Il XIV congresso del Partito comunista romeno
Il XIV congresso del Partito comunista romeno, svoltosi dal 20 al 24 novembre 1989, era atteso con grande interesse dai romeni e da tutti coloro che seguivano il percorso politico che il dittatore Nicolae Ceauşescu voleva dare alla Romania.
Steliu Lambru, 13.11.2013, 15:02
Il XIV congresso del Partito comunista romeno, svoltosi dal 20 al 24 novembre 1989, era atteso con grande interesse dai romeni e da tutti coloro che seguivano il percorso politico che il dittatore Nicolae Ceauşescu voleva dare alla Romania. Di solito, le conferenze e i congressi del partito erano ignorati dalla gente comune, costretta ad interagirne solo a causa dell’apparato di partito e repressivo. Però quest’ultimo congresso destava interesse, dal momento che i romeni vedevano come intorno a loro crollavano ad uno ad uno, gli altri regimi comunisti. E siccome quello di Ceauşescu sembrava eterno, i romeni non speravano più in una cambiamento pacifico, mentre i pessimisti non si aspettavano a nulla.
La società romena era prigioniera delle proprie frustrazioni, della mancanza di visione ed azione della classe politica che non poteva trovare un successore al dittatore che presiedeva la Romania dal 1965. A cominciare dal 1974, il culto della personalità culminò con gli anni 1980, quando tutto era diventato insopportabile. Sullo sfondo della crisi cronica del sistema comunista, apparve anche l’ambizione irrazionale di Nicolae Ceauşescu che la Romania dovesse saldare interamente il suo debito esterno. Ciò determinò privazioni estreme che interessarono persino i mezzi elementari di sussistenza come il cibo e il riscaldamento.
L’ingegnere Pamfil Iliescu lavorava nella fabbrica “23 August”, una delle maggiori imprese romene, e fu anche leader sindacale, in permanente contatto con la gente e i suoi desideri. L’atmosfera era sempre peggiore, e il fatto più grave era il deterioramento psicologico. L’intervista all’ingegnere Iliescu è stata registrata dal Centro di Storia Orale di Radio Romania nel 2002.
“Negli ultimi 5-6-7 anni, il nostro lavoro cominciava a farsi sentire del tutto inutile. Soprattutto nella fabbrica “23 August” tale fatto era ben visibile. La gente lavorava, ma il problema apparve nel momento in cui iniziò l’epoca dei grandi investimenti. Soprattutto alla metà degli anni ‘80, era chiaro che i cosiddetti investimenti erano solo soldi buttati via. Nel nostro reparto ad esempio, fu investito, in quel periodo, mezzo miliardo di lei di cui, senza esagerare, non riuscivamo ad utilizzare assolutamente niente”, ricordava l’ingegnere.
L’industria romena, in cui erano stati investiti moltissimi soldi, presi in prestito dalla Romania, doveva garantire la prosperità. Però proprio l’industria si dimostrava un peso enorme per l’economia. La causa del malfunzionamento era la logica ultra-burocratizzata in cui funzionava il regime comunista.
“Il problema generale fu il seguente: ti davano un attrezzo e ti dicevano di prenderlo in consegna. Te lo mettevano lì, ma non aveva nulla a che fare con il flusso produttivo. Il rispettivo attrezzo necessitava collegamenti, modifiche, adattamenti, per cui non c’erano mai soldi disponibili. Dunque, c’erano soldi solo per la costruzione dell’attrezzo, poi lo si guardava soltanto, come se fosse in mostra. E allora tutti questi attrezzi, cari e assai numerosi, venivano semplicemente depositati lì, senza essere montati, a me chiedevano il piano sempre come prima”, aggiungeva Pamfil Iliescu.
I rapporti commerciali con gli altri Paesi socialisti diventavano sempre più difficili, cosicchè la Romania stava per diventare un sistema economico chiuso. La direzione di molte imprese era costretta ad accettare prodotti e attrezzi che non avevano niente a che fare con la loro attività. Le proteste del dicembre 1989 furono determinate anche dal fatto che Nicolae Ceauşescu, estremamente ottuso, non ha capito che doveva cedere il potere al XIV Congresso. A dicembre 1989, a scendere in strada furono proprio i lavoratori delle grandi piattaforme industriali.
“Ci si parlava moltissimo. Un conto era ciò che si diceva nelle sedute e un altro ciò che si parlava appena fuori. La gente aveva cominciato a stancarsi anche perché non c’erano più giorni liberi, si lavorava anche di sabato e domenica. Anzi, ci si lavorava meglio la domenica, perché non c’era nessuno che ti tormentasse! Ma c’erano anche molte scontentezze. Alcune persone erano molto attive nel partito, per cui c’era una differenza colossale tra il modo in cui discutevano durante le riunioni e quello in cui ci si discuteva tra colleghi. Senza alcuna esagerazione, moltissima gente aspettava un cambiamento in seguito al Congresso di novembre. La delusione fu enorme quando, dopo il Congresso, le cose rimasero esattamente come prima, perché ormai c’erano degli esempi intorno. Come stato d’animo la situazione era esplosiva, per cui tanta gente non fu stata sorpresa da ciò che è successo ulteriormente”, concludeva Pamfil Iliescu.
Ciò che è seguito solo un mese dopo il XIV Congresso del partito comunista ha significato la riconquista della libertà pagata però con il sangue.