L’economia romena ai tempi di Re Carlo I
Carlo I di Hohenzollern-Sigmaringen, a capo dei Principati Uniti Romeni dal 1866 e il primo re della Romania dal 10 maggio 1881, è rimasto nella storia come uno dei fondatori della Romania moderna.
Monica Chiorpec, 28.09.2014, 15:35
Carlo I di Hohenzollern-Sigmaringen, a capo dei Principati Uniti Romeni dal 1866 e il primo re della Romania dal 10 maggio 1881, è rimasto nella storia come uno dei fondatori della Romania moderna. Durante il suo regno di 48 anni, la Romania conquistò la sua indipendenza diventando monarchia costituzionale. Contemporaneamente furono gettate anche le basi dello stato romeno moderno.
A livello interno, Carlo I rappresentò un fattore di equilibrio, coltivando un clima di disciplina e rigore, valenze che aveva acquisito grazie all’educazione prussiana, ricevuta in una famiglia con tradizione dinastica. Carlo sostenne la modernizzazione delle strutture economiche in un Paese che, alla metà dell’Ottocento, non era ancora uscito dall’organizzazione medioevale.
Il nuovo principe arrivò in una capitale, Bucarest, che sembrava ancora un borgo provinciale. Lo spirito organizzativo tedesco e il mezzo secolo di regno ebbero come risultato la modernizzazione accellerata della Romania. Con abilità politica, il re riuscì a far alternare governi liberali e conservatori, di modo che nessuna delle parti avesse la possibilità di minare la sua autorità.
Subito dopo l’arrivo nel Paese, Carlo I avviò una riforma estremamente importante, quella monetaria, introducendo il leu. Anche se non era ancora un Paese indipendente, la Romania riuscì ad imporre la propria moneta nel 1867. Inizialmente venne coniata solo la moneta metallica. Poi con la fondazione della Banca Centrale della Romania nel 1880, si passò anche alle banconote. Con l’aiuto della Banca Centrale, ma anche con capitale privato, fino all’inizio del 20-esimo secolo furono fondate 24 banche, e fino al 1914 ne apparvero altre 210.
Ai tempi di Carlo I, l’economia della Romania era soprattutto agraria. Più della metà dei contadini possedevano terreni agricoli inferiori a 5 ettari, mentre per mantenere la famiglia, erano necessari fra 5 e 10 ettari di terreno arabile. In quel periodo cupo, per sostenere l’agricoltura apparvero le cosiddette banche popolari”, dirette da persone della zona che conoscevano le condizioni economiche locali e la gente che chiedeva prestiti. La maggior parte della produzione agricola proveniva dai grandi proprietari terrieri ed era destinata all’export.
Nei primi 40 anni di regno di Carlo I, la produzione agricola del Paese aumentò sei volte. Con l’agricoltura alla base dell’economia, cominciò però anche lo sviluppo dell’industria e presero il sopravvento l’estrazione e la lavorazione del greggio. Raddoppiò il numero delle fabbriche nei settori tessile e alimentare. Tuttavia, l’influenza del capitale straniero nell’industria determinò la concentrazione dell’industria in certe zone, lasciando regioni intere della Romania molto indietro dal punto di vista del progresso industriale.
I tedeschi controllavano il 35% dell’industria, seguiti dai britannici col 25%, dagli olandesi col 13%, dai francesi con il 10% e dagli americani con il 5,5%. Il capitale romeno rappresentava solo il 5,5%. Dal 1903 al 1914, furono create molte delle grandi compagnie che avrebbero poi dominato l’industria petrolifera romena fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Durante il regno di re Carlo I, l’economia della Romania restò un’economia agraria, come lo era stata anche fino al 1866 e come resterà anche nel periodo interbellico.Tuttavia si verificarono alcuni cambiamenti. Verso la fine del 19esimo secolo, cominciarono ad essere valorizzate alcune risorse importanti, in primo luogo i giacimenti di greggio. Il petrolio rappresentò per la Romania una chance straordinaria e, fra breve, cominciarono a venire nel Paese le maggiori compagnie petrolifere del mondo, tedesche, olandesi, americane o britanniche. Il greggio cambiò la situazione in Romania, perché in seguito allo sfruttamento di queste risorse da parte di società miste, create dallo stato assieme alle già menzionate compagnie internazionali, cominciarono ad essere incassate somme importanti che il Governo della Romania utilizzò soprattutto per costruire l’infrastruttura che mancava. Inoltre, nel 1887, venne promulgata la prima legge di sostegno all’industria, che aveva il ruolo di incoraggiare lo sviluppo di questo settore dell’economia romena. Però anche se apparvero molti elementi nuovi, fino alla prima guerra mondiale l’economia romena restò soprattutto una agraria, e i principali incassi continuarono ad arrivare dall’agricoltura. C’era anche un grande problema sociale, perché il mondo del villaggio romeno era dominato dall’esistenza di grandi proprietà. In Romania non c’era una proprietà piccola e media, contadina, che rappresentasse la maggior parte della proprietà fondiaria, anzi, c’erano soprattutto grandi possedimenti e ciò rallentò molto lo sviluppo dell’agricoltura, perché mancava l’interesse per gli investimenti nello sviluppo dell’agricoltura visto che i grandi proprietari terrieri avevano bisogno di manodopera poco costosa”, spiega il docente Alin Ciupală dell’Università di Bucarest:
A differenza degli stati europei industrializzati, l’incremento demografico nei villaggi romeni non poteva essere assorbito dalle città in assenza di una forte industria. La pressione sociale aumentava sempre di più, per cui nel 1907 scoppiò una sommossa sociale senza precedenti. La rivolta dei contadini portò all’attenzione dell’intero mondo anche i punti deboli di questo regno, a meno di un anno dall’apertura dell’Esposizione giubilare del 1906, volta a mostrare all’Europa i progressi economici della Romania nei 40 anni di regno di re Carlo I. (traduzione di Gabriela Petre)