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La sovietizzazione e l’epurazione dell’esercito romeno

La sovietizzazione fu un processo tramite cui istituzioni dello stato e, alla fine, lintera società, vennero trasformate secondo modelli sovietici.

La sovietizzazione e l’epurazione dell’esercito romeno
La sovietizzazione e l’epurazione dell’esercito romeno

, 29.01.2016, 20:11

La sovietizzazione fu un processo tramite cui istituzioni dello stato e, alla fine, l’intera società, vennero trasformate secondo modelli sovietici. Sebbene sia stato un processo graduale, il suo ritmo fu abbastanza accellerato. Fino al 1948, lo stato era già sovietizzato e cominciava il processo più lungo, ma più facile da gestire, della sovietizzazione della società.



La sovietizzazione cominciò in Romania con l’arrivo al potere del governo presieduto da Petru Groza, e la prima istituzione presa di mira fu l’esercito. Sotto il pretesto della defascistizzazione, la Commissione Alleata di Controllo, sotto controllo sovietico, impose il licenziamento di decine di migliaia di militari di cui si pensava che avessero simpatie tedeshe. La parola utilizzata fu ”epurazione”.



Mircea Carp è uno dei militari epurati dall’Esercito Reale Romeno. Aveva lottato sul fronte nell’Unione Sovietica, era stato ferito e decorato per il suo coraggio. Intervistato nel 1997 dal Centro di Storia Orale della Radiodiffusione Romena, Carp ricordò la sua situazione nel momento in cui venne presa la decisione del licenziamento dall’esercito dei presunti simpatizzanti tedeschi.



Fino al 9 agosto 1946 ero stato sottotenente nell’esercito romeno. Avevo partecipato alla guerra, sia a quella nell’oriente, sia a quella nell’occidente, ero stato ferito e lavoravo presso il centro di addestramento della cavalleria di Sibiu. Nell’esercito eravamo un po’ giù di morale, e mi riferisco soprattutto agli ufficiali e ai sottufficiali, perché un anno prima era stata già approvata le legge che prevedeva il licenziamento di un grande numero di ufficiali e sottufficiali, ma nessuno sapeva quando e in quali condizioni sarebbe accaduto. Eravamo però tutti sicuri che le condizioni sarebbero state in primo luogo politiche, cioè che tutti gli ufficiali e persino i sottufficiali che non dimostavano di essere fedeli al nuovo regime, allora solo un governo procomunista, con a capo Petru Groza, avrebbero lasciato l’esercito.” — ha detto Mircea Carp.



Secondo il modello stalinista delle grandi epurazioni degli anni 1930, i migliori ufficiali romeni erano costretti ad andarsene. La defascistizzazione significò, da quel momento in poi, l’inizio della comunistizzazione.



Il 9 agosto 1946 furono rese pubbliche le liste degli oltre 9 000 ufficiali licenziati. Ricordo che la legge era apparsa in un momento in cui unità del centro di addestramento della cavalleria e di un regimento di artiglieria di Sibiu si trovavano nelle montagne per spegnere incendi nelle foreste. Quando tornammo a Sibiu, vidi sul giornale «La voce dell’esercito», una lista di nomi tra cui anche il mio. La prima epurazione, di un numero alto di ufficiali romeni, soprattutto generali e colonnelli, era stata fatta ad agosto 1945. In seguito ad un ordine della Commissione Alleata Sovietica di Controllo, il generale Susaikov aveva dato disposizioni al ministero della Difesa di licenziare dall’esercito circa 200 generali e colonnelli romeni. Il motivo invocato era che avrebbero avuto simpatie tedesche. Naturalmente non era così, si trattava semplicemente di persone che avevano fatto il proprio dovere sul fronte orientale. Furono però mantenuti nell’esercito fino alla fine della guerra perché c’era bisogno dei loro servizi e della loro capacità militare sul fronte orientale.” — ha detto Mircea Carp.



Cominciava un nuovo periodo nella storia della Romania e una nuova tappa nella vita di Mircea Carp e delle decine di ufficiali e sottufficiali costretti a vivere ai margini della società.



Secondo la legge furono licenziati 9000 ufficiali. Poco dopo seguirono altri circa 5500 sottufficiali, sempre per motivi politici. Se all’epurazione del 1945 si trattava ancora di ufficiali con atteggiamenti considerati dai sovietici palesamente antisovietici, nel 1946 si trattò prima di tutto del licenziamento di coloro che non sembravano disposti ad accettare il nuovo regime. Per un anno ci mantennero a disposizione del Governo, per poter essere utilizzati se ci fosse stato bisogno, e un anno dopo ci mandarono a riposo. In quell’anno ricevemmo stipendi e privilegi uguali a quelli dei militari ancora attivi, senza poter però entrare in un’unità militare. Ricordo che la mattina del 9 agosto andai alla caserma di Sibiu alle 8 del mattino, però mi dissero che non avevo il permesso di entrarci. Il giorno dopo mi presentai al comandante dell’unità assieme ad altri ufficiali e ricevemmo indicazioni che non dovevamo più venire all’unità, perché non eravamo più parte dell’esercito. La separazione fu difficile perché i militari che erano rimasti si sentivano imbarazzati del fatto che alcuni loro colleghi con cui condividevano le stesse opinioni erano stati licenziati e loro no. Certo che la situazione durò poco, perché alla fine pure loro vennero mandati a riposo.” — ha dichiarato Mircea Carp.



La sovietizzazione dell’esercito romeno tramite il licenziamento dei migliori ufficiali e sottufficiali era lo stile sovietico di costruire una società migliore. L’esercito risultato ebbe soprattutto una missione repressiva nei confronti di coloro che si opponevano al regime. (traduzione di Gabriela Petre)

foto: pixabay.com
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