L’elettrificazione in Romania
A partire dalla seconda metà del Settecento, la luce fu il motivo conduttore della modernizzazione, invocata dai riformatori sociali come metodo per uscire dall'ignoranza.
Steliu Lambru, 08.05.2018, 10:20
A partire dalla seconda metà del Settecento, la luce fu il motivo conduttore della modernizzazione, invocata dai riformatori sociali come metodo per uscire dall’ignoranza. Perciò fu chiamato anche il Secolo delle luci. Si trattava di una luce spirituale, portata dallo studio e dall’istruzione. Nell’Ottocento, le idee modernizzatrici assunsero il motivo della luce, aggiungendo anche la dimensione materiale che, grazie alla scienza, avrebbe consentito l’accesso dell’uomo allo scibile. E la luce elettrica fu considerata il massimo progresso mai raggiunto, grazie alla lampadina di Edison che cambiò radicalmente il mondo.
I comunisti considerarono l’elettrificazione come uno dei mezzi che consentiva il progresso umano. Potere in mano ai soviet ed elettrificazione dei villaggi, recitava uno degli slogan di Lenin. Per il regime comunista insediato in Romania il 6 marzo 1945, l’elettrificazione diventò un obiettivo volto a procurargli popolarità e legittimità. Ambizioso programma economico-sociale, l’elettrificazione della Romania rivestì anche un’importante dimensione politica, e fu applicata a partire dagli anni 1950.
L’ingegnere Tudor Constantin era il capo dell’Azienda elettrica di Bucarest, il maggior produttore di energia elettrica. Intervistato nel 2003 dal Centro di Storia Orale della Radiodiffusione Romena, l’ingegnere ricordava la prima centrale idroelettrica costruita a Bicaz.
Il progetto iniziale fu concepito dal prof. Dorin Pavel e dall’ingegnere Dimitrie Leonida, a proprie spese e con lo zaino sulle spalle. Leonida voleva rendere l’operaio romeno bravo e colto, cosicchè fondo la Scuola di elettricisti e metalmeccanici dell’ingegnere Leonida, dove insegnava lui stesso insieme alla moglie e a due professori del Politecnico. Il prestigio e la formazione erano tali che, se un diplomato cercava lavoro presso l’Ente Gas-Elettricità o le Ferrovie dello Stato, veniva subito assunto. Quando cominciò l’elettrificazione, lavoravo già all’azienda e l’ingegnere Leonida mi disse: Ragazzo mio, devi sapere una cosa: l’elettrificazione in Romania non è possibile senza l’impegno dello stato, come accaduto in Russia. A piano ultimato, mi venne conferito l’Ordine del Lavoro, II/a classe, in segno di riconoscimento per il mio impegno, ricordava l’ingegnere.
Le conseguenze della guerra andavano rimosse e ciò era possibile solo attraverso lo sviluppo industriale. Tudor Constantin ha fatto riferimento alle dotazioni della Romania fino alla politica di elettrificazione.
Cominciò nel 1950, quando già dirigevo l’Azienda elettrica di Bucarest, la più grande del Paese, con i migliori ingegneri specialisti. Le dotazioni forse non erano conformi alle tecniche occidentali, però comunque vi lavoravano gli specialisti assunti prima della guerra, che sceglievano ottimi equipaggiamenti, anzi unici al mondo o in Europa. Ad esempio, l’azienda di Filaret aveva motori Diesel di 5.000 cavalli, unici in Europa quando furono acquistati. Sempre prima della guerra era stato acquistato un turbogas con una capacità di 10.000 kW, pure esso unico. Solo che la guerra ha impedito il montaggio, che avvenne dopo il conflitto, ricordava ancora Tudor Constantin.
Oltre le ragioni economico-sociali, l’ideazione e l’applicazione di un progetto di una simile portata furono possibili in seguito a una decisione politica. In un’economia pianificata tutto doveva essere possibile.
Fu il partito ad aver preso questa decisione, che successivamente fu esaminata nei ministeri e nelle aziende con gli specialisti. Chiesero anche il mio parere, poichè avevo partecipato all’elaborazione del piano in veste di primo capo di azienda elettrica. Ricordo le vertenze tra i periti termotecnici e idrotecnici sul tipo di centrali da costruire per primo. Gli idrotecnici come Leonida sostenevano che si doveva cominciare con quelle idroelettriche, mentre i termotecnici si pronunciavano per quelle termiche a gas e carbone. Alla fine tutto fu calmato dall’intervento del partito, il quale riteneva che le centrali idroelettriche erano meno costose e più efficaci economicamente. I costi dell’energia generata dalla centrale idroelettrica erano di tre-quattro volte inferiori rispetto a quelle termiche. Allo stesso tempo, la costruzione di una centrale idroelettrica richiedeva più tempo e il Paese non poteva aspettare a lungo. Ci voleva lo sviluppo industriale, per cui fu scelta l’opzione delle centrali termiche, nonostante i costi alti. Però furono tenute in considerazione anche quelle idroelettriche e così cominciarono i lavori a Bicaz. Ma l’energia partì con le centrali termiche di Doicesti, Targu Mures e della regione della Moldavia, ricordava ancora l’ingegnere Tudor Constantin.
L’elettrificazione della Romania si concluse nel 1970 e fu ritenuta un successo. Il settore energetico si è, però, diversificato, e buona parte della produzione venne destinata all’industria.