Pluralismo confessionale nella Romania del primo dopoguerra
La Romania del primo dopoguerra era una Romania molto diversa da quella creata nel 1859 tramite l'unione della Moldavia alla Valacchia. Era più diversa politicamente e culturalmente, con più minoranze e nuove sfide e ambizioni.
Steliu Lambru, 08.03.2021, 13:20
La Romania del primo dopoguerra fu una Romania molto diversa da quella creata nel 1859 tramite lunione della Moldavia alla Valacchia. In seguito allunione con territori degli imperi confinanti, russo e austro-ungarico, il Nuovo Regno di Romania diventava un Paese più diverso politicamente e culturalmente, con più minoranze e nuove sfide e ambizioni. Le minoranze religiose godevano di pari diritti e le loro manifestazioni erano collegate al comportamento della maggioranza. Infatti, la maggioranza e le minoranze hanno sempre funzionato insieme e la loro separazione è stata fatta solo nella ricerca storica.
Sulla Grande Romania si è scritto tanto negli ultimi tre decenni, tra cui numerosi volumi di storia politica e diplomatica. Il libro dello storico Roland Clark, professore presso lUniversitatà di Liverpool, “Sectarism and renewal in 1920s Romania. The Limits of Orthodoxy and Nation-Building”, si concentra sui cambiamenti dovuti al pluralismo religioso e confessionale in Romania dopo la Prima Guerra Mondiale. I cambiamenti legislativi e istituzionali hanno reso la Romania più democratica e hanno portato allo sviluppo dello spirito civico. Clark ha individuato tre voci nel pluralismo confessionale: quella ortodossa, quella cattolica e quella dei culti neoprotestanti che raccontano tre storie che vanno riunite in una sola.”Tutte tre si intrecciano. Non si può parlare della fondazione della Patriarchia ortodossa senza parlare dei cattolici e dei neoprotestanti. Il movimento neoprotestante ricevette un forte impulso dai cambiamenti inziati nella Chiesa Ortodossa, da teologi ortodossi, persino vescovi, e dallo stesso patriarca che orientò la Chiesa Ortodossa verso la partecipazione dei laici. Ciò portò alla nascita di movimenti come il Nido di cicogne di Bucarest e lEsercito del Signore. È in realtà ununica storia in cui tutto è collegato e non può essere separato”, spiega Clark.
Gli anni 20 furono gli anni della ricostruzione dopo la Grande Guerra e lo slancio si manifestò tramite le vocazioni religiose. Roland Clark crede, però, che nello studio del nuovo spirito religioso dellepoca non si può non tenere conto dellestensione dei diritti politici e dellintegrazione delle nuove province nello stato romeno.”Il fatto che sia nata la Grande Romana conta tantissimo. La nascita della Grande Romania ha significato democrazia e tutti gli uomini hanno ricevuto il diritto di voto. Ha significato anche limplicazione dei cittadini abituali nella politica dello stato, e che lunione della Transilvania, della Bucovina e del Banato e di altre province è stata fatta in una nuova Chiesa. È stata fondata una chiesa nazionale col rango di Patriarcato. Come governare la Chiesa in Transilvania che aveva tanti laici ai suoi vertici, ma anche quella in Bessarabia nel contesto della rivoluzione russa? Fu dato anche loro il diritto di far parte della direzione. Quando venne in Romania quello che sarebbe diventato il patriarca Miron Cristea, lui volle dirigere la Chiesa assieme al suo omologo di Bucarest. Ma gli arcivescovi metropoliti della Transilvania e Bassarabia, molto influenti, vi si opposero. Era un gioco di potere in cui si doveva dimostrare il potere e la presenza della propria Chiesa.”
Il pluralismo confessionale significò anche la presenza di movimenti ecclesiali e di Chiese evangeliche dallOccidente, oltre alla Chiesa Cattolica, in Romania. Essi non furono ben accolti dalla Chiesa Ortodossa maggioritaria con la quale erano in competizione. Ma il quadro legale che garantiva pari diritti alle varie convinzioni e pratiche religiose contò moltissimo e la loro presenza sifgnificò in fin dei conti uninflusso reciproco. “La Chiesa neoprotestante si affermò rapidamente dopo il 1918 grazie al legame con lOccidente, il che preoccupò la Chiesa Ortodossa. Tutto ciò che affermava pubblicamente la Chiesa Ortodossa su qualsiasi giornale e libro era attaccato dai neoprotestanti. Ma la Chiesa riteneva il problema fosse al suo interno, che loro stessi non fossero abbastanza cristiani, che la Chiesa stessa non avesse sufficiente vitalità, che la Chiesa andasse cambiata per proteggersi dal neoprotestantesimo”, racconta Roland Clark.
Limpatto che ebbe il pluralismo confessionale sulla maggioranza ortodossa mostrò che persino le strutture più conservatrici, come erano considerate quelle della Chiesa Ortodossa, potevano essere riformate. “La Chiesa Ortodossa cambiò radicalmente, come anche il cristianesimo ortodosso, negli anni 20. Lidea di predica domenicale, lidea che la gente abituale deve leggere la Bibbia, avere un comportamento decente, smettere di dire parolacce, andare in chiesa ogni settimana, tutto ciò è diventato normale allinizio del Novecento e dopo la Prima Guerra Mondiale. Grazie al bonus istruzione, più cittadini sapevano leggere, la religione era diventata più interessante. Apparvero movimenti di rinascita religiosa che partirono dal basso, da persone come Tudor Popescu, Dumitru Cornilescu con le sue traduzioni, e Iosif Trifa, e che godevano di sostegno dal vertice. Questi non erano movimenti ispirati allOccidente o agli stranieri, scaturiti dallanima romena, grazie alla gente abituale”, ha spiegato Clark.
Il pluralismo confessionale nella Romania degli anni 1920 significò unapertura della società verso le nuove idee dopo la Grande Guerra. Fu un mix tra nuove tendenze, vecchie aspirazioni, riforma e integrazione. Molti obiettivi furono raggiunti, alcuni no, e le frustrazioni esplosero nel radicalismo del decennio successivo.