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L’occupazione di Bucarest (1916-1918)

A dicembre 1916, Bucarest era occupata dagli eserciti delle Potenze Centrali e le autorità romene si rifugiavano a Iaşi. Il regime di occupazione fu molto duro, la Romania essendo trattata da Paese sconfitto.

L’occupazione di Bucarest (1916-1918)
L’occupazione di Bucarest (1916-1918)

, 13.01.2017, 17:59

A dicembre 1916, Bucarest era occupata dagli eserciti delle Potenze Centrali e le autorità romene si rifugiavano a Iaşi. Il regime di occupazione fu molto duro, la Romania essendo trattata da Paese sconfitto. La pace fu firmata a marzo 1918 a Bucarest, ma non venne mai ratificata da re Ferdinando I. Per fortuna, l’occupazione durò solo fino a novembre 1918, quando la prima guerra mondiale si concluse lasciando però indietro circa 10 milioni di morti.



Assieme allo storico Sorin Cristescu dell’Università Spiru Haret di Bucarest abbiamo analizzato quello che ha significato il regime di occupazione instaurato dall’esercito tedesco, dopo la sua entrata a Bucarest: “L’entrata avvenne su colonne. Il maresciallo Mackensen prese un’auto decappottabile e arrivò prima delle truppe austro-ungariche al Palazzo reale di Bucarest, che gli fu offerto come residenza. Ma non lo utilizzò, si insediò nella casa Meitany e in città fu instaurata l’amministrazione militare, che durò — come raccontava un cronista dell’epoca, Virgiliu Drăghiceanu – 707 giorni. Esiste anche un libro intitolato proprio “707 giorni sotto la cultura del pugno tedesco.”



L’occupazione fu dura. I vincitori approfittarono della debolezza degli sconfitti e agirono secondo la propria volontà, come racconta Sorin Cristescu: “Vi fu un saccheggio organizzato, esercitato sulla popolazione civile, che fu costretta a fornire grosse quantità di zucchero e lenzuola. Tutti i cancelli e i metalli di Bucarest, persino alcune campane furono utilizzati per la realizzazione dei cannoni tedeschi. L’occupazione portò anche restrizioni di traffico. Si cercò lo sterminio dei cani randagi tramite fucilazione. Se dovessimo credere al politico Constantin Argetoianu e a quanto descritto nelle sue memorie, tutte le prostitute furono portate in una caserma, a Mizil, sottoposte a esami medici e quelle malate furono curate a spese dello stato. Ma i tedeschi avevano anche ammiratori, tra cui i politici conservatori Alexandru Marghiloman e Petre P. Carp. Carp diceva che “le strade di Bucarest non erano mai state così ben spazzate. Questi tedeschi dovrebbero rimanerci ancora 10 anni per civilizzarci.” Ma il saccheggio nei confronti della popolazione civile, che interessava tutto quello che significava agricoltura e greggio, fu enorme, tutte le sonde petrolifere essendo distrutte. Mackensen aveva a disposizione 100.000 prigionieri ai quali chiese chi aveva lavorato nell’industria del greggio. Chi aveva lavorato, ottenne il diritto a restare in Romania, gli altri furono inviati in Germania. Così, entro sei mesi, l’industria petrolifera fu rimessa in sesto.”



Quale fu l’atteggiamento delle altre truppe di occupazione? Sorin Cristescu. “I bulgari rimasero “famosi” per il saccheggio della famosa confetteria “Capşa”, dove c’era una collezione di liquori fini, e per quello della Biblioteca dell’Accademia Romena, dove cercarono di rubare dei manoscritti. Il momento più importante si verificò a gennaio 1917 quando i bulgari rubarono le reliquie del santo Dimitrie Basarabov. In quell’inverno molto freddo, caricarono le reliquie su una macchina che si guastò vicino al fiume Danubio. Anche se non si fosse guastata la macchina, il maresciallo Mackensen avrebbe comunque annientato il tentato furto. Lo storico dell’arte Alexandru Tzigara-Samurcaş andò da Mackensen, gli spiegò la situazione e Mackensen concordò che i bulgari dovevano essere catturati subito e le reliquie restituite. Quanto ai soldati turchi, furono molto contenti di recuperare i due cannoni che affiancavano la statua di Michele il Bravo. Erano due cannoni catturati a Plevna nel 1877 dall’esercito romeno e che l’esercitò turco recuperò in maniera “gloriosa”. Per quanto riguarda invece le truppe austro-ungariche, non vi furono problemi particolari.”



La conquista del sud della Romania e di Bucarest significò un vero colpo per le Potenze Centrali, così percepito da tutti coloro che hanno lasciato documenti scritti. Sorin Cristescu: “Se leggiamo le memorie, alcune molto divertenti, dei tedeschi che hanno partecipato alla campagna di occupazione della Romania, scopriamo che era stata soprannominata la “campagna del gallo grasso”. Cioè hanno trovato ingenti quantità di cibo. I tedeschi sono andati al ristorante e hanno ordinato tutti i piatti del menu. Hanno certamente pagato e hanno mangiato a piacimento. Il problema era che quei soldati, considerati di seconda linea, si sono ripresi così bene entro qualche settimana, che i medici hanno detto che erano perfetti per combattere in prima linea. E allora, hanno cominciato a inventarsi varie malattie. Dopo l’insediamento dell’occupazione, il generale von Morgen ha deciso che ciascun soldato inviasse a casa, ogni mese, 12 chili di alimenti. Morgen scriveva “Guai al soldato che torna dal congedo avendo qualcosa da mangiare nello zaino”. Nessuno aveva il permesso di tornare dalla Germania portando cibo con sé, perché in Germania si moriva di fame durante la guerra. Senza la conquista del sud della Romania, del Bărăgan, la situazione sarebbe stata molto grave. Così fu annunciato in Germania: che la Romania era stata conquistata, sebbene non fosse vero perché solo due terzi del Paese erano stati conquistati. Chi aveva parenti nell’esercito di occupazione in Romania era tranquillo perché non c’erano più combattimenti e ricevevano ogni mese 12 chili di alimenti. E d’un tratto, nell’estate del 1917, arrivò la brutta notizia: almeno 10.000 tedeschi erano morti nei combattimenti avvenuti in località con nomi strani: Mărăşti, Mărăşeşti, Oituz.”



L’occupazione di Bucarest si concluse dopo quasi due anni, a novembre 1918, portando la gioia della vittoria, il ritorno alla normalità e una Romania più grande. (tr. G.P.)


foto: pixabay.com
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