Il tesoro della Polonia in Romania
Nell'autunno del 1939, poco dopo la firma dell'odiato patto Ribbentrop-Molotov da parte della Germania nazista e dell'Unione Sovietica, le due potenze totalitarie cominciavano a dividersi le zone di occupazione e influenza come concordato.
Steliu Lambru, 27.06.2015, 15:52
Nell’autunno del 1939, poco dopo la firma dell’odiato patto Ribbentrop-Molotov da parte della Germania nazista e dell’Unione Sovietica, le due potenze totalitarie cominciavano a dividersi le zone di occupazione e influenza come concordato. La Polonia era la prima sulla lista nera e nella seconda metà di settembre fu proprio cancellata dalla carta. L’attacco tedesco dell’1 settembre 1939 fu seguito da quello sovietico del 17 settembre e la Polonia, intrappolata fra due potenze, non poté resistere per più di due settimane.
Seguì il calvario del rifugio dei militari polacchi sopravvissuti e della popolazione civile. Ma anche la messa a riparo dei beni polacchi, tra cui il tesoro della Banca Centrale della Polonia, la maggior parte proveniente dal castello Wawel in Cracovia. Siccome dal marzo 1939 la Cecoslovacchia era stata occupata dalla Germania e l’Ungheria era alleata della Germania, l’unica salvezza per le ricchezze della Polonia era tramite la Romania. Dopo la fine della prima guerra mondiale, la Romania ridiventava Paese confinante con la Polonia, dopo che la Moldova aveva avuto durante il Medioevo confine diretto con il regno della Polonia e i rapporti erano stati importanti fino all’inizio del 18-esimo secolo.
Così cominciò l’odissea di alcune importanti collezioni contenenti centinaia di oggetti di valore. Le più importanti erano le oltre 300 tappezzerie Jagellone di metri di seta, ricamate con filo d’oro e d’argento, di cui circa 110 risalenti alla prima metà del 16-esimo secolo, la spada da coronamento Szczerbiec dei re polacchi tra il 1320 e il 1764 e una copia originale della Bibbia stampata nel 1455 da Johannes Gutenberg.
La strada attraverso la Romania era ancora libera e le autorità romene collaborarono strettamente con quelle francesi e britanniche, che sostenevano la messa a riparo del tesoro polacco. Traian Borcescu, ufficiale presso il Servizio Speciale di Informazioni, fu testimone all’operazione che presupponeva che i valori polacchi dovevano attraversare la Romania sotto la massima sorveglianza. Ecco la sua dichiarazione rilasciata al Centro di Storia Orale della Radiodiffusione Romena nel 2003.
Facevo parte dello stato maggiore ed ero delegato presso il colonnello Diaconescu, il quale era incaricato a sorvegliare il trasferimento della popolazione e delle autorità dalla Polonia verso la Romania. I polacchi erano amici degli ungheresi, non avevano ancora riconosciuto l’annessione della Transilvania alla Romania, essendo piuttosto dalla parte degli ungheresi. Ma proprio loro non gli aiutarono. Gli unici ad aiutarli siamo stati noi, dopo che i francesi e gli inglesi avevano consigliato loro di mandare il tesoro attraverso la Romania. Armand Călinescu accettò a patto che l’esercito venisse disarmato e verificato al confine, di modo che non vi fossero infiltrati agenti stranieri, e che l’armamento venisse deposto e il tesoro portato in maniera del tutto segreta, in un giorno non conosciuto né dai russi, né dai tedeschi. Perché sarebbe potuto essere attaccato, ricordava Traian Borcescu.
Il confine polacco-romeno, che scomparve dopo il 1945, cominciò ad essere attraversato da un convoglio di camion, macchine e treni il 3 settembre 1939. Traian Borcescu ha rifatto l’itinerario dei valori polacchi fino al Mar Nero posto in cui dovevano essere imbarcati su un sommergibile.
Furono effettuati due trasporti: da Vişniţa fino a Cernăuţi e poi da Cernăuţi fino a Costanza. Una parte del tesoro fu fermata anche da noi, per le truppe e i rifugiati polacchi, però in seguito alla sollecitazione franco-inglese dovemmo accettare che il tesoro, composto da circa 70 casse e pacchi, fosse imbarcato su un sommergibile britannico, a Costanza, che era sotto il comando del capitano Brett. A Costanza il trasporto fu bloccato dall’esercito romeno, dai servizi di Sicurezza, dalla Sicurezza polacca, e dagli agenti franco-inglesi. Il tesoro non poteva restare da noi, sebbene ci fossimo offerti di conservarlo. Gli inglesi si resero conto che la Romania avrebbe avuto la stessa sorte della Polonia a causa del patto dell’agosto 1939, in cui le zone di influenza della Russia erano fissate verso il Baltico e quelle di influenza tedesca in Romania, Bulgaria e così via. Dunque, nell’eventualità di un’occupazione della Romania, il tesoro non doveva cadere in mano ai tedeschi, aggiungeva l’ex ufficiale.
Una piccola parte del tesoro polacco rimase tuttavia in Romania. Nell’estate del 1944, quella piccola parte di 3 tonnellate del tesoro polacco si affiancò alle 242 tonnellate d’oro del tesoro della Banca Centrale della Romania che venne mandato al monastero di Tismana, verso ovest, per essere protetto dall’invasione sovietica. L’operazione fu intitolata Neptun e il tesoro fu portato in grande segreto in una grotta vicino al monastero. Nel 1947, l’oro della Banca Centrale della Romania tornò a Bucarest, mentre le 3 tonnellate del tesoro polacco furono restituite al loro proprietario di diritto.
L’odissea dell’oro polacco costituì anche la trama di un film polacco-romeno, Il treno dell’oro, girato nel 1986, con la regia di Bohdan Poręba. Il film ha due parti e i protagonisti sono interpretati da attori polacchi e romeni.
Sfuggito alla confisca da parte dei tedeschi, il tesoro polacco cominciò un altro viaggio attraverso Malta, Svizzera, Vaticano e Francia. Ma neanche in Francia poté restare sempre a causa del pericolo dell’occupazione tedesca. Fu mandato in Canada e negli USA alla ricerca del tanto desiderato riparo. (traduzione di Gabriela Petre)