Liviu Babeş, un martire civico
Il 2 marzo del 1989, un uomo scendeva in fiamme sugli sci sulla pista Bradu di Poiana Braşov, davanti a centinaia di turisti. Era una protesta contro la situazione catastrofica cronicizzata in cui il regime comunista aveva gettato la società romena.
Steliu Lambru, 24.03.2019, 18:59
Il 2 marzo del 1989, un uomo scendeva in fiamme sugli sci sulla pista Bradu della stazione montana Poiana Braşov, davanti a centinaia di turisti. Crollato vicino ad un albero, fumeggiante e urlando, luomo ebbe ancora la forza di togliere dal vestito bruciato un pezzo di cartone sul quale cera scritto: “Stop Murder. Braşov = Auschwitz”. Era una protesta contro la situazione catastrofica cronicizzata in cui il regime comunista aveva gettato la società romena. Era anche un messaggio di solidarietà con gli scioperi anticomunisti degli operai negli stabilimenti “Bandiera rossa” e “Il Trattore” di Brasov, del novembre 1987, repressi violentemente.
A 30 anni dal suo gesto estremo, ciò che fece Liviu Babeş è difficilmente accettabile. Fu un grido di disperazione e impotenza davanti alla passività e mancanza di orizzonte della vita quotidiana dei romeni. Tramite il sacrificio della propria vita, Liviu Babeş ebbe latteggiamento di un martire civico come anche altri uomini che vissero sotto il regime comunista. Sulla lista di coloro che scelsero di darsi fuoco come forma di protesta negli anni del comunismo anche i cechi Jan Palach, Evžen Plocek e Jan Zajíc, il polacco Ryszard Siwiec, il lituano Romas Kalanta, lucraino Oleksa Hirnyk e lungherese Sandor Bauer.
Liviu Babeş nacque il 10 settembre del 1942 e faceva lelettrico, essendo capo-reparto presso gli Stabilimenti di Semilavorati di Braşov. Babeş era anche pittore dilettante. Sul retro del suo ultimo dipinto aveva scritto discretamente, in tedesco, la parola “Ende”, qualche settimana prima del momento finale della sua esistenza. Babeş era stato profondamente colpito dal degrado della situazione politica, economica, sociale, culturale e morale della Romania degli anni 80, e lo sciopero degli operai de « La Bandiera Rossa » e de « Il Trattore » aveva rafforzato la sua decisione di fare qualcosa. Ciò che lo aveva colpito di più era la passività della gente di cui sua moglie raccontava che si chiedeva spesso.
Il giornalista e scrittore Mircea Brenciu è autore del volume “Il martire”, dedicato a Liviu Babeş. Brenciu ha scritto questo libro sentendo di avere un obbligo, ma che è stato anche un onore per lui. Mircea Brenciu si è riferito a Babeş come ad un intellettuale e al suo gesto come ad uno con un forte messaggio civico.
“Babeş era un intellettuale, uno di grande raffinatezza. Ha avuto mostre, ha venduto dipinti, ha goduto di una certa fama a Braşov allepoca. Dal punto di vista del suo atteggiamento, il suo gesto fu uno soteriologico, un gesto che solo un intellettuale può fare. Babeş fa parte dellelite romena che non potette più sopportare le atrocità comuniste. Ma in uguale misura, fu strettamente legato alle masse in quanto per mestiere era solo un capo-reparto presso uno stabilimento di semilavorati e lavorava con le persone semplici. Egli fu lanello di collegamento tra due fasce sociali. Il suo gesto ha un grande valore culturale, fu compiuto in seguito ad un giudizio molto attento. Lo premeditò con grande lucidità e il messaggio che trasmise sulla pista da sci nel momento dellautosacrificio rileva un certo livello culturale. Il pezzo di cartone che porta sulla pista da sci e sul quale cè scritto “Stop Murder. Braşov = Auschwitz” non è lopera di una persona comune », ha raccontato Mircea Brenciu.
Nel 1968, lo studente ceco Jan Palach si dava fuoco in segno di protesta contro linvasione della Cecoslovacchia dalle truppe del Patto di Varsavia che reprimevano « La Primavera di Praga ». Mircea Brenciu ha parlato della differenza tra latto di Palach e quello di Babeş.
“Come realizzazione, come premeditazione, il gesto di Babeş è superiore a quello di Jan Palach. Il gesto di Babeş ha un carattere eroico, di tragedia antica. Jan Palach commette il gesto dellautodafè in un momento di esplosione psichica, quando era fuori controllo. Babeş lo fa con lucidità. Prima di darsi fuoco, a Poiana Brasov, si incontra con molti conoscenti, scherza con loro, racconta loro diverse cose come se la vita fosse cominciata in quel momento. Egli si rende conto che in quel contesto di massima sorveglianza comunista, addirittura pazzesca, non poteva compiere un gesto con un simile impatto se ne avesse avvisato qualcuno. Si sapeva che i delatori fossero tra di noi e doveva stare attento per non essere preso di mira. Palach compie il suo gesto nella misura in cui accanto a lui ci sono centinaia e migliaia di cittadini cechi che protestano contro linvasione, mentre Babeş lo fa da solo, davanti ad una dittatura terribile come quella di Ceauşescu”, ha precisato Mircea Brenciu.
Una delle difficoltà nello scrivere il libro “Il martire”, racconta Mircea Brenciu, è stata quella legata alle fonti di documentazione. “Dal momento in cui si diede fuoco e fu portato via con lambulanza, nessuno seppe più niente di lui. La cosa strana è che questuomo mori troppo rapidamente per un ustionato. Una persona ustionata su una grande superficie del corpo non muore lo stesso giorno. I grandi ustionati resistono per qualche giorno, dopo di che i loro reni cedono. Babeş mori lo stesso giorno, e allorquando fu portato a casa per il funerale, alla famiglia fu vietato di aprire la bara. Una riesumazione potrebbe aiutare, ma dubito che si possa constatare qualcosa. Adesso facciamo dei presupposti», ha raccontato Mircea Brenciu a RRI.
La sepoltura di Babeş è avvenuta in un cantuccio abbastanza isolato del Cimitero Municipale di Braşov, sotto lattenta sorveglianza della polizia segreta del regime, la Securitate. A 12 ore dallevento, la radio “Europa Libera” trasmetteva la notizia e cosi il mondo libero veniva a sapere di Liviu Babeş, il martire civico di 30 anni fa.”