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La Grande Guerra dalla prospettiva dei perdenti

Molto è stato scritto e continuerà a essere scritto sulla Prima Guerra Mondiale, ossia la Grande Guerra, come fu essa chiamata allora, perché era qualcosa che il mondo non aveva mai visto prima.

La Grande Guerra dalla prospettiva dei perdenti
La Grande Guerra dalla prospettiva dei perdenti

, 07.04.2023, 18:41

Molto è stato scritto e continuerà a essere scritto sulla Prima Guerra Mondiale, ossia la “Grande Guerra”, come fu essa chiamata allora, perché era qualcosa che il mondo non aveva mai visto prima. Fu unenorme mobilitazione di risorse e persone fatta per le idee del tempo, per le convinzioni e per le utopie. Perché le idee più eccentriche, prima di concretizzarsi, sono stranezze che le persone trattano con entusiasmo, ma anche con cautela, inserendole nella categoria delle utopie. Tutto ciò che seguì alla fine del primo conflitto mondiale sarebbe stato considerato irrealizzabile prima del 1914, anno di inizio della guerra.



La Romania entrò nella Grande Guerra nel 1916 a fianco della Triplice Intesa anglo-franco-russa. Lesercito romeno combatté da solo nel 1916 sul fronte più lungo della Prima Guerra Mondiale, dal nord della catena dei Carpazi fino a sud, al Danubio, e alla costa del Mar Nero, essendo sconfitto. Sostenuto dallesercito russo e dalla missione militare francese guidata dal generale Berthelot, nel 1917 lesercito romeno resistette con successo allavanzata degli eserciti tedesco e austro-ungarico. Nel 1918, dopo la vittoria dellIntesa, lunione del Vecchio Regno di Romania con i territori degli imperi confinanti abitati principalmente da romeni, divenne possibile. Lanno 1918 fu, per i posteri, un anno di trionfo, di celebrazione e commemorazione dei sacrifici di tutti i romeni per la Grande Romania.



Il gusto della vittoria del 1918 non lasciava spazio alla pietà per i vinti che avevano perso quasi tutto. LAustria-Ungheria fu sciolta e ridotta ai territori in cui le popolazioni etniche dei due stati successori, Austria e Ungheria, erano maggioritarie. Ma i veri vincitori sono coloro che trovano il tempo e la volontà di guardare alla sofferenza dei perdenti, di vedere i propri sacrifici per la vittoria anche attraverso gli occhi dei perdenti. E ciò che propone il volume curato dagli storici ungheresi Nándor Bárdi e Judit Pál, intitolato “Oltre le trincee. Come i magiari in Transilvania vissero la Grande Guerra e il Trianon”, una raccolta di documenti dellepoca. Lo storico Daniel Cain affermava che linizio della guerra per i romeni è stato troppo ottimista, con pochissimi dubbi. “Mi riferisco a un articolo che fu una voce singolare sulla stampa del Vecchio Regno tra la fine del 1914 e linizio del 1915. È un articolo pubblicato su una rivista economica che risponde a coloro che insistevano per lingresso in guerra: ebbene, entriamo in Transilvania, faremo la Grande Romania. Qual è il modello amministrativo che proporremo a chi è in Transilvania? Abbiamo lesperienza amministrativa necessaria per sostituire, ad esempio, lélite nelle città della Transilvania? Fu un articolo singolare sulla stampa di quel periodo perché erano stati pubblicati articoli estremamente burrascosi sulla necessità e sulleffettiva facilità della decisione che lesercito romeno attraversasse i Carpazi”.



La facilità con cui le persone producono vere e proprie tragedie è tipica della mente umana e motivata da buone intenzioni. Una delle illusioni di cui si nutrono le persone è che una guerra finisca in fretta, senza troppi sforzi. Era un modo di pensare di quella generazione e, come la storia ha dimostrato, le generazioni successive fecero lo stesso. Daniel Cain: “Per illustrare la facilità con cui fu vista la guerra nellestate del 1916 a Bucarest vanno ricordati due gravi incidenti, prima dellentrata in guerra della Romania: unesplosione allArsenale dellesercito e unesplosione alla fabbrica di polvere da sparo nel quartiere Dudesti. La stampa del giorno dopo, in questo caso Adevărul, scrisse che bisognava prendere delle misure perché le spie avevano fatto questo e 300 persone erano state sacrificate, cioè esattamente quante dovevano sacrificarsi per la realizzazione dellideale nazionale dopo la traversata dei Carpazi. Così, nel 1916, gran parte del pubblico del Vecchio Regno era convinto che questo ingresso della Romania in guerra sarebbe stato, praticamente, un gioco da ragazzi”.



Daniel Cain ci ha parlato delle qualità di un volume provocatorio, in cui ritroviamo le stesse esperienze vissute durante la guerra, solo che dal lato opposto della prospettiva: “In fondo, esso ci dà risposte ad alcune domande, ci dà una visione estremamente varia su ciò che lesperienza della guerra significa principalmente per luomo comune, per quello colto dai tempi. Qui abbiamo testimonianze di esperienze che si riducono, prima di tutto, allincertezza, allincertezza del domani, alla paura. Mettiamoci nella situazione di chi viveva nelle località di confine, e che, allimprovviso, il giorno dopo, ha visto un altro esercito entrare nella località. Vede un cambiamento, un ritiro dellamministrazione locale, una sostituzione dellamministrazione locale, e tra qualche giorno o qualche settimana si torna al vecchio stato di cose”.



Il volume “Oltre le trincee” è più di un invito alla lettura. È unesortazione a guardare a un anno glorioso, come fu per i romeni il 1918, dalla prospettiva di chi ha perso, e a condividere le sofferenze sia dei vincitori, che dei vinti.




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