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Il Samizdat in Romania

Nel comunismo la censura controllava tutta leditoria. Il Samizdat come forma sovversiva di comunicazione, apparve per mettere in circolazione idee e atteggiamenti che criticavano il regime e proponevano riforme politiche ed economiche.

Il Samizdat in Romania
Il Samizdat in Romania

, 05.02.2016, 19:18

Nel comunismo la censura controllava tutta l’editoria. Il Samizdat come forma sovversiva di comunicazione, apparve per mettere in circolazione idee e atteggiamenti che criticavano il regime e proponevano riforme politiche ed economiche. La peculiarità dei libri di tipo samizdat, come risulta anche dall’origine della parola russa, era che venivano pubblicati dagli autori, non da una casa editrice. Uno dei classici del samizdat fu lo scrittore e medico sovietico Vladimir Bukovski, un altro nome importante essendo quello del drammaturgo ceco Václav Havel. Il Samizdat veniva scritto con la macchina da scrivere oppure stampato con mezzi rudimentali.



In Romania, il samizdat ebbe una circolazione ristretta a causa della severità del regime di Ceauşescu. Per combattere la produzione di tipo samizdat, la milizia obbligava coloro che detenevano macchine da scrivere, negli anni 1980, a registrarle e a consegnare ogni anno un campione. Malgrado la severità, alcuni provarono ad usare il samizdat come invito ad associarsi in vista della difesa dei diritti umani. Una delle associazioni sovversive fu l’Unione dei Magiari della Transilvania fondata dal docente di filosofia Borbely Erno. Intervistato nel 2002 dal Centro di Storia Orale della Radiodiffusione Romena, Borbely ha raccontato come gli è venuta l’idea di gettare le basi dell’organizzazione tramite cui è anche entrato in possesso dei primi testi samizdat.



Ho gettato le basi dell’organizzazione sovversiva in seguito a varie discussioni con colleghi e amici, con più intellettuali della Romania e, dopo aver letto e diffuso altri samizdat, ottenuti da oltre confine. Un giorno abbiamo pensato che dovevamo fare qualcosa pure noi. Quel senso di impotenza, di impossibilità di fare qualcosa era terribile e allora abbiamo pensato di fondare questa organizzazione. I samizdat li procuravamo in primo luogo dall’Ungheria, ma anche dall’Austria e dalla Francia. L’emigrazione romena in Francia era molto forte e c’erano samizdat che attaccavano il regime comunista, e cercavano di dimostrare oggettivamente i mali della dittatura comunista in Romania. In Ungheria esisteva un movimento del genere già dall’inizio degli anni 1970, però lì c’era tuttavia una maggiore libertà. Anche se gli oppositori del regime erano sempre inseguiti e pedinati, avevano tuttavia più possibilità. Cioè il regime non era così restrittivo e venivano pubblicati più libri samizdat, la maggior parte scritti da docenti universitari che insegnavano filosofia e sociologia. – ha dichiarato Borbely Erno.



Negli anni del comunismo chiunque si associasse senza l’approvazione ufficiale era sospettato di intenzioni sovversive e buttato nel carcere. Borbely Erno si è reso conto della lotta disuguale contro lo stato ed ha preferito che l’organizzazione avesse, almeno all’inizio, un numero ridotto di membri.



Non abbiamo voluto avere molti membri nella nostra organizzazione, come si usa nei sistemi politici, con membri di partito o membri di associazione. Il nucleo era formato da tre persone che contavano però su moltissimi contatti. Abbiamo cominciato varie discussioni, anche con dissidenti conosciuti all’epoca, come Kiraly Karoly. Lo abbiamo fatto proprio per poter aumentare, ad un certo momento, il numero dei membri. Però avremmo voluto che alla base dell’organizzazione vi fossero solo tre persone: io, Biro Katalin e Buzasz Laszlo. Eravamo consapevoli che ci potevano beccare in qualsiasi momento, che la polizia politica (la Securitate) era molto attenta, ascoltava tutto e aveva molti collaboratori in tutto il Paese anche tra la gente semplice. – ha aggiunto Borbely Erno.



Borbely Erno ci ha spiegato anche quale era lo scopo dell’organizzazione: Volevamo diffondere più materiali, anche scritti da altri specialisti in vari settori, elaborare anche noi testi propri e fare una certa propaganda. Certo che non potevamo fare direttamente questo. Volevamo diffondere volantini e piccole riviste in varie località e abbiamo pensato ad un metodo, perché la nostra intenzione era che tutto arrivasse alle varie pubblicazioni occidentali, soprattutto alle emittenti radio come Deutsche Welle, Europa Libera e La Voce dell’America, tramite le quali i testi sarebbero arrivati poi di nuovo a casa. Con questo metodo avremmo cercato di fare una certa propaganda, richiamare l’attenzione su di noi. Se tutto fosse andato liscio senza che la polizia politica ci scoprisse, allora avremmo cooptato più membri. Con alcuni amici dell’Occidente avremmo potuto dichiarare pubblicamente, di fronte a molti rappresentanti della stampa, che siamo un’associazione ufficiale. Due-tre persone potevano essere fatte fuori più facilmente, fatto che non sarebbe successo però a 50 o a 100.



Il Samizdat era più che un manifesto, era una diagnosi data ad un malato in fase terminale, come era il comunismo. Borbely Erno ci ha parlato anche del contenuto dei testi scritti da lui: Tra i temi c’erano, prima di tutto, quelli legati alla libertà: la libertà della stampa, la libertà della parola, la libertà di circolazione. Volevamo diffondere uno studio, apparso in Francia, proprio sui documenti di Helsinki, firmati da Ceauşescu, che non erano stati né pubblicati né applicati. Volevamo diffondere separatamente, su un volantino, i diritti umani. C’erano poi temi legati alla vita sociale e alle possibilità dei giovani, noi facevamo riferimento a tutto. Anche se la nostra era un’organizzazione magiara, eravamo consapevoli che, in fin dei conti, le grandi sofferenze erano le stesse per tutta la popolazione del Paese e la questione della minoranza magiara non si poteva risolvere senza risolvere prima i problemi fondamentali.



Il Samizdat in Romania è stato un tentativo di mobilitare la popolazione per costruire una resistenza civile di fronte agli abusi del regime. Sebbene non abbia avuto la stessa diffusione come nell’Unione Sovietica, Ungheria, Cecoslovacchia e Polonia, il samizdat in Romania ha significato qualcosa per coloro che erano decisi a cambiare qualcosa. (traduzione di Gabriela Petre)

Foto: pixabay.com
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