Le donne nella rivoluzione del 1848
Le rivoluzioni sono stati avvenimenti eccezionali nella storia, e il 1848 fu un anno del tutto speciale nella storia dellEuropa. Lepoca delle rivoluzioni ispirate alla Rivoluzione francese del 1789 si può riassumere con la parola “emancipazione.
Steliu Lambru, 07.08.2016, 16:30
Nel 19-esimo secolo, con la fondazione dello stato nazionale, la parola-chiave fu “modernizzazione” e ad essa fu legato tutto il progetto di libertà economica, politica e sociale. I principati romeni, che per quasi quattro secoli si erano trovati sotto il dominio ottomano, avevano avuto un primo impulso di liberazione dai turchi nel 1821. Nel 1848, la rivoluzione condotta dai figli delle élite europeizzati a Parigi, fu una continuazione logica delle idee che avevano animato la modernizzazione.
L’anno 1848 nei Principati Romeni portò in primo piano anche alcune donne la cui presenza ebbe un’influenza significativa sulla formazione della coscienza nazionale e sulla modernizzazione. Una delle donne con il maggiore contributo alla rivoluzione fu considerata a lungo Ana Ipătescu. Lo storico Georgeta Penelea-Filitti spiega quali sono stati i suoi meriti nella tumultuosa estate del 1848 a Bucarest: Ana Ipătescu fu una delle signore scese in piazza e che riuscirono a dinamizzare la popolazione di Bucarest. La rivoluzione ebbe momenti di successo e momenti peggiori, ad un certo momento il governo provvisorio fu persino arrestato. Successivamente, i colonnelli che avevano arrestato il governo, furono loro stessi arrestati. In tutti quei movimenti di strada, la popolazione di Bucarest che seguiva gli avvenimenti e non capiva gran che di ciò che succedeva, aveva bisogno di un leader. Ana Ipătescu, la moglie di Grigore Ipătescu, fu una di quelle donne-leader.
Un’altra personalità femminile che ebbe un grande contributo alla promozione dello spirito rivoluzionario nel 1848 fu Mary Grant, di origini scozzesi, la futura moglie del politico, scrittore e giornalista Constantin A. Rosetti. Georgeta Penelea-Filitti ha esposto le circostanze in cui Mary Grant era arrivata in Valacchia e in cui conobbe il futuro marito: Maria Rosetti, arrivata come governante nella famiglia Odobescu di Bucarest, si sposò con C.A. Rosetti. Dobbiamo ricordare il movimento mazziniano, di cui la coppia Rosetti faceva parte. La corrispondenza tra marito e moglie è incantevole. Oltre delle parole tenere che si scambiavano, i due discutono anche di questioni politiche. Viaggiarono molto all’estero e ad un certo momento battezzarono uno dei figli a Nizza, il padrino essendo un calzolaio. Gli diedero un nome romeno, Mircea, e uno francese, perché il calzolaio si chiamava Charlemagne.
L’effervescenza dello spirito pubblico europeo era arrivata anche nei lontani Principati Romeni e il desiderio di libertà si era diffuso in tutti i ceti sociali. Come molti residenti stranieri, Maria Rosetti si impegnò fortemente nel sostegno delle idee della rivoluzione e non rinunciò alle sue convinzioni neanche quando la rivoluzione fu sconfitta. Anzi, Maria Rosetti diventò l’immagine della rivoluzione, la Romania stessa, perché il pittore Constantin Daniel Rosenthal dipinse due quadri famosi avendola come modello: “La Romania rivoluzionaria” e “La Romania rompendosi le manette”.
Non fu l’unica straniera arrivata nei principati romeni a identificarsi con gli ideali del popolo. Lo fece tramite le relazioni che aveva all’estero, tramite i discorsi tenuti oppure tramite il sostegno effettivo concesso ai rivoluzionari. A poco a poco, Maria Rosetti diventò un vero simbolo della rivoluzione. Era amica del pittore Constantin Daniel Rosenthal e lui dipinse un quadro in cui Maria era raffigurata con la bandiera tricolore nelle mani, simbolo della libertà e della rivoluzione romena. – ha aggiunto Georgeta Penelea-Filitti.
Maria Rosetti continuò a mettersi a servizio delle idee modernizzatrici perché l’emancipazione nazionale aveva bisogno della sua energia. Lo storico Georgeta Penelea-Filitti spiega: Lei continuò ad essere attiva anche dopo la rivoluzione. I rivoluzionari furono esiliati e organizzarono una campagna di informazione dell’Europa in merito alle realtà romene, unica nella storia dei romeni. Tra gli esiliati c’era anche C. A. Rosetti, suo marito, che rimase lontano fino all’anno 1858. Nel frattempo, Maria non stette con le mani in mano. Fondò un giornale intitolato “Mama si Copilul / Madre e bambino” e suo marito, una volta rientrato in patria gettò le basi di uno dei più importanti quotidiani intitolato “Românul / Il Romeno”. Per quasi mezzo secolo, questa donna non face altro che educare. E’ la parola chiave che rafforza e personalizza un popolo. Si tratta di consigli dati alle madri su come allevare ed educare i loro figli. Diceva loro anche come lavarli, analizzava questioni di igiene oppure relative ai rapporti civilizzati fra i genitori. Agli ultimi diceva di non litigare di fronte ai bambini, di essere gentili, di rispondere a tutte le domande annoianti che fanno i bambini in età piccole. La pazienza della madre è molto importante. Per quanto riguarda l’igiene, se in città il ceto sociale era più ricettivo, in campagna le cose stavano molto peggio a causa della povertà, dell’ignoranza e delle superstizioni. Oltre al giornale che pubblicava, Maria Rosetti, fece diversi viaggi nel Paese provando a fare una specie di propaganda per l’allevamento dei figli perché l’educazione rappresentava la preparazione per tempo della società del futuro. Uno potrebbe dire che i suoi sforzi non abbiano prodotto molti effetti, ma senza di essi sarebbe stato ancora peggio. Maria Rossetti non fu però sola, tra le altre donne che ebbero iniziative simili si annovera anche Constanţa Dunca.
Le donne della rivoluzione furono all’altezza di quei tempi, come anche gli uomini di stato dell’epoca. Loro hanno scritto pagine di storia in momenti in cui gli ostacoli di vario tipo sembravano insuperabili. (traduzione di Gabriela Petre)