Le operazioni valutarie della Securitate
Le economie comuniste hanno tentato di ricavare profitto massimo dai rapporti con il mondo capitalista, nel contesto in cui non erano state capaci di raggiuntere neanché la metà delle performance occidentali.
Steliu Lambru, 07.02.2013, 08:38
Le economie comuniste hanno tentato di ricavare profitto massimo dai rapporti con il mondo capitalista, nel contesto in cui non erano state capaci di raggiuntere neanché la metà delle performance occidentali. La fame di valuta è stata una costante in tutti i Paesi del lager socialista, e la Romania non fu un’eccezione. Siccome l’economia socialista non poteva soddisfare il fabbisogno di risorse, il regime comunista di Bucarest affidò al suo apparato repressivo, la Securitate, il compito di ricavare soldi. Per i romeni, le operazioni valutarie della Securitate sono a tutt’oggi un mistero. Perciò le ricerche dello storico Florian Banu negli archivi del Consiglio Nazionale per lo Studio degli Archivi della Securitate rappresentano un inizio nello studio della storia dei servizi segreti romeni durante il regime.
Per la Securitate, la questione delle operazioni valutarie si pose per la prima volta negli anni ’50. Nei primi anni vi furono difficoltà tipiche per qualsiasi servizio di informazioni, tanto più per una polizia politica com’era la Securitate. Il fabbisogno di valuta non era così grande, dato che i rapporti commerciali con l’Occidente erano stati interrotti. Poi, con l’apertura verso l’Occidente, con la ripresa dei rapporti commerciali con la Francia e poi con la Germania e la Gran Bretagna, si è posto anche il problema della valuta. Inizialmente, la valuta fu ottenuta recuperando patrimoni dei romeni stabiliti nell’Occidente. Operazioni del genere erano però occasionali. Successivamente, la valuta veniva ricavata anche attraverso i canali confidenziali della Securitate in cambio al rilascio dei visti agli ebrei e ai tedeschi di Romania che, ritenendo il proprio futuro in Romania abbastanza incerto e cupo, optava allora per l’emigrazione”, spiega Florian Banu.
Infatti, lo stato comunista ha chiesto alla Germania Federale e a Israele somme ingenti per lasciare gli ebrei e i tedeschi andar via dalla Romania. Per il regime, la valuta era uno dei più preziosi obiettivi per il regime. Lo stato romeno deteneva il monopolio su tutte le somme in valuta, che erano considerate di proprietà dello stato. Fu elaborata una legislazione molto severa in materia e le somme prelevate dalla Securitate venivano deposte presso la Banca di Stato in un conto speciale, con evidenze molto controllate. Il 31 luglio 1965 il saldo in valuta era di 6.857.000 dollari. Il prelevamento delle somme di denaro avveniva tramite una tecnica operativa. Gli ufficiali che prendevano il denaro — per un certo periodo i pagameti furono effettuati in contanti — avevano addosso dei microfoni, le conversazioni venivano registrate e la possibilità che tenessero una parte dei soldi per loro era assai bassa. La Securitate poteva utilizzare il 20% dei soldi a scopo operativo, ad esempio per pagare certi informatori esterni e per acquistare tecnica dall’Occidente. In minor misura, furono acquistate armi da caccia per i vertici comunisti”, aggiunge lo storico.
Durante il regime di Nicolae Ceauşescu, tra il 1965 e il 1989, la Securitate tentò di allargare le possibilità e le modalità per incassare valuta. Una novità, a cominciare dagli anni ’70, fu che si puntava sull’incasso della valuta tramite bonifico bancario. Il prelevamento di contanti diventò meno usuale, ma la pratica continuò anche negli anni ’80. Il compito di svolgere operazioni del genere spettava agli ufficiali della Direzione I Informazioni Estere. Dopo il 1978, quando l’allora vicecapo del controspionaggio romeno, il generale Ion Mihai Pacepa chiese asilo politico nell’Occidente, l’intero sistema di spionaggio fu riconfigurato e le cose cambiarono. Fu fondata un’unità per l’apporto valutario speciale. Alla fine degli anni ’70, le operazioni valutarie furono accelerate, in seguito all’indebitamento estero. Negli anni ’70 avvennero gli shock petroliferi, il primo nel 1973 e il secondo negli anni 1979-1980. Il sovradimensionamento dell’industria chimica e la perdita di alcuni mercati esteri, nonché l’aumento degli interessi per i debiti sovrani misero un’enorme pressione sullo stato romeno”, spiega ancora Florian Banu.
Lo storico ha fatto anche un esempio di come la Securitate riusciva a recuperare una parte dei soldi. Cominciarono a dare indicazioni ben precise sui tipi di operazioni valutarie accettate. Ad esempio, il recupero di certe somme dai fondi confidenziali approvati dalle autorità romene a favore di cittadini stranieri che avevano intermediato la firma di contratti vantaggiosi per la Romania. Come si faceva? Lo stato romeno firmava un contratto per esportare trattori in Iran. Per vincere la gara d’appalto con lo stato iraniano, lo stato romeno offriva una certa somma ad un alto dignitario iraniano. Dopo la firma del contratto, il rispettivo dignitario veniva contattato dagli ufficiali della Securitate, i quali invocando il fatto che erano intervenute spese supplementarie, come l’imbarco, la preparazione per l’export, ecc., gli dicevano che doveva restituire una parte dei soldi. Se il dignitario aveva ricevuto tangenti del 10% del valore del contratto, la Securitate gli chiedeva di restituirne il 5%. E tale somma veniva trasferita nel Paese”, conclude lo storico Florian Banu. (trad. Gabriela Petre)