto nella memoria di coloro che lo hanno conosciuto e che il Centro di Storia Orale della Società Romena di Radiodiffusione ha intervistato oppure è entrato in possesso di registrazioni conservate in vari archivi. Una delle persone che hanno conosciuto personalmente Brancusi è stato il critico d’arte George Oprescu, che nel 1963 raccontava alla Radiodiffusione Romena dei suoi due incontri con lo scultore. Il primo incontro è avvenuto dopo la prima guerra mondiale nello studio parigino dell’artista, in via Impasse Ronsin, dove è vissuto per mezzo secolo, dal 1907 fino alla sua morte avvenuta nel 1957.
“L’atelier di Brancusi, molto spazioso, era occupato interamente da enormi travi di legno antico, alcune larghe 50 — 60 cm e lunghe qualche metro, portate da un villaggio della Bretagna in cui erano state abbattute più case. Alcune di queste travi aspettavano la meravigliosa mano dell’artista. Uno poteva quasi pensare di trovarsi sotto terra, dove un ciclope si preoccupava di trasformare quel materiale legnoso in cose che avrebbero poi destato lo stupore della gente. E siccome all’epoca ero molto appassionato di Wagner e della mitologia wagneriana, niente mi sembrava estraneo come aspetto a ciò che mi capitava di vedere”, ricordava George Oprescu.
Nel 1937, Oprescu tornò a Parigi, nell’atelier di Brancusi, e rivide l’artista un po’ cambiato nel suo ambiente, anch’esso diverso. “Stavolta a dare un aspetto particolare all’atelier non erano più le immense travi dell’altra volta. In questo periodo, Brancusi era preoccupato della scultura in pietra e in metallo levigato. Opere di questo tipo, installate su piattaforme mobili messe in moto da un meccanismo elettrico, mi hanno colto di sorpresa, e non proprio in modo piacevole. E’ seguito un pranzo preparato dall’artista e una conversazione di almeno due ore su ciò che vedevo. Nell’aspetto di Brancusi colpiva ciò che mi si era inciso nella mente come un ricordo indimenticabile già dal primo incontro con lui, la nobiltà rustica del suo aspetto, la sveltezza dei movimenti, il suo corpo forte, anche se non molto alto. Ma soprattutto gli occhi erano straordinari! Piccoli, però pungenti, ora sorridenti, ora gravi, ora ironici, capaci di farti capire cosa succedeva nella sua anima. Parlava lentamente, chiaramente e solo dopo aver pensato a lungo. Quella sera mi sembrava circondato dalla serenità dell’artista che era finalmente arrivato alla verità suprema dell’arte”, aggiungeva il critico.
Dyspré Paleolog è stato giornalista di Radio Romania negli anni della seconda guerra mondiale e si rifugiò a Parigi dopo l’occupazione sovietica. Da studente, cominciò a frequentare Brancusi, collega di facoltà di suo padre. “Era molto legato a mio padre. Gli anni di facoltà li avevano passati insieme, erano amici per la pelle. Mio padre ha scritto i primi libri su Brancusi, 4 o 5, e l’ultimo l’ho fatto stampare a spese mie, in francese ed è stato molto apprezzato nel mondo culturale di Parigi e dai maggiori esperti dell’arte di Brancusi. L’artista mi ha aiutato con i suoi consigli, mi ha accolto 5-6 volte grazie al libro e all’amicizia che lo legava a mio padre ed abbiamo avuto conversazioni molto interessanti. Aveva pochissimi contatti con i romeni, evitava la comunità romena, che viveva un periodo di riadattamento divisa in più gruppi: c’erano gli anticomunisti dichiarati, i democratici e quelli di sinistra. Pochissimi erano comunisti ferventi. Ho seguito anch’io l’esempio di Brancusi ed ho evitato di entrare in contatto con loro”, ricordava Dyspré Paleolog.
L’ufficiale e professore Virgil Coifan si è ricordato di una festa ai monumenti di Târgu Jiu nel 1938 e di ciò che è stato detto allora a Brancusi. “Andammo nel parco di Târgu Jiu ad aspettare il prefetto. Il direttore della scuola primaria di Tismana incontrò Brâncuşi, con il quale parlava amichevolmente. Non ricordo se fossero parenti o solo stretti amici. Gli disse: “Maestro, gli abitanti di Gorj dicono che li hai presi in giro con queste opere che hai fatto qui!”. E Brancusi rispose: “Così dicono i nemici del signor Tătărescu”. Disse anche che i Tătărăscu lo avevano aiutato molto a realizzare quelle opere monumentali e che Aretia Tătărăscu aveva insistito affinché realizzasse un momento degli eroi della prima guerra mondiale”, ricordava, da parte sua, Virgil Coifan.