Il principe Constantin Brâncoveanu
Nel 2014 sono ricorsi 300 anni dal martirio del principe della Valacchia, Constantin Brâncoveanu, e dei suoi quattro figli, avvenuto a Costantinopoli. Il suo regno, dal 1688-1714, fu uno lungo per quel periodo e caratterizzato da una certa stabilità.
Steliu Lambru, 04.09.2014, 15:10
Nel 2014 sono ricorsi 300 anni dal martirio del principe della Valacchia, Constantin Brâncoveanu, e dei suoi quattro figli, avvenuto a Costantinopoli. Il suo regno, dal 1688-1714, fu uno lungo per quel periodo e caratterizzato da una certa stabilità.
Oltre alle riforme applicate e allo sviluppo culturale durante il suo regno, Brâncoveanu è rimasto nella memoria dei cronisti anche per la sua tragica morte. Il 15 agosto 1714, il 60enne Brâncoveanu, assieme ai suoi quattro figli e al consigliere personale Ianache Văcărescu, furono decapitati dei turchi, dopo aver passato cinque mesi incarcerati a Costantinopoli.
Bogdan Murgescu, docente di storia dell’Impero ottomano presso la Facoltà di Storia dell’Università di Bucarest spiega che cosa ha caratterizzato il regno del principe.
“Constantin Brâncoveanu è considerato un ottimo amministratore. Durante il suo regno vi furono tentativi di riforma fiscale e sforzi per tenere un’evidenza più chiara del denaro pubblico. Si è conservato un registro del Tesoro per 10 anni, una fonte straordinaria che dimostra la preoccupazione del principe per la rendicontazione delle spese. Sappiamo inoltre che Brâncoveanu risparmiava molto, riuscendo a raccogliere soldi alla tesoreria e per sé personalmente. Era soprannominato dai turchi “il principe d’oro” proprio perché aveva la fama di uno molto ricco, ricchezza che consisteva in terreni e soldi nel Paese e denaro depositato all’estero, tra cui anche a Venezia. Ha risparmiato molto, ma ha anche fatto costruire numerosi edifici, chiese e residenze principesche, promuovendo nel contempo lo sviluppo della cultura”, spiega lo storico.
Ma ogni persona che arriva al potere, finisce per affrontare anche una certa opposizione, soprattutto quando ci sono di mezzo i soldi. A Brâncoveanu rimproverarono la severità con la quale raccoglieva le imposte.
“Le imposte non sono popolari in nessuna società. Certamente c’erano delle restrizioni imposte ai contribuenti. Ma lo stesso registro del Tesoro dimostra che in alcuni momenti i boiardi stessi erano stati costretti a concedere prestiti forzati, a favore del Tesoro. Molto importante fu anche la stabilità del regno e il fatto che il principe tentò di evitare che il suo Paese subisse le conseguenze delle guerre nella zona. Non ci riuscì molto nella prima parte del suo regno, quando avvenne un’invasione austriaca. Però dopo, la Valacchia nel suo insieme fu alquanto riparata da interventi militari esterni e implicitamente dai danni, beneficiando di una relativa prosperità”, aggiunge Bodgan Murgescu.
I critici rimproveravano a Brâncoveanu anche di essere filo-turco, nel contesto in cui i romeni potevano approfittare della politica offensiva antiottomana avviata dall’Austria.
“Gli oppositori gli rimproverarono più cose nelle varie tappe del suo lungo regno, durato 25 anni e 4 mesi. All’inizio, il rimprovero fu che non si era affiancato ai cristiani contro gli ottomani. Brâncoveanu era salito al trono in un momento in cui Şerban Cantacuzino sembrava avvicinarsi agli austriaci, dopo di che l’esercito austriaco entrò nella Valacchia. Brâncoveanu preferì l’avvicinamento all’Impero ottomano, partecipando accanto agli ottomani alla lotta contro gli austriaci. Poi un altro rimprovero gli fu fatto nel 1711. Nonostante una situazione molto pericolosa in cui il metropolita e una parte dei boiardi complottavano contro il principe sostenendo l’alleanza con la Russia, e una parte dell’esercito si affiancò ai russi, il principe si dimostrò molto cauto e mantenne la Valacchia a fianco dell’Impero ottomano”, spiega ancora lo storico.
In tale situazione, la morte tragica di Brâncoveanu sembra ancora più sorprendente. Bogdan Murgescu è del parere che la sua morte non sia stata ancora sufficientemente spiegata.
“L’uccisione di Brâncoveanu è un problema. Fu destituito, portato a Istanbul, indagato e torturato per svelare tutti i suoi patrimoni. Dal punto di vista ottomano, la sua condanna a morte è difficile da capire. La colpevolezza nei confronti degli ottomani non era evidente, oltre al fatto che il principe aveva accumulato ricchezze, mantenuto i rapporti con gli stati confinanti, ma non così stretti da mettere in pericolo l’ordine ottomano. Perciò non esiste una spiegazione convincente della ragione per cui gli ottomani abbiano deciso di giustiziarlo assieme ai figli. Non risulta dai documenti la sua colpevolezza. Esistono cataloghi di accuse nei suoi confronti, incluse le querele inoltrate dai boiardi romeni. Ma è tuttavia difficile spiegare questa esecuzione eccessiva persino per gli standard ottomani”, aggiunge lo storico.
Forse i turchi avrebbero graziato il principe se fosse passato all’islam, spiega Bogdan Murgescu. “C’era una regola secondo la quale se una persona condannata passava all’islam, poteva essere graziata. Ma il fatto di essere cristiano non era un motivo sufficiente per condannarlo a morte e giustiziarlo. I turchi nominarono al posto di Brâncoveanu il cristiano Ştefan Cantacuzino. Quando ammazzarono Ştefan e suo padre, nominarono Nicolae Mavrocordat, cristiano pure lui. Perciò non si erano posti il problema di cambiare il modo di governo della Valacchia”, conclude lo storico Bogdan Murgescu.
Nei primi anni ’90, la Chiesa Ortodossa Romena, riconoscendo il martirio del principe Constantin Brancoveanu e dei figli, che non hanno rinunciato alla fede cristiana, ha deciso la loro canonizzazione. Sono venerati come santi il 16 agosto, il giorno dopo il loro martirio avvenuto il 15 agosto 1714, quando il principe avrebbe dovuto celebrare il suo 60esimo anniversario.